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La prof.ssa Nanda Amato Minervini alla Fidapa Molfetta sul ruolo delle donne negli anni bui
La presidente della Fidapa Vanna La Martire con Nanda Amato Minervini
11 maggio 2018

MOLFETTA - La prof.ssa Nanda Amato Minervini ha parlato alla Fidapa di Molfetta del ruolo della donna negli anni bui (1940-45), attraverso i documenti d’epoca della sua memoria familiare. Obiettivo dell’approfondimento culturale è il recupero della memoria storica che ci permette di capire le dinamiche che sono intercorse tra un evento storico e l’altro e ci stigmatizza gli errori del passato, da non ripetere nel presente e nel futuro.  
Nanda Amato traccia il suo excursus su due piani: quello storico e quello microstorico: analizzando gli eventi storici che hanno coinvolto l’Italia e le donne italiane; e gli eventi storici che hanno coinvolto la sua famiglia: in particolare suo padre, il generale Luigi Amato, nonché sindaco di Molfetta e le donne molfettesi. 
Il quadro si apre con una data emblematica: 10 giugno 1940, anno della dichiarazione di guerra dell’Italia a Gran Bretagna e Francia. Dopo un momento di riflessione e neutralità, il capo di Stato Mussolini decide di entrare in guerra, diffondendo gli slogan della propaganda bellica: “Vincere” e sulle orme tedesche: “Molti nemici molto onore”, attraverso la circolazione di cartoline propagandistiche. Pochi giorni dopo, il colonnello Luigi Amato viene mandato a Lecce, per la sua esperienza nell’ambito militare, a causa del timore di un papabile sbarco di nemici sulle coste salentine. Il 16 ottobre lo raggiunge la moglie con i suoi figli, dato che ci fa comprendere quanto la situazione fosse ancora sotto controllo, tesi avvalorata anche dalla celebrazione di un matrimonio tra una coppia di giovani molfettesi a Roma. Un vero e proprio matrimonio di guerra senza velo e pranzi luculliani, che simboleggia la vincita dell’amore sul peggio che si appresta a venire.
Successivamente i bombardamenti, Londra sotto attacco per parecchi mesi, quasi sguarnita visto che i piloti inglese erano alle prime armi, 22enni catapultati in una situazione critica, morti nell’inconsapevolezza più totale. Poi le prime medaglie d’oro ai caduti: l’ufficiale Raffaele Bonanno, ragazzo di Torre del Greco che affonda con la sua nave ed il suo ufficiale a soli 16 anni per il valore della fedeltà che lo legava al suo superiore; il tenente Michele Fiorino, di origini molfettesi, ex maestro di scuola, insignito per ben 3 volte della medaglia d’oro al valore militare. Successivamente, il 21 giugno 1940: Hitler, ormai affermatosi come fuhrer, si appresta ad invadere la Russia, spedizione punitiva che si rivelerà un’autentica carneficina.
Ma ecco uno spiraglio di luce: le donne sotto i riflettori, le dive hollywoodiane che hanno il compito di risollevare il morale dei soldati in una situazione nefasta: Rita Hayworth, nome d'arte di Margarita Carmen Cansino: nata a New York il 17 ottobre 1918 è stata un’attrice, ballerina e cantante statunitense, annoverata tra le più belle e seducenti donne della storia del cinema. Lauren Bacall, pseudonimo di Betty Joan Perske: nata a New York il 16 settembre 1924 è stata un'attrice e modella statunitense, decretata una delle più grandi star femminili di tutti i tempi. Alida Valli, accomunata alle altre donne, per la perdita del marito aviatore, caduto a Tobruk, in Libia, teatro di atroci battaglie dal 1940 al 1942. Distintasi per non aver voluto recitare in film di propaganda fascista, si rifiutò di trasferirsi negli studi cinematografici del fascismo della Repubblica di Salò (il "Cinevillaggio" di Venezia) e rimane a Roma dove si nasconde con l'aiuto delle amiche Leonor Fini e Luciana d'Avack nell’anno ’43.

