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La loi travail
15 giugno 2016

Nelle università specialmente nelle facoltà umanistiche sono rimasti solo squallidi seguaci di un pensiero molle, pensatori servili che non riescono a mettere in discussione l’ordine esistente. I nostri figli sono emigrati all’estero, una in Germania a Gottinga, l’altra a Parigi (e dopo il Bataclan ho paura!). A Molfetta hanno messo fine all’esperienza di rinnovamento e trasparenza avviata due anni fa. Una sconfitta della politica. Ma io continuerò a lottare, a mandare messaggi in bottiglia come il ragazzo di Zabrikie Point che voleva volare e lo hanno ammazzato. Come Giulio Regeni che voleva volare e lo hanno ammazzato. I giovani viaggiano in tutto il mondo per produrre pensiero, per fare pensiero, per fare mondo e i gendarmi, gli accattoni lo impediscono. Questa rilettura di Baudrillard è dedicata a tutti i giovani che come Giulio Regeni lottano contro i regimi dittatoriali e contro la natura dispotica della società imperiale contemporanea – il pensiero unico. E’ dedicata ai giovani di Nuit debout che a Parigi stanno lottando contro la Loi travail che introduce forme di flessibilità e precarizzazione nel mondo del lavoro. Non a caso il sottotitolo dello Scambio simbolico e la morte è la fine del valore d’uso. La fine del valore d’uso dei soggetti assunti, sussunti nell’orizzonte dello scambio e ridotti a variabili controllate. I giovani di Podemos, quelli di Syriza, i no Tav, gli indignati, i ragazzi che in questi giorni stanno occupando Place de la Republique a Parigi, questi ragazzi stanno costruendo una nuova internazionale; stanno costruendo una narrazione, la narrazione che accompagnerà la loro vita nel nuovo millennio. Il problema all’ordine del giorno è restituire ai giovani il diritto alla felicità e il diritto alla vita, quel diritto alla vita negato in tutte le periferie del mondo. Uno degli aspetti della post-modernità è la riduzione della società ad una struttura carceraria. “La città, l’urbano è nello stesso tempo uno spazio neutralizzato, quello dell’indifferenza, quello della crescente segregazione dei ghetti urbani, della relegazione dei quartieri, delle razze, di certe classi d’età.” ( J. Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, (ivi, p. 90) Se in precedenza le città sono state i luoghi di produzione e di insediamento delle grandi industrie, oggi sono diventate il campo di esecuzione dei segni. Bisogna sistemare la gente davanti al ghetto della televisione, della pubblicità, far diventare i soggetti dei consumatori, dei circolanti delle metropolitane, dei sollazzatori/ sollazzati del tempo libero. Ogni spazio/tempo della vita urbana è un ghetto. Tutti sono connessi fra loro.“Al giorno d’oggi la socializzazione passa per questa distribuzione strutturale attraverso i codici multipli.” (ivi, p. 92) Il sistema può fare a meno della città industriale produttrice, spazio/tempo della merce e dei rapporti sociali mercantili. Ma non può fare a meno dell’urbano come spazio/tempo del codice e della riproduzione, perché la centralità del codice è la definizione stessa del potere. I graffiti, urla che esportano il ghetto in tutte le arterie della città, invadono la città bianca e rivelano che questo è il vero ghetto del mondo occidentale. “La loro rivolta ricusa allo stesso tempo l’identità borghese e l’anonimato, cool coke superstrut snake soda virgin, bisogna intendere questa litania di Sioux, questa litania sovversiva dell’anonimato, l’esplosione simbolica di questi nomi di battaglia nel cuore della metropoli bianca.” (ivi, p. 98) La prima rimozione, quella fondamentale, della modernità è quella dei morti e della morte. Oggi non è normale morire perché si è già morti. Si nasce morti. Gli ospedali psichiatrici non esistono più perché esistono i farmaci. Le carceri andranno scomparendo perché la vita è un carcere. Le scuole non esistono più perché le tecniche di controllo riempiono tutto lo spazio del vivere. I cimiteri insediati nelle periferie delle città tendono a sparire perché le ceneri vengono sparse al vento. “Se la fabbrica non esiste più è che il lavoro è ovunque- se la prigione non esiste più è che il sequestrato e la reclusione sono