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L'inquinamento bellico arriva alla Fiera del Levante. Le origini dellacontaminazione
15 ottobre 2011

Iprite, fosgene, cloro, cloripicrina, fosforo bianco, arsenico, cianuro, cloruro di cianogeno, lewisite e adamsite: alcuni dei veleni inabissati a Molfetta tra il 1945 e il 1946. Riduzione di fl ora e fauna e problemi fi sici per l’uomo, le conseguenze. Ma gli “esperti” rigettano ogni relazione tra l’inquinamento bellico da aggressivi chimici e le ustioni/vescicanti ai marinai e ai bagnanti di Molfetta e la proliferazione dell’Ostreopsis Ovata (o alga tossica) tra Bari e Trani. Risposte scientifi che valide sulla proliferazione dell’alga tossica da parte dell’Arpa Puglia, prove schiaccianti che ne escludano il rapporto con l’iprite o altri aggressivi chimici: la pretesa del dott. Guglielmo Facchini, medico ricercatore esperto della materia (già intervistato da Quindici), nella sessione pomeridiana del Convegno Nazionale di Studi «Emergenza da inquinamento bellico della Costa Meridionale del Mare Adriatico», organizzato dall’Accademia Superiore Europea di Formazione per la Tutela dell’Ambiente, la Sicurezza e la Protezione Civile “Karol Wojtila” alla Fiera del Levante. «Non c’è nulla di concreto nelle analisi dell’Arpa Puglia», secondo Facchini. L’agenzia ha analizzato un solo campione prelevato da alcuni siti locali, insuffi ciente a conferire autenticità scientifi ca alle analisi. Secondo le più importanti comunità scientifi che, è opportuno prelevare almeno 250 campioni per ogni sito di studio, ha spiegato il dott. Facchini, o inviare parti di quel campione a più laboratori di analisi senza che questi abbiano modo di infl uenzarsi sui risultati (è questa l’analisi sistematica a doppio cieco, procedura della medicina in cui i soggetti esaminati e gli sperimentatori ignorano le informazioni fondamentali dell’esperimento). Perché l’acqua marina all’imboccatura del porto di Molfetta bolle? Perché l’alga tossica è morta a Molfetta? Domande senza risposta per l’assenza nella sessione pomeridiana del prof. Giorgio Assennato, direttore Generale Arpa Puglia. Contraddittorio rimandato (o volutamente evitato). Nella sessione mattutina proprio Assennato aveva negato il rapporto tra iprite e alga tossica (giustifi cata come fenomeno dovuto al riscaldamento climatico), ma soprattutto la presenza di ordigni contenenti iprite nel mare di Molfetta. Posizione smentita dagli archivi militari di Londra e dall’Ispra (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale), che ha localizzato oltre 20mila bombe caricate a iprite a 35miglia (circa 90km) a largo di Molfetta, poi approdate nelle vicinanze del litorale per le correnti marine o per la pesca a strascico. Respingere il rapporto tra alga tossica e iprite è negare un dato di evidenza, per Facchini: le mappature dell’alga tossica e dei siti oggetto dell’inabissamento di ordigni bellici sono sovrapponibili. Situazione aggravata a Molfetta dagli sversamenti abusivi nelle falde acquifere (ricchi di fosfati) e dal depuratore mal funzionante. Esami, alimentazione, fl ora e fauna. Dove sono fi niti gli esami eseguiti da Arpa Puglia e Asl sui marinai molfettesi che nel 2008 furono colpiti da ustioni, vescicanti, perdita di conoscenza e urina di sangue, dopo una battuta di pesca? Un mistero, ma anche in questo caso Facchini ha riscontrato la sovrapponibilità tra danni fi sici e inquinamento bellico (dagli anni ’50, 232 sono stati i marinari colpiti da iprite, 5 i morti). Stesse sintomatologie accusate da 5 bagnati e marinai nel 2010, 2 quest’anno. Esami mai arrivati, quasi “secretati”. Nel servizio «Terra avvelenata» (TG2 Dossier del 13 marzo 2010) il prof. Assennato e la dott.ssa Caterina Foti del reparto dermatologico del Policlinico di Bari, intervistati dal giornalista Donato Placido, si rimpallano il possesso delle analisi cliniche. Come spiegare il depauperamento delle risorse marine? L’intensità della pesca a strascico o l’eff etto degli aggressivi chimici? Ad esempio, sono scomparsi gli anemoni di mare. È stato distrutto il “Parco nazionale della Posidonia Oceanica San Vito di Barletta”, motore della catena alimentare marina, anche a causa della costruzione del nuovo porto (su cui sono state aperte ben 3 indagini). La roccia del litorale è bianca e levigata perché sciolta da agenti chimici. Molto basso il ph del mare, tale da impedire la vita a specie, come i molluschi, che producono carbonato. Quali spiegazioni? Anche le specie marine risentono dell’azione degli aggressivi chimici? Alimentazione sicura? Assennato non è a conoscenza di valori di contaminazione superiori ai limiti nel pesce per Molfetta, ma il dott. Amato nel servizio «Terra avvelenata» descrive gli eff etti della contaminazione da iprite a Molfetta per quei pesci che vivono a contatto o nelle vicinanze dei siti d’inabissamento. Si tratta di gravi lesioni epatiche, istopatologiche e al tegumento, alterazioni nel sangue, milza e fegato ingrossato. Il dott. Facchini ha anche elencato gli eff etti della contaminazione sull’uomo (problemi sulla pelle e agli occhi, bruciore alle congiuntive, alle mucose del naso, alle vie respiratorie, ustioni e vescicanti, degenerazioni del DNA, malattie ai polmoni, cancro, ecc.), ricordando che gli aggressivi chimici possono trovarsi anche nei piccoli pesci e che le mutazioni cancerogene si stanno già trasmettendo alle future generazioni. Dominano silenzio e omertà. Mai discusse le interrogazioni presentate al Parlamento e al Senato. Eppure, all’estero Molfetta è tristemente famosa per essere la terza emergenza ambientale mondiale. Le origini della contaminazione. Bari 2 dicembre 1943, aff ondate 17 navi angloamericane dalla Luftwaff e tedesca, tra cui la John Harvey contenete ordigni a caricamento speciale (iprite e altri agenti chimici, tra cui napalm). Il segreto militare imposto da Winston Churchill ha taciuto non solo l’evento, ma anche l’uso che gli alleati fecero dei porti pugliesi e dei loro depositi. Secondo Vito Antonio Leuzzi, direttore dell’Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, è stata la smobilitazione nel 1945-46 a innescare la contaminazione marina tra Molfetta, Giovinazzo e Bitonto, perché realizzata senza precise disposizioni. Le operazioni a Torre Gavetone furono eseguite dalla Ditta Stacchini, priva delle strutture adeguate per lo sconfezionamento delle bombe, mentre i motopesca locali scaricarono le bombe a poche miglia dalla costa e non nei punti prefi ssati. La contaminazione del mare è continuata nei decenni successivi. Ad esempio, con le guerre del Golfo e del Kosovo sono state scaricate nel mare Adriatico bombe a grappolo, cluster e all’uranio impoverito, perché la convenzione Nato proibisce l’atterraggio di aerei con le bombe inesplose al ritorno dalle missioni.

Autore: M. l. F.
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