Ma ci furono anche donne al fronte, donne calate nelle vesti di veri e propri soldati: come la soldatessa russa Vera Cabraink, ritratta nel pieno della sua femminilità, nonostante il capello corto e gli scarponi; insieme alla figura di un’altra soldatessa compatriota, caduta come fante contro la cavalleria, la quale nonostante avesse un seno tranciato, cercò di salvare la sua vita in tutti i modi. Dati che sottolineano la versatilità che ha sempre contraddistinto la donna che non si è mai denaturata, anche in situazioni nefaste.

Il quadro sociale sta cambiando: le donne studiano, le donne si sottopongono a corsi e concorsi statali per diventare controllori ferroviari, per colmare l’assenza degli uomini in alcune postazioni lavorative. La Gazzetta del Mezzogiorno dedica un trafiletto in prima pagina alle donne siciliane che stanno aiutando i soldati, fornendo cure e posti in cui ristorare. Inoltre il governo decide finalmente di insignire anche le donne delle medaglie d’oro al valore militare: a Paola Del Din, insegnante e partigiana italiana, nota durante la Resistenza con il nome di battaglia “Renata”, in memoria del fratello ucciso dai tedeschi, calandosi nel ruolo di staffetta ed informatrice, prese parte a rischiosi incarichi.

Ecco la sua storia: per liberare il padre, rimasto prigioniero delle truppe tedesche, si cala nel ruolo di staffetta e si assume il compito di portare alcuni documenti segreti a Brindisi. Per perseguire il suo fine, frequenta per due mesi un corso per paracadutisti nella città di San Vito dei Normanni, tuttavia all'atterraggio del suo primo lancio s’infortuna una costola, ma non demorde e in definitiva, riesce a consegnare i documenti che ha con sé a Brindisi e a liberare il padre. Arruolata ed addestrata dalle forze speciali inglesi “Parachute Regiment” dello Special Air Service, è stata la prima donna paracadutista militare italiana e probabilmente l'unica ad aver compiuto un lancio di guerra.

Per quanto riguarda la figura femminile come “animale politico”, solo nel 1945 re Umberto concesse il diritto di voto alle donne, (nonostante concedere sia un verbo usato in maniera impropria, perché il diritto di voto non è stato concesso ma desiderato, sudato con sacrifici enormi e poi guadagnato dalla popolazione femminile). Diritto concesso fin troppo tardi, nonostante Maria Tecla Artemisia Montessori, prima donna laureata in Medicina e poi in Lettere, nel 1907 avesse firmato una petizione per concedere il diritto di voto, almeno, alle donne amministrative. Una delle tante circostanze da segnalare negativamente, insieme ai dati del resoconto mondiale delle donne in politica, che ci evidenzia il 1914, come anno d’ingresso della figura femminile nel contesto politico per nazioni come la Nuova Zelanda e la Finlandia.

Inoltre, dato ancor più negativo: il papa Pio XII esortava solo le donne nubili a dedicarsi all’attività politica, in quanto le altre dovevano assolvere solo ai loro compiti di mogli e madri. Nello specifico, solo nel 1946 la città di Molfetta è stata lo scenario dell’elezione nel consiglio comunale di quattro donne Anna Anaclerio, Giacomina Fiorentino, Elisa Catacchio, imprenditrice, e Marianna Durazzini, laureata in Medicina e Lettere, la quale seguì più il suo buon senso che i consigli del partito a cui afferiva, in concomitanza del terzo mandato di Matteo Altomare, primo sindaco di Molfetta riconosciuto.

Concludendo con il sottolineare l’anno 1948, quando entra in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana, anno delle elezioni di Angela Mastropasqua all’assessorato alla Cultura ed Elena Finocchiaro, all’assessorato al Contenzioso, collaboratrice al fianco di Rosaria Scardigno. La personalità carismatica e la cultura della prof.ssa Nanda hanno messo ancor più in evidenza che bisogna “dare alle donne quello che è delle donne”.

