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La Chiesa povera e dei poveri
15 febbraio 2018

Il «potere dei segni» si è manifestato ancora una volta al suo popolo, alla sua gente, ai poveri che lo hanno sempre amato e lo venerano già come santo. Ieri, con l’annuncio del vescovo della Diocesi di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi, della visita il 20 aprile di Papa Francesco a Molfetta e Alessano, i fedeli che gremivano la Cattedrale, hanno avuto un altro segno del vescovo degli ultimi, della «sua vivacità pastorale e della sua carica profetica», come ha detto mons. Domenico Cornacchia. Il vescovo ha ricordato il percorso di questa speranza e del desiderio dei fedeli di una visita pastorale del Papa in occasione dei 25 anni «della nascita al cielo del Servo di Dio, che cade proprio il 20 aprile». A maggio scorso mons. Cornacchia incontrò il Pontefice in occasione dell’Assemblea dei vescovi e gli consegnò una lettera che esprimeva il desiderio del popolo di accoglierlo in questa parte di Puglia. La notizia di questo colloquio, ha aggiunto Cornacchia, fu accolta con «gioia incontenibile» dai fedeli che «si misero subito in preghiera perché questo desiderio diventasse realtà». La preghiera è stata ascoltata e “questo magnifico sogno potrà presto realizzarsi”. «Che ci fossero tante consonanze tra Papa Francesco e don Tonino è stato evidente dall’inizio del Pontificato, quando il 6 marzo 2013, parlando ai rappresentati dei media, il Santo Padre esclamò: “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”. Oltre vent’anni fa queste parole avrebbero dato conforto al Vescovo don Tonino, ormai consumato da un male incurabile e da una vita dedicata agli ultimi. Oggi non possiamo che rallegrarcene. Era il 25 novembre 1984 quando, nella Cappella Maggiore del nostro Pontificio Seminario Regionale, don Tonino, parlando al presbiterio pugliese lì raccolto, adoperò per la prima volta l’icona della “Chiesa del grembiule”. Questa immagine e tanti altri concetti a lui cari, dalle periferie esistenziali all’aprire le porte delle canoniche per ospitare i poveri e i senza tetto, sono spesso ripresi ed espressi con semplicità e schiettezza dal Santo Padre nei suoi discorsi. Celebrare, pertanto, con particolare attenzione e significatività, l’anniversario di don Tonino può diventare l’occasione per mettere in risalto in questo nostro tempo, scarno di punti di riferimento, la figura di un Testimone della carità, di un Profeta della pace, di un Pastore che ha radicato le proprie scelte nel messaggio evangelico. La visita del Santo Padre è un fatto straordinario per la nostra Diocesi, anche perché in duemila anni di cristianesimo mai il Vicario di Cristo è approdato sulla nostra terra. II nostro territorio, noto per le preziose testimonianze della tradizione cristiana, per la bellezza degli scorci naturali e per la presenza di gente dal cuore grande si prepara così ad accogliere la visita di Papa Francesco sul molo del porto, dove 25 anni fa, in un pomeriggio primaverile, si tennero i solenni funerali del Pastore, che il popolo riteneva già “santo”, con la partecipazione di numerosi Vescovi venuti dalle varie Diocesi d’Italia, centinaia di sacerdoti e migliaia di fedeli». Per la gente semplice, per il suo popolo, per i poveri, quel vescovo scomodo, fuori dagli schemi, interprete autentico dell’anima popolare è già santo. Nel corso della sua visita, Papa Francesco si soffermerà in preghiera anche nel duomo di Molfetta davanti a un crocifisso di terracotta con la scritta «collocazione provvisoria», messa dal parroco dell’epoca don Nicola Gaudio, in attesa della sistemazione finale. Ma don Tonino appena la vide, volle che restasse come definitivo titolo dell’opera. «La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera – scriveva don Tonino –, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito. Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la Croce. La mia, la tua croce, non solo quella di Cristo». La sua filosofia di vita della «Chiesa del grembiule» non era quella che esibisce i segni del potere, ma il «potere dei segni», del servizio agli ultimi, ai poveri che accolse senza remore nella sua casa, agli immigrati per i quali si spese senza riserve per trovare loro un alloggio e un lavoro, per i giovani precipitati nel tunnel della droga per i quali realizzò la «CASA» di accoglienza a Ruvo di Puglia. Erano gli «ultimi », le «pietre di scarto» come scrisse in un bel libro, quelli a cui dedicava le maggiori attenzioni come «Massimo fratello ladro » della cui uccisione, da parte di un metronotte, viene a conoscenza da un ritaglio di giornale e si precipita ad «accendere una lampada sulla tua fossa senza fiori » e a celebrarne le esequie al cimitero, ma non può pronunciare l’omelia perché a quella messa non c’è nessuno. Ecco il potere dei segni, di una santità di vita, che ha nell’esempio e nelle azioni scomode, il significato più profondo dell’essere cristiani che don Tonino ha incarnato nel corso della sua breve, ma intensa, vita terrena.

Autore: Felice de Sanctis
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