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L'etica professionale dell'allenatore, Gianni Massari al Panathlon Club di Molfetta
24 settembre 2011
MOLFETTA - È ripresa l’attività del
Panathlon Club
di Molfetta con la conferenza «
L’allenatore: etica e professionalità
» tenuta dal dott.
Gianni Massari
, socio fondatore del Panathlon Club Molfetta nell’aula Carnicella di palazzo Giovene. Prima della relazione e del dibattito, il programma ha previsto il saluto di apertura del Presidente del Panathlon Club di Molfetta,
Nicolò de Robertis
, al quale è seguito l’intervento del Governatore dell’8° Area Interregionale del Panathlon, prof.
Nicola Cerverizzo
.
«
Ciò che voglio ricordare è che il Panathlon, associazione a livello mondiale, compie 60 anni ed è come sempre al servizio di tutte le società sportive
- ha esordito Carverizzo -
il mio messaggio va oltre che alle vittorie al fair play ovvero un valore sportivo maggiore della vittoria di cui il Panathlon se ne occupa da anni
».
Lo “
special one
” dell'hockey, Gianni Massari è senza dubbio il più grande allenatore di hockey italiano di tutti i tempi. Massari, già campione del mondo di corsa nel 1969, costruisce la sua fama allenando il Giovinazzo del capitano Frasca, di Marzella, Aquino, Colamaria, Caricato, portandolo alla conquista del tricolore, ma anche, prima formazione italiana, alla conquista nel 1980 della prima coppa europea per club.
Dal gioco alla passione, l'evoluzione fu naturale e Massari intravide nello sport di squadra l'alveo giusto per assecondare le propensioni dei suoi atleti. La sua visione di gioco e le sue impostazioni erano innovative per quegli anni: la pista andava sfruttata in ogni angolo, la base del gioco era il possesso palla (i quattro giocatori si scambiavano e facevano ruotare la pallina accorciandosi in spazi stretti o allungandosi a quadrato); la velocità era fondamentale, le modalità per andare a rete erano molteplici, basate sulla messa in minoranza dei difensori avversari: la bordata dalla distanza, l'uomo smarcato a centro area da una serie di passaggi, il dribbling per saltare l'ultimo difensore.
L'uso del contropiede era raro. Per poter applicare i suoi schemi il "
Professor
e", come era chiamato dai suoi atleti, doveva avere a disposizione gli uomini giusti, e fu sul materiale umano che lavorò per oltre 10 anni, coltivando il fertile ed entusiasta vivaio, puntando sempre sugli stessi atleti, tenendo dure sessioni di allenamento e, soprattutto, mantenendo il livello di partecipazione alla squadra puramente dilettantistico.
Dopo le convincenti vittorie con l'A.F.P. Giovinazzo, Massari conquistò il posto di commissario tecnico della nazionale italiana di hockey, prima delle squadre juniores, a partire dal 1979, in virtù delle sue capacità nello scoprire nuovi talenti e formarli, poi anche della squadra maggiore dal 1980. Nei primi anni alternò la guida del Giovinazzo con quella della nazionale. Lasciò poi Giovinazzo, per approdare alla guida di società settentrionali, fra cui il Monza, con cui vinse la Coppa Italia e la Coppa delle Coppe nel 1989. Per alcuni anni si dedicò esclusivamente alla nazionale.
Sotto la sua guida, gli azzurri nel 1986 e nel 1988 vinsero il Campionato del Mondo, nel 1990 il Campionato Europeo, nel 1992 la medaglia di bronzo ai Giochi olimpici di Barcellona.
I trionfi in testa, l'etica e la professionalità nel cuore. Massari presenta così il suo lavoro durato ininterrottamente per 55 anni. Immancabile il ricordo per
Giosuè Poli
,
«
uno dei capisaldi della mia formazione sportiva e umana
». Dopo aver descritto la sua attività di commissario tecnico delle nazionali italiana, francese e brasiliana, ha sottolineato l’importanza di lavorare con entusiasmo e con un gruppo sereno e motivato.