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Autore: Marina Francesca Altomare
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La strada è ancora lunga, anche se mascherata, la cultura vigente è ancora "maschilista-fascista". Conoscere i problemi non significa poterli risolvere, e le tappe dell''emancipazione femminile furono e sono ancora lente. Quello che accade in giro e in largo in tutto il pianeta lo dimostra ampiamente. La Chiesa era ferma (?) a quanto ha scritto papa Leone XIII nell''enciclica sul matrimonio: "L''uomo è capo della donna, siccome Cristo è capo della Chiesa. Quindi, come la Chiesa è soggetta a Cristo, così le mogli eziandio debbono essere soggette ai loro mariti in ogni cosa". Negli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra, l''emendamento socialista che estende il voto alle donne viene bloccato da Giolitti che, con espressione poi diventata famosa, lo giudica "un salto nel buio". Negli anni Venti, a sostenere la causa femminista sono soprattutto le sinistre, Camilla Ravera, medaglia d''oro della resistenza (nel 1982 sarà la prima donna senatore a vita della Repubblica) sostiene un aspetto della questione femminile audace non soltanto per i tempi, ma anche per il Partito Comunista al quale appartiene. Su l''Ordine Nuovo, il giornale di Gramsci, parla di diritto della donna al controllo delle nascite. Poi la "notte del fascismo" mette fine a tutto questo perchè si vuole la donna soprattutto forte e sana in funzione dei figli che darà alla patria, come sosteneva nel 1925 una circolare dedicata ai fasci femminili. Alla donna del "ventennio" si impedisce di insegnare nelle scuole superiori le materie ritenute "formative". Il Codice Penale e quello Civile, rispettivamente del 1930 e del 1942, contengono norme a dir poco ottocentesche nei confronti della donna. Un esempio: l''adulterio è una colpa solo se commesso dalla moglie, non del marito. Lo stesso Mussolini, del resto, nel 1932 diceva: "Nel nostro Stato, la donna non deve contare". Sarebbe troppo facile ricordare che il duce non aveva capito molto della realtà femminile. Infatti una decina di anni dopo, 35.000 partigiane e circa 200.000 combattenti attive parteciparono alla guerra di liberazione che decretò la fine del regime. A conferma che il coraggio non è dote solo virile, 5.000 furono arrestate, torturate e deportate in Germania: molte pagarono con la vita il loro impegno civile. - Tutto è passato nel dimenticatoio ai nostri giorni?
Dottoressa mi perdoni, così un piccolo vaglio storico. - In piena contestazione studentesca, nel 1969-70, quella che Mao Tse-tung aveva poeticamente definita “l’altra metà del cielo”, ossia la popolazione femminile, si accorge che, nonostante l’ondata rivoluzionaria che sembra buttare a mare tutte le tradizioni, il ruolo nella società non è affatto cambiato. Il maschio continua ad essere protagonista, mentre la donna, al massimo, da “angelo del focolare” diventa “angelo del ciclostile”. Le ragazze italiane del “movimento”, simacc9orgono che preparare il caffè, vuotare portacenere e appunto girare il ciclostile per i comunicati, è tutto quello che viene loro concesso: le decisioni le prendono sempre i compagni. Tutta la penisola si sveglia: a Padova, a Ferrara, a Modena, a Napoli, a Gela, e altrove attecchisce il seme del neofemminismo. Così definito perché si tratta in realtà di una nuova fase della battaglia che mira non soltanto a eliminare disuguaglianze e discriminazioni (del resto diverse da Paese a Paese, secondo leggi e costume) ma a ricercare una condizione – quella femminile - che è dovunque il risultato di una millenaria storia di ingiustizie. Ignorate e poi accusate dai compagni di avere tradito la causa comune della rivoluzione giovanile, le femministe scoprono ed esibiscono il loro mondo, coniando slogan che annunciano a volontà di cambiare soprattutto nei confronti di loro stesse. Con il famoso “Io sono mia”, rifiutano di essere considerate “funzioni”, ossia strumenti della volontà altrui in compiti complementari nell’ambito familiare e sociale. Prendendo prestito dai negri d’America “black is beautiful” (negro è bello), lo trasformano in “Donna è bello” che diventa la bandiera di una nuova identità femminile. La radice della rivolta femminile italiana degli anni Settanta è americana e s’ispira alle teorie di due sacerdotesse della liberazione della donna: Betty Friedan e la più radicale Kate Millet. Rimbalzate in Europa, quelle idee infiammano anche gli animi del Vecchio Continente. Ma, come dice Simone de Beauvoir “donne non si nasce, si diventa”. Anche “uomo non si nasce, si diventa”. Dottoressa, la domanda nasce spontanea: “siamo diventati uomini e donne”? Personalmente credo ancora di NO. Qual è il Suo pensiero in merito?


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