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La Camera del Lavoro di Molfetta nel 1921
15 giugno 2021

Agli inizi del 1921, che vide a Livorno la nascita del Partito Comunista d’Italia staccatosi dal Partito Socialista Italiano, reggeva il Comune di Molfetta il Fascio dell’Ordine, una maggioranza di sedicenti repubblicani appoggiati nel segno dell’antibolscevismo da moderati, nazionalisti e conservatori fascistoidi. Dal 5 novembre 1920 la capeggiava il medico e sindaco repubblicano Domenico Roselli. Il momento non era dei migliori, perché, sulla scia del “biennio rosso” e delle gravi difficoltà della nazione, la crescente disoccupazione e il rinnovato tesseramento del pane e dei viveri angustiavano penosamente la popolazione. Nel 1921 come segretario alla Camera del Lavoro di Molfetta al lombardo Pietro Sartoris subentrò il socialista molfettese Angelo Gadaleta fu Mauro (1895-1969), che nelle elezioni provinciali del 17 ottobre 1920, pur non risultando eletto, aveva raccolto 1.533 voti. Il 1° febbraio 1921 nell’edizione romana dell’Avanti! apparve l’articolo Per il porto di Molfetta, risalente al giorno prima e riguardante due interventi per la Terra di Bari e Molfetta del deputato socialista Arturo Vella. In esso si legge che il «compagno on. Vella, dopo essersi interessato presso il Ministero degli approvvigionamenti riuscendo a fare aumentare di altri tremila quintali al mese il contingente di grano per la provincia di Bari», in quel giorno inviava alla redazione del quotidiano una lettera del 19 gennaio pervenutagli dal Sottosegretario ai Lavori Pubblici. Si tratta di Giovanni Bertini, uno dei fondatori del Partito Popolare di don Sturzo. L’interessante missiva recita: «Caro Vella, in relazione alle tue premure mi è grato assicurarti che questo Ministero ha già impartite disposizioni all’Ufficio del Genio Civile di Bari perché rediga un progetto per l’escavazione dei porti di Molfetta, Trani e Monopoli ed ha indicato all’Ufficio stesso alcune ditte che, possedendo i necessari mezzi d’opera, potrebbero essere interpellate per l’assunzione dei relativi lavori. Ti comunico inoltre che, in seguito al recente sconvolgimento della colmata a ridosso della banchina foranea del porto di Molfetta, il ripetuto Ufficio ha disposto subito la esecuzione dei lavori per l’avvicinamento dei massi artificiali di calcestruzzo esistenti in batteria, sullo scanno emergente; e sta approntando una perizia per la costruzione di altri massi, i quali potranno costituire un riparo continuo contro i marosi. Questo Ministero ha infine autorizzato la redazione di un progetto per la costruzione di 450 metri di muraglione sul molo foraneo tra il muraglione vecchio e la testata». Nella sera del 14 febbraio la Sezione socialista molfettese si riunì in assemblea senza la partecipazione dei comunisti scissionisti, stabilitisi presso il Circolo giovanile comunista. Nella riunione fu approvata l’ampia relazione al Congresso provinciale di Bari tenuta dal segretario Corrado Visaggio e vennero ammessi cinque nuovi soci, tutti operai. Invece fu respinta la domanda di ammissione dell’ex compagno Agostino De Bari, reo di aver interrotto parecchi comizi socialisti. Fu anche deliberato di costituire presso la Sezione un Circolo giovanile socialista. Il 17 febbraio apparvero sull’Avanti! due trafiletti riguardanti avvenimenti del giorno prima a Molfetta. Uno era contro la tassa di famiglia: «L’attuale amministrazione comunale ha complimentato la cittadinanza di nuovi aggravi, abbastanza rilevanti, sulla tassa di famiglia, non esclusi i lavoratori possessori delle sole braccia per lavorare e che stentano la vita in questi tristi periodi di disoccupazione. Per questa nuova ingiustizia regna nella popolazione vivo fermento che non promette nulla di buono. La Camera del Lavoro, interprete dei desideri della massa lavoratrice, inizierà un’agitazione affinché l’ingiusto provvedimento venga rimangiato». L’altro trafiletto riguardava l’iscrizione degli spazzini di Molfetta alla Camera del Lavoro: «La Lega spazzini, liberatasi finalmente di un sedicente segretario in connubio con gli appaltatori dello