«
Bisogna puntare tantissimo sulla crescita del settore giovanile in tutte le categorie sportive ed è davvero inutile pensare al modello Spagna perché se c’è un modello da seguire è uno ed uno solo ovvero l’allenatore
- ha commentato Massari, oggi
direttore della SIPAR (Scuola Italia di Pattinaggio a Rotelle) -
in generale nello sport italiano non c’è un pari merito tra allenatore ed atleti in quanto gli atleti che raggiungono gli obbiettivi ricevono dal CONI la medaglia d’oro al valore atletico, mentre gli allenatori che portano al successo tali campioni nulla
».
Massari si è poi soffermato sulla figura dell’allenatore, spesso oggetto di vessazioni mediatiche. Dopo aver attuato una scelta, anche non tecnica, ma di gestione del gruppo, questa può non essere condivisa, secondo Massari, ed a volte contrastata per vari motivi da altri componenti del gruppo come giocatori e dirigenti. Possono essere le vittorie ottenute nel tempo con atleti e squadre diverse possono attribuire all’allenatore l’etichetta di validità che può essere subito rimessa in discussione a seguito di una serie sfortunata di poche gare perdute.
«
Allenatore deriva dal verbo “allenare”, è dunque una persona preposta all’allenamento attraverso esercitazioni metodiche
- ha concluso -
ha il diritto e il dovere di fare rilevare gli errori, soprattutto il diritto di saper dire no in determinate circostanze che possono influire negativamente sul risultato della gara
».
Nel corso della serata, sono stati consegnati per l’anno 2010 il Premio Fair Play e il Premio Giosuè Poli, istituito nel 1977 in omaggio all’illustre concittadino Presidente Nazionale della FIDAL.
© Riproduzione riservata
Autore:
Andrea Teofrasto
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alba talba
28 Settembre 2011 alle ore 14:28:00
Letto non in maniera appropriata. E' la risposta al "de che" che può condizionare la valutazione (positiva o negativa). Per esempio, la nostalgia del fascismo o del comunismo realizzato la caratterizzerei come negativa.
Rispondi
Psicologo
27 Settembre 2011 alle ore 20:09:00
Leggo "NOSTALGIA" come fosse un qualcosa di negativo. Secondo uno studio inglese rimpiangere il passato aiuta gli adulti ad affrontare il presente. Considerata una malattia fino al secolo scorso, questa sensazione è stata rivalutata da Baudelaire. PUO' riaffiorare mentre siamo felici, anzi, spesso è proprio stimolata da emozioni forti. La nostalgia torna a galla per ricordarci che abbiamo un passato. E che quello che abbiamo vissuto ha avuto senso per noi. Secondo il professor Constantine Sedikides, direttore del Centro di ricerca sull'identità personale dell'Università di Southampton, Regno Unito, non si tratta di una debolezza ma di una risorsa: "Le persone nostalgiche sono in realtà le più forti, perché capaci di rimettere insieme i pezzi del passato e fare della vita un percorso compatto".
Rispondi
alba talba
27 Settembre 2011 alle ore 18:45:00
Sodoma, Gomorra, forse vi lega un "fil rouge" che definirei: NOSTALGIA. De che??
Rispondi
Sodoma
27 Settembre 2011 alle ore 09:03:00
Nonostante la religione, lo sport, il volontariato, l'impegno politico, il lavoro, lo studio, la vita sentimentale, il risultato, a guardarsi bene in giro, è uno stato "Involutivo". Pessimismo? A me sembra REALTA?!
Rispondi
Gomorra
26 Settembre 2011 alle ore 22:05:00
Le masse non "usano" l'oppio, glielo amministrano lentamente fino a renderli tossici-dipendenti. Si inizia la somministrazione già da bambini, lentamente, poi il gioco è fatto. Questo è sempre stato il vero gioco della vita delle masse, fortunati quelli che ne escono fuori ma, di solito, è sempre tardi.
Rispondi
alba talba
26 Settembre 2011 alle ore 11:15:00
La Religione, lo Sport, il Volontariato, l'impegno politico, il lavoro, lo studio, la vita sentimentale sono TUTTI momenti della vita. Nessuno escluso. Il mix tra tali momenti può essere il risultato della "stato evolutivo" di ciascuno di noi o, magari, della società nella quale viviamo. Ho la sensazione che nella società attuale potrebbe essere più problematico, rispetto ai tempi di Karl, usare a mo' di oppio, un qualsivoglia momento della vita.
