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“L'Europa che vorrei: ripartiamo dal Sud”: domenica 18 maggio Pina Picierno a Molfetta
17 maggio 2014

MOLFETTA - Si avvicina la scadenza elettorale del 25 maggio, giorno in cui si svolgeranno le consultazioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, e si intensificano le attività del Partito Democratico di Molfetta in vista di questo importante appuntamento che segnerà il futuro del nostro continente.

Domenica prossima, 18 maggio alle ore 20 al Corso Umberto – Galleria Patrioti Molfettesi, l’on. Pina Picierno, capolista del PD nella Circoscrizione Sud Italia, interverrà all’iniziativa “L’Europa che vorrei: ripartiamo dal Sud”.

Legalità, trasparenza, lavoro, politiche giovanili, questi i temi che saranno al centro dell’incontro al quale parteciperà anche l’assessore regionale Guglielmo Minervini.

“Mi sono candidata – ha dichiarato l’on. Picierno – per tentare di restituire alla politica della mia terra un pizzico di leggerezza e una montagna di coraggio, quello di cui ha bisogno per poter crescere nella legalità. So che il compito è enorme ma so che la speranza è stata il motore dei cambiamenti più impensabili della Storia”.

Pina Picierno è nata a Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, il 10 maggio 1981 ed è laureata in Scienze della Comunicazione.

Nel maggio 2008 è stata eletta alla Camera dei Deputati come capolista per il Partito Democratico in Campania.

Si è occupata in questi anni di Politiche Giovanili e dal febbraio 2009 è responsabile del settore Legalità del PD.

Dall’ottobre 2013 è componente della Commissione Parlamentare Antimafia, e concentra il suo lavoro parlamentare perché il Sud possa liberarsi definitivamente da ogni forma di criminalità, vero ostacolo al suo sviluppo, al fine di valorizzare e promuovere le sue risorse e i suoi talenti migliori.

 

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Con 80 EURO, si può campare per 2 SETTIMANE!!! - Il conte Axel Oxenstierna, cancelliere svedese durante la terribile Guerra dei Trent'anni, parlava con ampia cognizione di causa quando disse: “Renditi conto, figlio mio, che ben poco posto viene lasciato alla saggezza nel sistema con cui è retto il mondo.” Lord Acton, uomo politico inglese del secolo scorso, usava dire che il potere corrompe, e di ciò ormai, siamo perfettamente convinti. Meno consapevoli siamo del fatto che esso alimenta la follia, che la facoltà di comandare spesso ostacola e toglie lucidità alla facoltà di pensare. La perseveranza nell'errore, ecco dove sta il problema. I governanti giustificano con l'impossibilità di fare altrimenti decisioni infelici o sbagliate. Domanda: può un paese scongiurare una simile “stupidità difensiva” come la definì George Orwell, nel fare politica? Altra domanda, conseguente alla prima: è possibile insegnare il mestiere ai governanti? I burocrati sognano promozioni, i loro superiori vogliono un più vasto campo d'azione, i legislatori desiderano essere riconfermati nella carica. Sapendo che ambizione, corruzione e uso delle emozioni sono altrettanto forze di controllo, dovremmo forse, nella nostra ricerca di governanti migliori, sottoporre prima di tutto i candidati a un esame di carattere per controllarne il contenuto di coraggio morale, ovvero, per dirla con Montaigne, di “fermezza e coraggio, due virtù che non l'ambizione ma il discernimento e la ragione possono far germogliare in uno spirito equilibrato.” Forse per avere governi migliori bisogna creare una società dinamica invece che frastornata. Se John Adams aveva ragione, se veramente l'arte di governare “ha fatto pochissimi progressi rispetto a 3000 o 4000 anni fa” non possiamo aspettarci grandi miglioramenti. Possiamo soltanto tirare avanti alla men peggio, come abbiamo fatto finora, attraverso zone di luce vivida e di decadenza, di grandi tentativi e d'ombra.

L'Europa che vorrei? L'Europa che vorremmo? Ma quale Europa? Durante il periodo del trionfo del liberalismo, lo spazio occupato dalla società si assottiglia sempre più: sono i mercati, e in particolare le reti finanziarie, a dominare una vita economica in cui il consumo di massa avanza rapidamente. Le tecnologie di comunicazione facilitano i rapporti tra le imprese, le città o gli individui, più che promuovere la costruzione di un nuovo tipo di società. La televisione fornisce un gran numero di informazioni sulla borsa in Europa e in America, ma dà pochissime notizie sulla vita delle imprese, perfino in occasione di importanti fusioni o di clamorosi fallimenti che possono avere conseguenze importanti sull'occupazione. Sono d'altronde le anticipazioni sulle rendite finanziarie a provocare una volata in borsa, la quale, a sua volta, può indurre un aumento di produzione. La produzione quindi non è più il fattore primario, ma solo il risultato indiretto di un'anticipazione dei profitti. A un livello più immediato, i commentatori parlano costantemente della “crisi di fiducia” che spiegherebbe la riduzione dei consumi e degli investimenti. Mentre il prestigio degli imprenditori, anche di quelli più importanti, viene fortemente scosso da manovre fraudolente. La forza dei sindacati, peraltro, è in rapido declino, perché basata fondamentalmente su una classe operaia che ora si è letteralmente frammentata. La democrazia sociale che si è imposta in Europa e nei grandi paesi del Commonwealth ha, certo, assicurato il perdurare del sistema di protezione sociale, ma gli interventi statali sono sempre più spesso stati rivolti alle classe medie o medio-basse meglio integrate, senza riuscire ad arrestare il declino delle categorie più sfavorite, ulteriormente accelerato dalle migrazioni internazionali. Comunque sia, all'alba del nuovo secolo e nel momento in cui entrano a far parte dell'Unione europea diversi paesi ex comunisti, in cui la gestione statale aveva assunto forme estremamente inefficaci, il modello europeo, al di là del caso particolare del Welfare State, si sfalda in maniera sempre più rapida.


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