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La difficile integrazione degli alunni stranieri
15 settembre 2010

«Integrare e colmare le carenze linguistiche degli alunni stranieri a grado zero»: questo il dovere socio-educativo della dott.ssa Merita Gyini, mediatrice linguistica del Comune di Molfetta nella scuola elementare del Seminario Vescovile, laureata in Pedagogia in Albania e in Scienze dell’Educazione in Italia. Attività scolastica iniziata nel 1998, grazie all’intervento del preside della stessa scuola che ne capì potenzialità e competenze, per reagire in modo effi cace all’emergenza linguistica e culturale dei bambini stranieri. La dott.ssa Gyini dal 2002 collabora con il C.R.I.T. di Molfetta nelle scuole secondarie di I e II grado, secondo le richieste dei dirigenti scolastici, anche se «insegnare una lingua straniera in poche ore - ricorda la dott.ssa Gyini - è sempre diffi cile e molte volte i risultati non sono nemmeno quelli auspicati». Risultati comunque importanti, se il mediatore riesce a insegnare e a trasmettere il valore sociale e culturale di una lingua: «nel mio caso, essendo io stessa straniera (albanese, ndr), cerco di dare il massimo a questi bambini, consapevole delle diffi coltà degli immigrati». Quali motivazioni l’hanno spinta a ricoprire questo ruolo educativo? «Non una mia scelta, tutto è accaduto per caso. Dopo aver iscritto le mie nipoti alla scuola elementare del Seminario Vescovile, il preside, conosciuto il mio titolo di studio e attestata la conoscenza della lingua italiana attraverso un colloquio, ha avviato il progetto linguistico e interculturale nella stessa scuola, fi nanziato dal Comune di Molfetta. Ho assunto il titolo di mediatrice linguistica e l’amministrazione Azzollini ha di recente fi nanziato per altri 3 anni questo progetto, dandomi la possibilità di approfondire la qualità dell’insegnamento, oltre che la quantità, e rispettare i tempi dei bambini con un continuo lavoro d’integrazione e alfabetizzazione ». Quali sono le maggiori diffi coltà che s’incontrano nella mediazione linguistica? «Molto dipende dalle diffi coltà incontrate dagli alunni. Le lacune linguistiche sono colmate con un’attività di alfabetizzazione, mentre nel caso di diffi coltà linguistico-cognitive il problema più rilevante è la quantità-qualità dell’apprendimento. Intervengono le fi gure del mediatore linguistico e dell’insegnante di sostegno, in molti casi assente per l’insuffi cienza di fondi economici. L’assenza del sostegno scolastico accresce le responsabilità del mediatore che deve capire l’origine della diffi coltà cognitiva, spesso cagionata dallo shock culturale, linguistico e territoriale. Una particolare attenzione dev’essere attribuita alla programmazione, che deve tener conto dell’età e del livello di apprendimento dell’alunno. Inoltre, lavorando anche nelle scuole medie e superiori, il lessico e le conoscenze di un mediatore linguistico devono essere molto variegate, per rispondere in modo completo e adeguato alle richieste dell’alunno». Qual è l’utenza della scuola elementare del seminario Vescovile? «Nel 1998, quando iniziò il progetto di mediazione linguistica, la scuola era frequentata da circa 40 alunni albanesi, che ancora oggi rappresentano l’utenza maggiore. Tuttavia, nel corso degli anni il numero di alunni stranieri si è fortemente ridimensionato, un calo che permette di soff ermarsi sulla qualità dell’insegnamento linguistico e interculturale». Che tipo di atteggiamento manifesta la classe italiana nei confronti dell’anno straniero? «L’alunno straniero era considerato come ostacolo al normale prosieguo del programma didattico, motivo di tensione e biasimo. Questo accadeva, ad esempio, quando il gruppo straniero era numeroso, i bambini stranieri legavano solo tra loro e tendevano a isolarsi nel momento della ricreazione. Una vera e propria ghettizzazione. I miei colleghi cercavano di eliminare questi comportamenti all’interno della classe, ma era necessario l’intervento di un mediatore interculturale. Dopo il 1998, sono stati avviati nella scuola elementare del Seminario progetti interculturali, soprattutto per favorire la conoscenza della cultura albanese attraverso giochi e lavori di classe. Gli alunni italiani, scoperte la storia, le tradizioni e i costumi dell’Albania, hanno eliminato i pregiudizi e paure. Il bambino straniero, insomma, non è più uno straniero, ma un amico, un famigliare, un conoscente. Non sento più dire ‘non gioco con quel bambino perché è albanese’, frase che in passato ho ascoltato parecchie volte». Che tipo di rapporto mostrano i genitori dei bambini stranieri? «I genitori degli alunni stranieri hanno di solito tante complessità. Cercano di adeguarsi allo stile di vita italiano, rispettando le regole della scuola, ma le incomprensioni sono dietro l’angolo. Ad esempio, il rimprovero per comportamenti indisciplinati é associato a un pregiudizio razziale. È il pregiudizio di essere pregiudicati. Il mediatore linguistico deve saper gestire queste situazioni e farle rientrare il prima possibile. Se il bambino percepisce questo malcontento, covato e accresciuto all’interno della famiglia, vivrà con tensione e nervosismo la vita scolastica, considerando qualsiasi atteggiamento contrario al suo modus vivendi come pregiudizio razziale. Lo shock culturale e linguistico e l’apprensione famigliare possono pregiudicare il suo inserimento all’interno del gruppo-classe, di conseguenza nella società di accoglienza. È opportuno, invece, che il bambino straniero viva la scuola con serenità e non veda nel referente educativo una fi gura negativa, che non lo ama e lo pregiudica. Evitare le confl ittualità signifi ca salvaguardare il benessere psichico, dunque accrescere l’apprendimento e il rendimento dell’alunno straniero». Quali sono i tempi dell’accoglienza? «L’accoglienza avviene al momento dell’iscrizione. I genitori conoscono la struttura scolastica, la vita al suo interno e le regole che bisogna rispettare, gli interventi di mediazione linguistica e culturale sul bambino. Infi ne, genitori e alunni sono presentati alla classe e agli insegnanti. È il primo passo verso l’integrazione. Nei primi giorni di scuola, il bambino straniero socializza con i nuovi compagni attraverso lavori di classe. Successivo a questo tipo di conoscenza è il corso di alfabetizzazione con la mediatrice durante le ore meridiane, secondo i tempi e le esigenze dello stesso. Nel caso in cui si siano evidenziate diffi coltà d’integrazione, la mediatrice cerca di colmare il gap culturale, perché la classe sia concepita come ambiente positivo non confl ittuale. Inoltre, il progetto linguistico-culturale continua anche nell’estate. I bambini stranieri recuperano i concetti appresi nell’anno scolastico, colmando le ultime lacune, con attività ludico- ricreative».

Autore: Marcello la Forgia
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