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La buona Scuola? Siamo noi lavoratori Considerazioni sulla riforma Renzi-Giannini
15 maggio 2015

Che il presidente del Consiglio Matteo Renzi fosse un gran simpaticone lo si sapeva già, ma definendo La Buona scuola il disegno di legge per la riforma Giannini del sistema scolastico, ha superato se stesso. Come genitore provo orrore in caso di attuazione della tanta controversa attribuzione dei poteri al dirigente scolastico (ex preside) nella cosiddetta individuazione dei docenti in base a scelte soggettive. Attualmente il personale non di ruolo cioè che non ha contratto a tempo indeterminato, viene attinto da graduatorie pubbliche visionabili sui siti delle scuole medesime formatesi in base ai titoli, al servizio pregresso, a specializzazioni. Ciò vuol dire che una selezione è stata fatta in base a precise tabelle ministeriali non discrezionali. Che fine faranno queste graduatorie? In base a quali criteri il dirigente riterrà più meritevole di contratto il docente A rispetto al docente B? Sarà scevro da influenze? E chi controlla il controllore? Come lavoratrice della scuola, mi pare, anche se scontato, sottolineare che nella scuola oltre ai docenti, che sono la maggioranza, vi lavora il personale tecnico, amministrativo e ausiliario, il cosiddetto personale ATA. Vale la pena ricordare, e non per spirito di appartenenza, che una scuola sarà efficiente se docenti, genitori, personale ATA lavorano nell’interesse degli studenti, della loro crescita culturale e personale con professionalità. Quelli che una volta erano definiti applicati di segreteria ora sono assistenti amministrativi, i segretari sono gli attuali direttori dei servizi generali ed amministrativi, i collaboratori scolastici sono quelli che erano un tempo i bidelli. La variazione non è solo nella definizione. Oggi ogni scuola è dotata di autonomia negoziale, stipula contratti, stringe collaborazioni, gestisce personale, tutte attività da rendicontare pubblicamente come qualsiasi attività del settore privato. E questo già dal 2000, anno prima del quale le pratiche di pensione, di malattie del personale, ad esempio, venivano non gestite ma semplicemente inviate agli uffici provinciali scolastici. Questa maggiore autonomia implica per il personale di segreteria, preparazione e autoformazione continua, poiché, di anno in anno, i fondi attribuiti alla scuola, diventano sempre più esigui. Quelli che una volta si limitavano a pulire le aule o a vigilare gli ingressi, sono attualmente investiti di maggiori responsabilità, alcune delle quali riguardano l’osservanza delle norme sulla sicurezza, le attività di primo soccorso, l’assistenza degli alunni diversamente abili. La maggioranza degli assistenti amministrativi ha conseguito la laurea, il diploma di scuola secondaria superiore per i collaboratori scolastici. Si impiegano anni per essere a conoscenza di tutte le attività lavorative e non ci si considera mai “arrivati” considerate le sempre nuove attribuzioni delegate dagli uffici centrali. Il disegno di riforma prevede tagli al personale ATA, blocco del turn over dovuto ai pensionamenti, consente il transito di personale in esubero dagli enti locali e/o in fase di soppressione come le province, nelle segreterie scolastiche. Come lavoratrice precaria per nove anni e da sei a tempo indeterminato, pur considerandomi molto fortunata ed essendo soddisfatta del mio lavoro, non posso sottacere il mio dissenso verso questo punto della riforma; non si può continuare a far transitare docenti definiti inidonei all’insegnamento, per motivi di salute o altro, ma impossibilitati ad andare in pensione perché con pochi anni di servizio, nei ruoli del personale amministrativo. Sarebbe come ammettere che chiunque, personale con problemi di salute o altro, può lavorare in una segreteria scolastica, essere catapultato in una realtà in cui deve lavorare per un numero doppio di ore, nel caso di un ex docente di scuola media o scuola superiore, vivendo e facendo vivere a chi divide l’ufficio ed i compiti, situazioni di disagio. Forse un tempo era possibile quando all’applicato veniva richiesta la redazione di un certificato, con la macchina da scrivere, o quando, in bella grafia, compilava la pagella. Ora non lo è più e non lo è soltanto per la necessaria conoscenza informatica richiesta. Sarebbe come permettere ad un amministrativo con problemi di salute, considerata l’impossibilità di essere collocato in pensione, per mancanza dei requisiti minimi, di accedere ai ruoli di docente da un giorno all’altro, senza alcuna preparazione didattica, ma questo la legge non lo consente. Ai dirigenti, ribadisco, verrebbero attribuiti ampi poteri anche di primalità nei confronti di personale meritevole, o di comminare sanzioni in caso mancata osservanza dei doveri, cosa che il decreto Brunetta già consente, ma saranno garantiti gli stessi parametri tra scuole diverse? Esiste il rischio che un dirigente “severo” applichi una sanzione economica e disciplinare o il licenziamento ad un dipendente, mentre per la stessa inosservanza un altro dirigente non applichi alcuna sanzione? Per queste ed altre ragioni questa riforma proprio non ci piace, ed è per questo che anche per il personale ATA, l’adesione allo sciopero del 5 maggio è stata massiccia. Stia sereno presidente Renzi. La buona scuola siamo noi lavoratori.

Autore: Beatrice Trogu
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