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Io lavoratrice in smart working vi racconto la mia esperienza
15 ottobre 2020

Nothing is impossible. Non è stato semplice ma abbiamo compreso che si può fare. Difficoltà iniziali, tante, ma anche tanta buona volontà ed un legittimo senso di rivalsa verso chi vestiva le spoglie della Cassandra di turno. Smart working, what is? Sembrano giorni lontani, eppure mai come ora sono pericolosamente vicini quelli di marzo, quando siamo stati catapultati in una realtà fatta di divieti, limitazioni, restrizioni anche per acquistare generi di prima necessità. Il lockdown ci ha ristretto tra le pareti domestiche, limitate al massimo le relazioni sociali, la vita ed il lavoro. In men che non si dica è stata limitata l’apertura di attività commerciali non “fondamentali” e l’accesso al lavoro in uffici pubblici e privati. Costretti a portarci a casa l’ufficio, abbiamo dovuto fare di necessità, virtù. Ricordo il momento in cui ho saputo di dover rimanere a casa ed essere in “lavoro agile”. Era molto presto quella mattina e, come ogni mattina, ero sul treno regionale che utilizzavo per potermi recare al lavoro. La mail era stata inviata durante la notte e non avevo ancora letto la posta elettronica. Mi reco ugualmente in ufficio e trovo tutti i miei colleghi, spaesati come me. Il tempo necessario per prendere documenti, salvare files sulle pen drive, annaffiare le piantine nel mio ufficio, abbassare le tapparelle, un saluto veloce senza abbracciarci, percorrere mestamente quel corridoio sul quale si affacciano gli altri uffici, scendere i sei piani a piedi, per prolungare il momento del saluto dall’edificio con quel senso di incertezza e di addio che pesava. Bari sembrava più bella quel giorno di sole di marzo, quasi a volersi rendere indimenticabile, quasi a voler mancare. Ed è mancata, come sono mancati i colleghi, i panini mangiati velocemente assieme, gli utenti che varcavano l’ufficio per ricevere informazioni sulla situazione lavorativa. Li vedevo illuminarsi o disperarsi, a seconda della situazione, poi non li ho visti più e mi sono mancati anche loro, come non ho visto gli altri pendolari. Per settimane mi sono chiesta come stessero e se li avrei rivisti. Lo smart working ci ha permesso di continuare a lavorare, di garantire servizi e diritti ai cittadini che, con le loro tasse, pagano il mio stipendio di dipendente pubblico. Ed abbiamo capito che si può fare. Le difficoltà ci sono state e ci sono, ma sembrano lontani i primi giorni costellati da problemi per le connessioni in remoto, interminabili attese ai numeri dell’Help desk dell’assistenza, le frasi di incoraggiamento reciproche. Lo smart working è diventato prassi comune, i tempi lavorativi e della vita privata sono cambiati, ma era necessario. Siamo stati fortunati a poter continuare a lavorare e gestire il lavoro che è diventato più agile, grazie a trasferimenti di chiamata, gruppi di whatsapp che hanno permesso di continuare a rimanere connessi. Non sempre gli utenti hanno compreso di dover rispettare i tempi di lavoro e spesso è capitato di dover rispondere ad orari e giorni dedicati al riposo, ma sempre con educazione e rispetto reciproco per il lavoro e per il tempo di incertezza che stavamo vivendo. Abbiamo capito che questo modus lavorativo, già utilizzato in maniera sporadica, potrebbe essere adottato a prescindere dalla situazione di emergenza. La presenza in ufficio è stata contingentata: una sola persona al giorno e a rotazione, che aveva il compito di supportare i colleghi in smart working. Tutto è bene, ma corre l’obbligo ribadire che nulla può sostituire il contatto umano, i sorrisi, gli abbracci e tutto quello che permette un clima sereno e collaborativo. In questi mesi, attaccati alle batterie di smartphones, notebook, abbiamo lavorato, sorriso, festeggiato compleanni ed abbiamo condiviso preoccupazioni per i nostri cari ed anche il collega restio a socializzare, ha dovuto cedere alla tecnologia, dapprima per necessità di lavoro, poi si è lasciato andare e condiviso pensieri e foto del primo compleanno della nipotina. Non è stato semplice, come ogni nuova esperienza ma non è stato neanche impossibile. Siamo tornati in situazione di emergenza e questo vuol dire che lo stato di cose, probabilmente, sarà prorogato ben oltre il 31 gennaio 2021.Quando tornavo in ufficio, ero lieta di notare che anche gli altri pendolari stavano bene. Tornavo in ufficio e prestavo poche cure alle mie piantine: toglievo qualche foglia, le spostavo alla luce, mettevo un po’ d’acqua e ne lasciavo un po’ nel sottovaso, sempre così, una volta alla settimana per tutti questi mesi. Poche attenzioni, sono sopravvissute e mi sembrano più rigogliose. Prendo esempio da loro: basta poco per sentirsi e lavorare bene. © Riproduzione riservata

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