spazzamento ed ingoiatore di un fondo di cassa di circa mille e cinquecento lire, ha aderito in massa alla Camera del Lavoro. Questa provvederà a migliorare le condizioni economiche e lavorative di soci che lavorano per una miseria per circa sedici ore al giorno». Mentre il prezzo della farina saliva, a Molfetta i pescatori di paranze nel febbraio del 1921 iniziarono un’agitazione sospendendo la pesca per più di dieci giorni. I marinai chiedevano 70 lire di panatica per ogni coppia di barche. Di fronte al rifiuto degli armatori, la Lega pescatori invocò l’assistenza della Federazione Italiana Lavoratori del Mare, chiedendo un aumento di 10 lire giornaliere per ogni paranza, ossia di 45 centesimi per marinaio, secondo quanto stampato in un foglio volante del 18 febbraio. La Federazione inviò a Molfetta il compagno Bendistinti, segretario della Sezione di Taranto. Bendistinti chiese la solidarietà della Camera del Lavoro di Molfetta e pose fine allo sciopero ottenendo dai proprietari un concordato che prevedeva 44 lire per le paranze grandi e 39 lire e 50 centesimi per le paranze piccole. I marinai, allora, ripresero le operazioni di pesca il 21 febbraio, ma dopo la partenza del Bendistinti, gli armatori non vollero più riconoscere il concordato. Nonostante la creazione di una commissione mista di armatori e marinai sotto la direzione dell’ufficiale di porto per risolvere la vertenza, riguardante soprattutto le modalità di vettovagliamento degli equipaggi, alla fine di marzo i padroni delle barche iniziarono una serrata. Frattanto il 23 febbraio era stato approvato in Parlamento con votazione segreta, con 254 voti favorevoli e 58 contrari, il disegno di legge “Disposizioni per la sistemazione della gestione statale dei cereali”, proposto da Giolitti fin dal novembre del 1920 per l’abolizione del prezzo politico del pane e osteggiato dai socialisti con l’ostruzionismo parlamentare. Gaetano Salvemini figurava fra i sedici deputati assenti per malattia. Il provvedimento da un lato alleggerì le uscite del bilancio statale, consentendo una sensibile riduzione delle spese straordinarie causate dalla Grande Guerra, ma dall’altro aggravò le condizioni dei lavoratori, costretti dal 3 marzo 1921 a comprare il pane a una lira e 40 centesimi al chilo, cioè a un prezzo maggiorato del 40% rispetto al prezzo politico di una lira al chilo. Per condannare il crescendo di brutali violenze fasciste e la complicità delle autorità politiche e di pubblica sicurezza, il 23 febbraio fu proclamato uno sciopero generale di protesta in tutta la Puglia. Anche a Molfetta le varie leghe e categorie di lavoratori risposero alla mobilitazione e il 25 febbraio attuarono una protesta «calma e dignitosa». Solidarizzò con gli scioperanti molfettesi pure l’equipaggio del piroscafo Floreal di Genova, che impedì lo sbarco del grano destinato ai mulini e pastifici. Le autorità municipali volevano che il grano fosse assolutamente scaricato dalla nave, ma gli operai con fermezza lo impedirono. A sera Molfetta restò all’oscuro e ciò fece molta impressione tra la popolazione. Nella mattina del 26 febbraio, stando all’Avanti! del giorno successivo, avvennero «parecchi incidenti agli sbocchi della città tra leghisti e qualche proprietario di terre che voleva andare in campagna». Il 27 febbraio, in un’aula della Scuola Tecnica di Molfetta, fu commemorato don Corrado Salvemini, maestro di molte generazioni di discepoli, fra cui Saverio La Sorsa e Gaetano Salvemini. Presentato da Giacinto Panunzio, l’on. Raffaele Cotugno parlò a lungo della tradizione letteraria di Molfetta, del Seminario Vescovile e della nobile figura del docente scomparso. A Molfetta il 10 marzo era ormai un fatto compiuto «l’inasprimento dell’imposta sui redditi famigliari», che sarebbe dovuta servire «ad annullare un disavanzo di 360 mila lire lasciato» dal regio commissario Gerardo Palmieri. Ma il peso della tassa gravava soprattutto sulle spalle dei poveri, perché l’amministrazione comunale non aveva saputo trovare le modalità per tassare col massimo rigore i più ricchi. Lo si legge in una corrispondenza da Molfetta apparsa sull’Avanti! del 