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La sfida delle amministrative comunali nel 2006 INTERVENTO
15 maggio 2005

A Molfetta, l'anno prossimo, si vota per eleggere il sindaco e non è facile intervenire nel dibattito sulle prospettive amministrative. Con le prossime elezioni, la città si aspetta non una semplice alternanza ma un cambiamento radicale, un'alternativa vera nella vita di tutti. La società molfettese, i giovani, le donne, i lavoratori, gli anziani, devono essere aiutati ad una scelta ragionata. Pur in un quadro di insoddisfazione verso l'attuale quadro dirigente amministrativo locale, nuoce a tutti farsi trascinare dalla vis polemica, alzare i toni del dibattito: solo così si può sperare che gli elettori siano messi in condizione di capire e riconoscere chi si misura meglio e di più con i problemi della città. Molfetta è una città in declino evidente, chi può negarlo? C'è da ripensare il suo sviluppo, il suo progresso. E il progresso non è soltanto adottare un'area industriale e poi accrescerla, per una specie di ossessione produttivistica. La vera ricchezza di una città è nell'assetto del suo territorio, nella disponibilità di beni comuni, non privatizzati: la scuola, l'ospedale, la spiaggia, il patrimonio edilizio comunale, il territorio, l'ambiente, l'acqua. È nel migliorare la fruibilità sociale delle risorse e degli spazi naturali. È nell'assicurare su tutto il territorio le condizioni per uno sviluppo, ambientalmente “sano”, dei processi economici, sociali e insediativi Una città si misura prima di tutto con il suo sviluppo urbanistico, che significa, è vero, soprattutto una casa in cui abitare, ma poi non è soltanto questo. La monocultura edilizia determina distorsioni sociali, carenza di servizi, esaltazione dei valori immobiliari. Fino a 'drogarli', come avviene da noi! Da almeno trent'anni, Molfetta è la città della zona con i più alti prezzi degli immobili. La casa alle giovani coppie, la crescita della popolazione, l'abitare in generale non appartengono solo alla questione edilizia: è il tono economico della città, la sua diversificazione economica, la sua vivibilità, le opportunità offerte, che possono determinare un'inversione di tendenza al declino sociale del comune. La città di sola edilizia non può vivere. Sono necessarie le politiche adatte a rafforzare varie attività. Il progresso è soprattutto equilibrio territoriale, difesa della qualità ambientale, miglioramento della qualità del vivere. Piazza Paradiso, i cantieri navali, gli opifici e l'archeologia industriale, il destino del porto, la campagna, sono solo degli esempi. Si possono moltiplicare. L'urbanistica è legata all'economia del territorio, è prospettiva economica, crescita sostenibile. É anche lavoro, perché una città produce servizi, e dunque infinite occasioni per lavorare nel terziario, nell'artigianato, nel commercio, nell'agricoltura, nella pesca, nella produzione di servizi e di beni, sia materiali che non, nel turismo, nella cultura e nella formazione, nella scuola, nella ricerca, nella salute, nell'amministrazione pubblica. Non solo nell'edilizia. E neppure soltanto nell'espansione dell'area industriale. Questa ossessione - quella del produttivismo - produce peraltro l'effetto di allontanare anche la produzione edilizia e architettonica dell'impresa privata e pubblica da una sana, salutare applicazione alla costruzione della città vivibile ed alle sue trasformazioni. E' possibile, invece, aiutare l'imprenditoria locale ad impegnarsi nelle trasformazioni di qualità del territorio. Si smetta di illudere tecnici, progettisti, imprenditori che possa durare in eterno l'industria di costruzione di edifici abitativi senza qualità, per rispondere ad una domanda infinita di prime case e di case per investimento del risparmio. Invece, si può avvicinare la prospettiva di investimenti nell'industria della produzione di servizi pubblici, di strutture per i cittadini, di beni immateriali di cui la società moderna ha sempre più bisogno. Ci vuole un governo amministrativo che dedichi nuove attenzioni verso la costruzione di opere pubbliche, ma solo quelle necessarie al territorio ed alla sua tutela, al progresso sociale della comunità amministrata, evitando di concentrare energie e lavori verso precarie assegnazioni di suoli per attività che non siano legate a vocazioni e non siano presumibili di prospettive vere di sviluppo. Un buon programma per le prossime amministrative non può che partire dalla questione della base economica della città, a partire dalla promozione dell'agibilità urbana. Occasioni per fondare, consolidare, impiantare a Molfetta attività innovative. Trasformare i problemi della città in opportunità di crescita economica e culturale è una sfida che l'amministrazione non può tralasciare. Non ci sono automatismi, è questione di volontà politica, acutamente impegnata a predisporre e imporre le condizioni di ricadute produttive e professionali. Molfetta è città di alcune migliaia di studenti universitari. Necessita di servizi ma anche di mobilitazione degli studenti per il contributo che essi possono dare al tono culturale e democratico della città. La scuola è concentrato di professionalità e specializzazione che vanno mobilitate e sfruttate a beneficio della collettività. Non solo luogo di consumo di cultura ma luogo di produzione culturale e scientifica. Le sue potenzialità, la sua storia, le eredità del passato: occorre organizzare strutture di produzione, laboratori, centri, occasioni che mobilitino risorse