ovunque nello spazio/tempo – se il manicomio non esiste più èperché il controllo psicologico e terapeutico si è generalizzato e banalizzato – se la scuola non esiste più è che tutte le fibre del processo sociale sono impregnate di disciplina e di formazione pedagogica – se il capitale non esiste più (né la sua critica marxista) è che la legge del valore è passata nella autogestione della sopravvivenza in tutte le sue forme. Se il cimitero non esiste più è che le città moderne tutte intere ne assumono la funzione: sono città morte e città di morte. E se la grande metropoli operativa è la forma perfetta di una intera cultura, allora la nostra è semplicemente una cultura di morte.” (ivi, p. 139) E tuttavia noi abbiamo il dovere morale di lasciare un messaggio alle giovani generazioni, il messaggio di ridisegnare una narrazione forte per il prossimo secolo. La prossima fase di costituzione della Sinistra italiana non deve essere un incontro di combattenti e reduci del PD, gli espulsi dal partito della nazione, ma deve aprirsi ai nuovi soggetti, promuovere momenti di confronto anche con la minoranza interna al partito per rompere l’asse regressivo che si è creato nel dialogo con le formazioni centriste (Ncd e Verdini). La formazione che si è insediata a livello comunale nella Primavera del 2013 era poco omogenea fin dall’inizio e aveva al suo interno persone disposte a destabilizzarla. Sul piano locale Paola Natalicchio e Guglielmo Minervini dovrebbero impostare in modo dialogico il loro rapporto e la stessa Paola Natalicchio non può avere come interlocutori i vertici del Partito della nazione, sostenere Beppe Sala a Milano e diventare di Sinistra italiana a Molfetta. Del resto a parte il Corso Umberto che è diventato un salotto bisogna riconoscere che abbiamo la più brutta battigia della Regione Puglia, la più brutta Via Baccarini, il cinema Odeon chiuso, quei tufi in mostra da trent’anni all’altezza della villetta, l’eternit in mostra vicino alla Nuova capitaneria, il depuratore che non funziona e molto altro. La politica culturale è stata svolta dalla Fondazione Valente e il Comitando non ha comitato un bel niente. Mi risulta che la Sinistra ha governato sia a livello regionale che comunale! Scheda – Cosa dice la riforma del lavoro – La loi travail La riforma contro la quale stanno protestando gli studenti e i lavoratori francesi è una proposta dell’attuale ministro del Lavoro francese Myriam El Khomri, ed era stata presentata lo scorso febbraio. Dopo molte proteste dei sindacati e successivi negoziati con il governo francese, lo scorso 14 marzo il primo ministro Manuel Valls aveva annunciato alcune modifiche. Una delle critiche principali alla riforma fatte dai sindacati è che avrebbe portato a un aumento delle ore di lavoro. In realtà la legge non prevede l’aumento dell’orario di lavoro settimanale oltre le 35 ore, ma cambia la retribuzione delle ore di straordinario, abbassandola al 10 per cento in più di quella ordinaria (attualmente è più alta del 25 per cento nelle prime otto ore di straordinario, dopo del 50 per cento). Di fatto, dicono i sindacati, se gli straordinari non saranno più sconvenienti per i datori di lavoro ce ne saranno molto di più e quindi l’orario di lavoro settimanale aumenterà con ridotti benefici per i lavoratori. La legge vuole anche rendere più facile per i datori di lavoro aumentare il numero massimo settimanale di ore di lavoro dei dipendenti e degli apprendisti, compresi gli straordinari. Una delle norme più contestate della prima versione della legge era stata poi quella che cambiava le compensazioni riconosciute ai lavoratori licenziati ingiustamente: non sarebbe stata più decisa da un giudice ma stabilita in modo automatico in base all’anzianità di carriera. Questo punto è stato eliminato dalla legge dopo le modifiche presentate il 14 marzo. Tra le altre cose, la legge prevede anche cambiamenti nella retribuzione delle ore passate a casa dai lavoratori i cui lavori prevedono periodi di reperibilità (ma in cui stanno a casa), e soprattutto aumenta le motivazioni per le quali un’azienda può licenziare un dipendente per ragioni economiche.

Autore: Marino Centrone
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