13 marzo, in cui si denunciava che il sindaco Rosselli e la giunta, tra l’altro, non avevano «voluto migliorare le condizioni disastrose» in cui vivevano gli spazzini, i quali, «per l’aumentato prezzo dei generi alimentari », si trovavano «in condizioni di non poter vivere più». Il pezzo si chiudeva con una domanda: «nella revisione delle tessere il Comune ha tolto i generi tesserati agli emigranti e ai militari, aumentando al resto della popolazione, la razione della farina sola. E la pasta, il riso, lo zucchero, ecc. dove sono andati a finire? In qualche deposito privato?». Il 5 aprile la serrata degli armatori continuava. Il segretario della F.I.L.M. di Taranto Bendistinti era tornato a Molfetta per sostenere nelle rivendicazioni i pescatori molfettesi. Gli armatori, che dalle autorità invocavano per sé la tutela della libertà di lavoro, il sabato mattina del 2 aprile avevano impedito che due bilancelle da pesca si recassero al lavoro. Il 4 aprile erano stati i marinai in lotta che a loro volta avevano impedito la partenza per una campagna di pesca all’estero ad altre due bilancelle. Il braccio di ferro tra padroni e pescatori continuò a colpi di manifesti murali e fogli volanti, denunciando, sia nell’organizzazione marinara che nell’associazione degli armatori, la presenza di «opportunisti» che ritardavano la soluzione della vertenza. Ma questa, il 7 aprile, alla fine si compose a favore dei marinai, che nel corso di un’«imponente assemblea straordinaria» approvarono all’unanimità un ordine del giorno di questo tenore: «I pescatori di Molfetta, visto il modo come le due ultime agitazioni contro gli armatori furono risolte, plaudono all’opera svolta dal segretario Bendistinti della Federazione Lavoratori del Mare (Sezione di Taranto) in favore della loro classe e all’on. [Giuseppe] Giulietti; riconfermano illimitatamente la loro fiducia nella Federazione Nazionale, la sola che ha garantito e può sempre difendere gl’interessi dei pescatori, per cui danno ampio mandato al segretario della Sezione di Taranto per escogitare ed usare tutti quei mezzi adatti ed opportuni a beneficio dei pescatori di Molfetta». Il 5 aprile, intanto, il Corriere delle Puglie aveva ospitato una lettera di alcuni frontisti di Corso Umberto a Molfetta, che denunciavano lo stato di abbandono delle vie e piazze principali della città, lasciate prive di luce elettrica, di basolati e di pulizia. I firmatari auspicavano perciò la ripresa dell’attività edilizia lungo il boulevard cittadino, affinché si potesse attenuare «la grave crisi delle abitazioni» e restituire un po’ di decoro a Molfetta, dandole una strada degna di un centro popoloso e consentendo una maggiore comodità ai cittadini «fin troppo oberati di tasse ». Il 7 aprile un decreto sciolse la Camera, indicendo le elezioni per il 15 maggio. L’Avanti! del 23 aprile annunciò Il ritiro dell’onor. Salvemini con una corrispondenza da Molfetta di due giorni prima. A votazioni avvenute, nella IV circoscrizione (Bari-Foggia) vennero eletti, tra gli altri, il fascista Giuseppe Caradonna e i socialisti ufficiali Arturo Vella, Giuseppe Di Vittorio e Giuseppe Di Vagno. Invece il repubblicano Pietro Pansini non fu rieletto e il consigliere provinciale Eduardo Germano, voluto dal prefetto Camillo De Fabritiis nella lista del Blocco nazionale salandrino, non riuscì, molto probabilmente perché non sostenuto adeguatamente a Molfetta dalla maggioranza repubblicana. Sull’Avanti! del 14 giugno apparve una cronaca molfettese del 12, che denunciava un approvvigionamento di grano di pessima qualità consentito dal prefetto De Fabritiis «per ragioni d’ostilità contro gli amministratori comunali» molfettesi e annunciava la nascita di una Sottosezione della Federazione Nazionale dei Lavoratori del Mare, retta dal socialista Corrado Mastropasqua. Inoltre riferiva che la Sezione Socialista locale nel corso di un’assemblea aveva imposto a Giacinto Panunzio di rassegnare le dimissioni da consigliere comunale della minoranza, in quanto nelle elezioni amministrative non era stato eletto con voti socialisti. La replica del prof. Panunzio fu pubblicata