La costruzione del sottovia per Terlizzi (II parte)
Si iniziarono i lavori dando la precedenza ad un nuovo scavo a levante del futuro manufatto per lo spostamento e la posa della condotta principale dell’Acquedotto Pugliese che riforniva la città. Trattandosi di un lavoro aggiuntivo e non previsto, questo fu eseguito dalla stessa ditta Mastropasqua per £.19.169,20 al netto del ribasso di asta secondo il contratto principale del 17 febbraio 1932. Per smaltire invece l’acqua piovana, in un primo tempo si pensò di scavare un canale parallelo alla sede ferroviaria fino al ponte di via Ruvo, ma poi fu scelta la soluzione di scavare un lungo e profondo canale lungo Via Eduardo Germano, Corso Margherita di Savoia, Via V. Emmanuele, la Villa Comunale, Via Mazzini e di qui al mare. Si dette mano allo scavo delle rampe, trasportando il materiale di risulta alla Secca dei pali. Il traffico stradale fu deviato sul passaggio a livello di Lama Scotella (Tombino), eccetto quello che interessava gli stabilimenti al di là della ferrovia e i mezzi automobilistici della ditta Marozzi che collegavano Molfetta con Terlizzi. Domenica 12 marzo 1933 alle ore 17 con l’intervento e la partecipazione dell’on. Sergio Panunzio, del Podestà, contrammiraglio Stefano de Dato e di altre numerose autorità, locali e non, fu posta la prima pietra al sottovia. L’arciprete don Paolo Bartoli impartì la benedizione. Come di consueto fu preparata una pergamena a ricordo dell’evento che portava la dedica: Vittorio Emanuele III - Felicemente regnando auspice il Duce li 12 marzo 1933 - Anno XI Molfetta esaudendo un voto antico questo passaggio apre a meglio allacciare la Citta ai suoi campi e alle citta vicine sorelle. Per accellerare i lavori di scavo, essendo la roccia di natura calcarea spessa e dura, la ditta appaltatrice usava far brillare delle mine a polvere nera. Questo utilizzo improprio provocò spesso delle lamentele presso il personale di manovra della stazione sia per il botto che per il lancio di pietre di varie dimensioni in tutte le direzioni. Come sovente succede i lavori subirono degli imprevisti (tubi della condotta principale dell’acqua difettosi e per la fornitura del cemento di buona qualità) per cui la ditta appaltatrice ebbe diverse proroghe. L’ultima le fu concessa fino al 25 settembre 1933. Si movimentarono circa 30.000 m3 di roccia. Per allievare la dissocupazione fu impiegata la mano d’opera locale costituita dai cavamonti, scalpellini, carettieri, manovali e ragazzi. Per rendere più monumentale l’accesso del sottovia dalla città furono commissionati alla ditta Azzollini Giovanni due pilastri di pietra monoliti recante in rilievo il fascio littorio (furono scalpellati ed eliminati con la caduta del fascismo) e sormontati da due lampioni simili a quelli posti sul Lungomare di Bari, forniti dalla ditta Gigante di Bari. L’inferiata di ferro lungo il muro di cinta a levante dell’Istituto Apicella fu eseguita dal fabbro Pasquale Cozzoli (con il completamento dell’ala dell’Apicella su Corso Fornari verso la fine degli anni Quaranta del secolo scorso l’inferiata fu spostata su questa via), le rifiniture e quanto altro furono finanziate con le somme del ribasso d’asta. Il 28 ottobre 1933, nell’11° anniversario della Marcia su Roma, alle ore 10,00 con l’intervento di numerose Autorità, tra cui il segretario generale dell’Acquedotto Pugliese cav. Camillo de Fabritis e delle Autorità cittadine si inaugurò il sottovia. Il cav. De Fabritis affermò che l’idea del sottovia era stata molto caldeggiata da lui da quando era commissario al Comune di Molfetta (16 novembre 1929 - 12 marzo 1930); il Podestà di Molfetta, Stefano de Dato, mise in risalto lo sviluppo delle opere pubbliche caldeggiate dal governo fascista a favore della popolazione italiana; benedisse l’opera il sacerdote don Paolo Bartoli. L’intera opera venne a costare £.1.274.000 e furono necessarie 42.180 giornate lavorative di manodopera locale. Nel 1934 fu basolato solo la canna del sottovia. Nel 1937 furono asfaltate le due rampe di accesso al sottovia per eliminare la polvere che si formava e che poi a causa dei venti veniva diffusa nell’atmosfera inquinando il vicinato, specialmente l’Istituto Apicella. Dobbiamo dare atto che la realizzazione del sottovia è l’unica opera completata dal regime fascista a Molfetta. Da circa 80 anni sopporta ancora egregiamente il peso del traffico cittadino specialmente con lo sviluppo urbanistico in atto dal 1970 al di là della Ferrovia.
Autore: Corrado Pappagallo