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L'Europa dal muro al futuro, se ne è parlato all'Aneb di Molfetta
19 aprile 2014

MOLFETTA - Che significato dareste alla parola muro? La parola muro viene dal latino murus o moerus che proviene dalla stessa radice di moenia ‘mura’ e di munire ‘trinceare, fortificare’. A volte non pensiamo a cosa possa servire un muro, in generale potremmo dire che serve a sostenere un peso, è una struttura portante, se parliamo magari delle mura di una casa, ma ancora di più serve a dividere. Dividere da che cosa? Dividere da qualcosa, o da qualcuno.

Cosa si vuole dividere con un muro? Con un muro veniva divisa una nazione, un popolo, una cultura, con quel muro veniva divisa la Germania nel 1961. Con la divisione della nazione, e con la sua conseguente caduta nel 1989, si ebbero dei grandi disagi, sia politici, che economici, che interiori. I disagi interiori furono principalmente avvertiti dai letterati, uno di loro disse «il muro era altro da noi, con questo muro avvertivamo un’assenza di vento», un vento che stava a significare una cultura mancante, una cultura che non riusciva più a trapassare dall’Est all’Ovest e viceversa, un’assenza di pensiero, ma quando questo pensiero fu riunito, il disagio era ancora più forte, era contrastante, c’è chi voleva ancora una divisione e chi non accettava che da due Germanie si passasse a una sola e unita, dopo tanti anni.
La divisione porta ad altri tipi di pensieri, porta ad aprirsi di più, o porta a una chiusura totale, porta alla violenza, porta alla morte; tutti sappiamo che la divisione avvenne per decisione dei due blocchi presenti in Germania, l’Unione sovietica ad Est, gli USA ,Francia e Inghilterra ad Ovest, questa divisione però non fu comunicata al popolo che si era sempre considerato uno. Una mattina il popolo tedesco si svegliò e vide ciò che era stato costruito in una notte, per decisione di terzi, un muro alto 3,60 metri, realizzato in calcestruzzo e lungo 106 km, la lunghezza di altri impianti con recinti fortificati e filo spinato arriva a 127,5 km, le torri di osservazioni erano  302. Questi numeri sono spaventosi, ma ancora di più lo sono quelli delle persone che sono fuggite da Berlino Est all’Occidente: a piedi, nei primi due mesi nei punti non ancora ben fortificati circa 600, 85 soldati, 137 attraverso i tunnel scavati sotto il muro, circa 2.000 con automobili preparate per nascondere delle persone.
Queste fughe sono un sintomo di quanto questa imposizione abbia portato gente comune a cercare di vivere, di rivedere i propri cari, sfidando un sistema che aveva deciso per le loro vite, molte volte rimettendoci la propria vita. Le imposizioni erano non solo queste, anche il lessico risentì fortemente di questo sistema soprattutto nella Germania Est, infatti, furono coniati dei nuovi termini per indicare, ad esempio, un termine come ‘Coca-Cola’ venne reso come ‘Vita-Cola’ dall’unione di ‘Vita(min C) + Cola e la possiamo tradurre come ‘’cola molto aromatizzata al limone e alla frutta’’, tutto ciò perché non doveva arrivare nulla dall’Ovest, nulla doveva essere  occidentalizzato.
Questi studi sono stati condotti dal prof. Rocco Berardi, insegnante all’università di Monaco di Baviera, che, introdotto dalla presidente prof.ssa Annetta La Candia, ha tenuto un interessante conversazione alla sede dell’Aneb (Associazione nazionale educatori benemeriti), appunto partendo dalla divisione data dal muro di Berlino, per arrivare ai giorni nostri, compiendo un’analisi sull’Europa e i suoi cambiamenti, come la Germania sia passata da essere divisa in due, successivamente riunita, addossandosi tutti i problemi economici della ex Germania Est, ad essere oggi la prima potenza europea. L’Europa è un insieme di Stati, è una delle principali potenze economiche mondiali, ma lo è diventata col tempo, ha dovuto affrontare al suo interno guerre intestine, l’unico problema di oggi e che queste guerre ci sono ancora, non più sul piano militare, ma sul piano economico, creando conflitti fra Stati membri dell’Unione europea.
Non possiamo definire l’Europa uno Stato unico, poiché questa non ha ancora affrontato i suoi problemi, poiché è solo unita su un piano economico, non su uno politico, non è un popolo, ma un insieme di popoli, ognuno diverso dall’altro. Allora  noi come dobbiamo consideraci, un popolo unito, facente parte di unica nazione o siamo un aggregato?
A differenza della Germania che prima era stata divisa e poi unita, partendo però sempre da un concetto di nazione già esistente, noi siamo stati divisi,  e successivamente uniti, ma non per nostra volontà ma sempre per decisione presa da un sistema sopra di noi. Se queste sono le conclusioni, allora dobbiamo aggregarci, dobbiamo confrontarci, l’unione è sintomo di forza, d’intelligenza, di furbizia, abbiamo il dovere di portare avanti le battaglie di chi desiderava un’Europa unita, ed è morto per questo. Ognuno di noi ha il dovere  di dare un apporto a questa comunità, poiché la comunità è un insieme di persone, e una comunità aiuta il singolo come il singolo verso quest’ultima, non per niente noi apparteniamo alla comunità Europea.

© Riproduzione riservata

Autore: Barbara Binetti
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