sull’Avanti! del 12 luglio con una missiva di tre giorni prima così concepita: «Caro AVANTI!, | Per decisione della Sezione Socialista, mi sono dimesso da consigliere comunale della minoranza. Nel leggere la cosa in questi termini sull’«Avanti!» del 14 giugno, molti amici politici ne han tratto meraviglia e mi scrivono: «Che diavolo succede? Ti facesti eleggere da voti non socialisti? ». I miei voti dunque furono voti di proletari, anche se misti ai voti dei combattenti - proletari anch’essi - e se oggi mi sono dimesso è stato per disciplina ai vostri deliberati, che me ne han fatto obbligo. Evidentemente avete voluto aiutare in tal modo la chiarificazione dei partiti locali ed accentuare la direttiva intransigente ». Tra i capi socialisti molfettesi emergeva allora il segretario della Camera del Lavoro Angelo Gadaleta, nominato rappresentante dei comuni al I Congresso provinciale per l’assistenza sociale in marzo e designato segretario nel Convegno provinciale delle organizzazioni confederali baresi, tenuto l’11 luglio a Bari nel salone della Camera Confederale del Lavoro in via De Rossi n. 9 e presieduto dall’on. Vella. In quella sede furono scelti i cinque componenti del Comitato della Federazione dei piccoli affittuari, destinata a divenire sezione dipendente dalla Federazione dei Lavoratori della Terra. Tra i cinque fu designato Tommaso Farinola di Molfetta, presidente della Lega Contadini. Il 18 luglio, sotto il ministero Bonomi, in Largo S. Angelo si tenne un «grandioso comizio» di protesta contro la disoccupazione. Dopo un discorso introduttivo di Vito Nicola Capozzi, segretario della Federazione Provinciale Socialista, parlò diffusamente l’on. Giuseppe Di Vittorio, che individuò le cause della crisi nell’ignavia della classe dominante e nella spregevole condotta di certi nazionalisti patriottardi e invitò il proletariato a «serrare le file per affermare con forza il suo diritto alla vita». Seguì l’on. Arturo Vella, che accennò allo sviluppo della città di Molfetta in relazione ai lavori pubblici, al traffico marittimo e terrestre e all’industria, per il quale sviluppo lui e i socialisti in Parlamento avevano già iniziato «una viva campagna» presso gli organi centrali del Governo. Chiuse l’applaudito comizio Angelo Gadaleta in qualità di segretario camerale locale. Galvanizzati da questo comizio, alcuni lavoratori costituirono la Lega fra operai fornaciai per tutelare le conquiste ottenute nel 1920 sui salari e sull’orario lavorativo, annunziando di aderire alla locale Camera del Lavoro. All’inizio di agosto i “compagni” molfettesi si riunirono nella Sezione Socialista in un’assemblea preparatoria sull’indirizzo politico del partito. Emersero due tendenze: una d’intransigenza assoluta circa la collaborazione del Gruppo parlamentare socialista a qualsiasi Governo borghese e un’altra improntata alla «tattica del buon senso», prontamente censurata dalla redazione dell’Avanti!, che, nell’edizione romana del 5 agosto, ammonì: «Magnifica trovata quella della tattica del buon senso, tendenza nuova di cui vorremmo conoscere l’inventore. La tattica non può essere che intransigente [sic!] o intransigente, riformista o rivoluzionaria, ma quella del buon senso che vorrebbe essere un po’ l’una ed un po’ l’altra e nessuna delle due nello stesso tempo è una tendenza per lo meno equivoca. Se ne persuadano i compagni di Molfetta». Il 21 agosto in una nuova assemblea i socialisti molfettesi si occuparono dell’offensiva scatenata dalla classe padronale contro le organizzazioni operaie, deliberando di costituirsi in Comitato di difesa. Lo scopo era intervenire in tutte le vertenze tra capitale e lavoro, salvaguardando tutte le conquiste conseguite nel passato dal proletariato molfettese e mirando allo sviluppo della Camera del Lavoro. Per dissidi sorti tra i maggiori azionisti della Società Anonima “Oliere e Saponerie Meridionali” di Bari, cioè Camillo Bazard e Luigi Gambardella, verso la fine di agosto, dopo una serie di licenziamenti, si fece ricorso alla serrata totale della fabbrica di solfuro “Oleificio Molfettese”,

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