Rispondi
Babi Lonia
25 Settembre 2011 alle ore 20:41:00
Marx diceva che la religione è l'oppio dei popoli. È possibile, oggi, immaginare che sia lo sport a ricoprire questo ruolo di "oppio dei popoli", visto il bombardamento, cui siamo sempre sottoposti, da parte dei media, di immagini sportive? Non potrebbe trattarsi di un bombardamento capace di distogliere gli interessi e l'attenzione delle persone da cose e questioni più importanti per l'opinione pubblica? O soltanto "pane e circo" senza citarlo in latino?
Rispondi
GUY FAWKES
25 Settembre 2011 alle ore 13:21:00
Non condivido alcuni passaggi dell'intervento del, pur ottimo, prof. Massari. Emerge, dalle sue parole, una figura di allenatore che impronta la sua carriera sull'affermazione, sulla conquista, sull'imposizione. Vengo a motivare la mia eccezione. FISICA SOCIALE la chiamava Auguste Comte: eventi calcolabili come le traiettorie di un biliardo; e l'idea aiuta l'analisi dei fenomeni, ad es. sull' ETICA dell'allenatore. Formuliamola: a parte le passioni collettive , furiose , lo sport muove interessi economici forti; è pensabile una gestione etica dell'avvenimento agonistico? Evidentemente NO. Infatti, l'attuale FIERA sportiva (soprattutto gli sport di squadra) ha visto la comparsa di una nuova figura , degenerazione di quella ETICA dell'allenatore ( inteso come MAESTRO di SPORT) che chiameremo l'ALLENATORE FALSO-NUOVO. Ma chi sono costoro e quale è la loro funzione? Oggi li appellano, eufemisticamente, come GESTORI di uomini e si tratta di atleti che per ragioni d'età stanno terminando o hanno già finito la loro carriera sportiva. Tali surrogati, non avendo praticato un “percorso”, non hanno sviluppato la capacità di insegnare a fare. Si tratta, in sintesi, di soggetti utili per alimentare quel PROFESSIONISMO PARASSITARIO che tiene in piedi l' establishment sportivo fatto di flussi di denaro e assenza di anima. Ma, in realtà, cosa è un ALLENATORE e su cosa si basa la sua formazione (etica professionale)? Essa si fonda su tre dimensioni portanti attorno alle quali si costruisce la sua professionalità: 1) incremento della conoscenza di sé 2) rapporto comunicativo con gli atleti 3) obiettivi dell'allenamento. Il punto 1, si riferisce al ruolo dell'allenatore come GUIDA. Per svolgere bene questa funzione sono determinanti i diversi modelli di autorità che sono stati interiorizzati dall'aspirante allenatore, a cominciare dal ruolo dei genitori, degli insegnanti e quindi degli istruttori o allenatori sportivi. Il grado di adesione/identificazione piuttosto che di opposizione/rifiuto rispetto ai modelli incontrati sono gli elementi portanti sui quali si basa la formazione del modello di allenatore che l'individuo intende diventare. Il punto 2 si riferisce al tipo di rapporto con i propri atleti. Su questo punto mi trovo in disaccordo con il prof. Massari: il vero maestro di sport considera i suoi atleti come individui da valorizzare, considerare, e ascoltare per ottenere il meglio delle loro capacità e non persone da comandare e muovere in funzione di una personale strategia. Il punto 3, infine, riguarda il contesto sportivo nel quale calare l'allenamento: vincere LEALMENTE ed EDUCARE alla vita costruiscono la dimensione ideale. E' evidente che lo sport-BUSINESS promuove l'etica che “santifica l'amicizia” (allenatore falso-nuovo) e ripudia l'etica del “traditore” Alcibiade che cambia più volte casacca per salvare la propria, di uomo di VALORE che sta al servizio solo di chi rispetta il suo genio, di chi compra il suo TALENTO ETICO….appunto…l'ALLENATORE!!!
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