La mercificazione della medicina: ritorna il comparaggio a Molfetta
La malattia ha sempre due facce:
La prima corrisponde a ciò che il medico può diagnosticare in modo oggettivo e impersonale che rende ogni paziente “un caso clinico”, una componente della statistica medica, un’occasione per l’esercizio dell’arte” medica.
L’altra faccia è quella del vissuto del malato, laddove la malattia è un nuovo modo di esistere, una spiacevole percezione della propria identità, fisica e psichica.
L’uomo ammalato cerca un significato di ciò che gli sta accadendo trovandosi in una posizione di inferiorità rispetto a chi sta bene.
Gli impegni, gli interessi, le abitudini vengono improvvisamente abbandonati per entrare in un quotidiano diverso che coinvolge anche l’ambiente familiare e sociale in cui è inserito.
Si accusa la moderna medicina tecnologica di avere disumanizzato la pratica clinica e di avere indotto i medici a trattare i pazienti come oggetti.
Visitare gli ammalati non è una pratica obsoleta, ma sempre utile anche per una corretta diagnosi e la preparazione dei medici deve prevedere non solo “buoni medici” ma anche “medici buoni”
Il malato a causa delle esigue disponibilità economiche curato fittiziamente, perde prima il suo letto poi l’Ospedale ed alla fine la dignità, illuso da una declamata medicina sociale inconciliabile.
Oggi il medico perseguendo i principi dell’efficienza, dell’efficacia ed accuratezza, recuperando i valori etici e deontologici deve preoccuparsi del modo di essere e di porsi oltre che del contenuto tecnico della sua professione perché il paziente sia destinatario di una medicina il cui fine scientifico è la cura della malattia ed il cui fine antropologico è la cura della persona.
Autore: Alberto Maggialetti