La lunga notte del segretario del Pd di Molfetta: tra principe di Condè e Don Abbondio
MOLFETTA - Chissà come avrà dormito stanotte Antonio Di Gioia(foto), fresco segretario del Pd di Molfetta: come il principe di Condè tranquillo alla vigilia della battaglia di Rocroi oppure come il povero don Abbondio che «non sapeva altro ancora se non che l'indomani sarebbe giorno di battaglia; quindi una gran parte della notte fu spesa in consulte angosciose. (…) A ogni partito che rifiutava, il pover'uomo si rivoltava nel letto. (…) Il primo svegliarsi, dopo una sciagura, e in un impiccio, è un momento molto amaro. La mente, appena risentita, ricorre alle idee abituali della vita tranquilla antecedente; ma il pensiero del nuovo stato di cose le si affaccia subito sgarbatamente; e il dispiacere ne è più vivo in quel paragone istantaneo».
La reminiscenza manzoniana c’è venuta in mente pensando alla riunione di ieri sera del direttivo del Pd in vista dell’incontro di stasera dello stesso segretario piddino con gli altri partiti e movimenti della coalizione del 2013 che portò alla vittoria del centrosinistra e all’elezione del sindaco Paola Natalicchio.
Difficile replicare la formula per le prossime amministrative, sia per la mancanza di una candidato sindaco che sia allo stesso tempo autorevole e credibile, sia che metta d’accordo tutti. I miracoli non sempre si possono ripetere.
E così il povero Antonio si dibatte tra le due anime del partito che, seppur a parole unito, presenta ancora fratture profonde dovute soprattutto all’ipotesi di allargare il centrosinistra agli ex azzolliniani, alle liste civiche, le truppe di Saverio Tammacco, pronte ad imbarcarsi nell’arca di Noè e realizzare il famoso “ciambotto”, come lo ha definito “Quindici”.
Del resto come si può leggere nell’editoriale della rivista mensile in edicola, si tratta di prove di ritorno al futuro. Ma Antonio sicuramente non vive momenti Di Gioia in queste ore: da un lato vuole tenere insieme il partito e soprattutto i “ciambottisti”, dall’altro desidera raggiungere l’intesa con le altre forze di centrosinistra alle quali questa zuppa non piace.
Ma il segretario del Pd, in un momento difficile come questo, non vuole certo regalare le truppe tammacchiane delle liste civiche, con tanti aspiranti alle poltrone, su un piatto d’argento al senatore Antonio Azzollini, pronto ad arruolare tutti e a dimenticare lo sgarbo dell’abbandono, pagando qualsiasi prezzo politico e dimenticando il passato, pur di tornare ad occupare il seggio di Palazzo Madama, scranno che vede sempre più in pericolo, col timore di perdere un’immunità per lui vitale con i due processi penali che lo vedono coinvolto e che potrebbero portare al suo arresto.
Gli schieramenti sono questi: da un lato il Pd o la sua maggioranza che è per l’allargamento alle liste civiche, e spera di avvicinare alla sua posizione anche l’ex vice sindaco Bepi Maralfa (Linea Diritta) ritenendolo possibilista, dall’altra parte c’è lo schieramento più intransigente di Sinistra italiana (con le due anime: quella guglielmina e quella paolina) con Rifondazione Comunista che mettono come pregiudiziale per un accordo, proprio l’esclusione di Tammacco & C. area che si è sempre caratterizzata come voltagabbana e inaffidabile.
Poi c’è il terzo incomodo, Tommaso Minervini, orfano di Vendola e arruolato con gli ex vendoliani di Dario Stefàno che questa volta non è disponibile a fare un passo indietro e a ingoiare un altro rospo come è avvenuto tre anni fa. Per non parlare della scheggia politica impazzita Annalisa Altomare le cui velleità sindacali non sembrano essersi assopite, malgrado l’ottenimento della segretaria. Infine c’è il solito cinghialone Piero de Nicolo, che sta alla finestra a vedere lo spettacolo, per decidere la sua furba mossa.
Un quadro veramente complicato che ci fa pensare che la notte del povero Antonio sia stata più da parroco manzoniano che da principe francese.
Staremo a vedere
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Autore: Felice de Sanctis