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L'autobiografia di Michela Marzano a Molfetta: “Volevo essere una farfalla”, la lotta contro l'anoressia
01 marzo 2012

MOLFETTA - Non è una semplice autobiografia. È molto di più. È più di una confessione coraggiosa «Volevo essere una farfalla» (edito da Mondadori, Collezione Strade Blu), libro scritto dalla filosofa e scrittrice Michela Marzano (nella foto al centro), presentato nella Sala Finocchiaro dall’Associazione socio-culturale “La Voce di Sant’Andrea”.
Il libro è un mettersi a nudo di fronte di fronte ai lettori, condividendo con candore e audacia un’esperienza privata e personale. Dunque, si tratta di un “libro filosofico”, di un flusso di coscienza meticoloso il cui tema centrale riguarda un profondo dolore che conduce l’autrice nel tunnel oscuro dell’anoressia, malattia combattuta e vinta «smettendo di volere a tutti i costi fare contente le persone a cui si vuole bene».
Voler essere sempre all’altezza, voler raggiungere la perfezione in tutto, voler dimostrare al mondo e ai propri cari di valere è una battaglia persa in partenza. Il segreto, come insegna Michela Marzano, risiede nell’essere accettati per come si è e non per come ci si sforza di apparire. Soltanto attraverso l’esteriorizzazione autentica della propria persona, si può per essere amati.
In fondo, l’autrice voleva solo essere una farfalla leggera, per allontanarsi dalla «pesantezza del dover essere» che la costringeva ad apparire perfetta agli occhi di un padre che non capiva e non comprendeva la sua vera essenza. Pur rimaste impresse le ferite, col tempo s’impara a far pace con se stessi, ad accettarsi così come si è e ad amarsi in tutte le possibili sfaccettature. Da qui nasce la consapevolezza che è inutile distruggersi e annientarsi per raggiungere una perfezione ideale.
All’incontro hanno partecipato docenti di spicco, come il prof. Nicola Costantino (rettore del Politecnico di Bari) che ha centrato il suo intervento sulla dicotomia dovere-amore, tramutata poi in dovere-piacere. A prevalere nel racconto è il senso del dovere, che prevarica sulla possibilità di lasciare fluire le passioni, conducendo il corpo e la mente all’estrema sofferenza da cui è possibile uscire solo attraverso un equilibrio umano e intellettuale. E questo la Marzano lo ha ben capito. Per vivere non bisogna essere obbligati a portarsi dietro il fardello della propria ferita. Si deve imparare a convivere con questa «frattura come segno tangibile di umanità».
Con lo scorrere delle pagine si giunge alla consapevolezza che solo perdendo di vista il filo rettilineo della razionalità e non demonizzando le passioni, si possono apprezzare le cose nella loro vera essenzialità. Legato all’amore non è soltanto il dovere, ma anche la verità. Questa ulteriore dualità è inscindibile perché entrambe non cessano mai di sfuggirci, non possono essere tenute sotto controllo e conosciute nella loro totalità. C’è sempre qualcosa che sfugge al controllo dell’uomo. E ciò che accade anche in amore, sentimento che può portare alla strumentalizzazione dell’altro, rendendolo oggetto di desiderio e offuscandone l’alterità.  
Un’altro importante argomento, sui cui si è soffermato il prof. Gaetano Vento (docente ordinario di Diritto del Lavoro alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bari), è la differenza tra amore (sentimento oggettivo) e verità (continuo sforzo oggettivo).
Definendolo come un «libro del voler essere», la prof.ssa Francesca Romana Recchia Luciani (docente di Storia della Filosofia Contemporanea all’Università di Bari), ha introdotto un altro tema apparentemente molto antico, ma quanto mai attuale. Si tratta della dimensione del corporeo. Il corpo è considerato come universo cognitivo da percorrere per poter giungere alla conoscenza. È dal corpo che s’inizia a filosofeggiare, a problematizzare per far fronte alle difficoltà dell’esistenza. In questo la filosofia aiuta l’uomo a superare la fase del “perché”, introducendolo in quella del “come fare” a trovare una soluzione.
Ma anche se Michela Marzano non offre ricette universali per la felicità, soluzioni precostituite valide sempre e per tutti, ci racconta come è riuscita a fare un passo avanti per poter andare oltre il sintomo, oltre il disagio. Il superamento di quel blocco si è realizzato quando è riuscita ad accettare i propri limiti e anche quella parte di sé depressa, senza negarla, ma con una ritrovata consapevolezza che le ferite non si cancellano mai, che restano parte di quello che siamo.
 
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Autore: Angelica Vecchio
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