e competenze locali e ne attraggano da fuori. Solo così è possibile, dunque, collocarsi in una posizione di successo, di progresso vero. Per questo motivo, un programma credibile di una coalizione di sinistra non può che partire da un'affermazione inequivocabile di obiettivi alti e forti di governo del territorio. La città ha bisogno di un volto nuovo, di un'espressione territoriale che valorizzi il bello, che guardi al futuro perfezionando l'antico. Avere un piano regolatore generale non è bastato ad evitare le ferite e le nefandezze che si sono prodotte nel territorio in questi anni di amministrazione di centrodestra. C'è davvero bisogno di una diversa volontà politica. Alle norme di attuazione non si può fare ogni volta ricorso per giustificare autentici abusi edilizi, interpretandole sempre a vantaggio di proprietari terrieri e costruttori edili, con la compiacenza di pochi tecnici, ingegneri ed architetti, e con la complicità dei responsabili dell'amministrazione cittadina, e mai a favore del cittadino e dei suoi bisogni. Ci sono le ferite inferte applicando in maniera ottusa il piano e le sue norme attuative. Poi ci sono quelle inferte approfittando degli errori di piano o delle disattenzioni di un'amministrazione comunale o di un commissario prefettizio. Poi ancora quelle eludendo il piano regolatore, evadendolo. Infine quelle inferte eludendo le norme di legge. Occorre cambiare registro, ci sono molti altri appuntamenti di pianificazione che ci aspettano nei prossimi anni. E molti sono decisivi per il destino della città. C'è l'adeguamento del PRG al PUTT. Poi ci sono il PGU e il DRAG, non soltanto sigle. Il piano comunale dei servizi, quello del traffico, quello dei parcheggi. Il piano dell'agro. I molfettesi sono scontenti dei loro servizi urbani, carenti, mal finalizzati, disorganizzati, inesistenti, come i trasporti, la raccolta dei rifiuti, e tante altre cose ancora. Mobilità e trasporti e parcheggi sono il punto focale dell'efficienza urbana, della salute dei cittadini, della vivibilità della città. La qualità di una città si misura sulla bellezza del sito, ma anche sulla possibilità di uso e sui suoi servizi. Impossibile eludere tali priorità. E poi, c'è la compagine di governo amministrativo: non solo nomi, pur importanti, ma anche modalità di organizzazione della macchina di gestione politica e amministrativa. Chi fa che cosa, verso quali finalità, con quali connessioni, con quale coordinamento. Quale affidabilità amministrativa dei candidati, l'intelligenza progettuale, la consapevolezza dei problemi, per essere preparati all'assalto degli 'amici'. Non basta dire: sarò il sindaco di tutti. I 'tutti' devono essere messi in grado di capire e scegliere. Elemento di chiarezza sarebbe se i futuri candidati dichiarassero, insieme ai contenuti programmatici, i loro primi provvedimenti, quelli dei primi cento giorni, per affrontare i problemi più urgenti e principali. E lo facciano, capaci di affrontare le questioni comunali allacciate al quadro politico generale del paese e della regione e della provincia. Ci sono infatti da considerare le priorità di natura economica indicate dal programma del futuro governo nazionale. Sono i punti più importanti dell'agenda di governo, le priorità economiche. È a queste che un'amministrazione dinamica deve sapersi rapportare. Non solo per tenere d'occhio i conti pubblici. Gli interventi per il rilancio del sistema economico, pur se avvengano nel rispetto della stabilità dei conti pubblici e in linea con i parametri europei, devono avere una certa rilevanza sulle politiche cittadine. E lo stesso vale per gli interventi per il sud, quelli per le famiglie, per le piccole imprese. Così anche per altri punti cruciali, quali il taglio dell'irap, l'imposta regionale sulle attività produttive, che la confindustria oggi auspica. Con l'inevitabile buco che si creerà nel bilancio dello stato! Con le immancabili ripercussioni sulle politiche amministrative. Quale direzione prenderà l'eventuale riduzione dell'irap, è facile da immaginare. Non è possibile che tutte le risorse disponibili per tagli fiscali siano indirizzate a favorire gli imprenditori. L'ipotesi di detassare gli aumenti salariali favorisce davvero il rilancio dell'economia? E quanto se ne avvantaggia una comunità cittadina? Si dice che il taglio dell'irap è necessario perché lo pretende l'Europa e perché non è accettabile una tassa che incide sul costo del lavoro e quindi penalizza fortemente le imprese. Se ciò è importante e utile in funzione della diminuzione dell'impatto fiscale sul costo del lavoro, cioè su quanto versano le imprese ai collaboratori e su quanto i collaboratori effettivamente incassano, il futuro sindaco crede davvero al solito ritornello del costo del lavoro troppo alto che frena lo sviluppo ed alla penalizzazione delle imprese come causa dell'economia che non cresce? Dove mettere allora gli imprenditori molfettesi che si distraggono dalla funzione pubblica dell'impresa privata, per accanirsi con la speculazione dei suoli? Infine, un sindaco deve sapere praticare anche un affondo sulla questione delle banche: è preoccupante l'attività di speculazione all'interno del mondo del credito e deve spaventare che il denaro resti nelle stanze ovattate della finanza e diventi capitale non produttivo. Ma questo è un altro problema. Un problema che oggi il sindaco della città conosce bene. E molto meglio conosce il suo senatore della repubblica. Vito Copertino
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