Recupero Password
Inquinamento bellico da armi a caricamento speciale. Guglielmo Facchini: danni alla salute e al mare
15 luglio 2011

Inquinamento bellico a Molfetta, emergenza ambientale insabbiata, sottovalutata da politica e cittadinanza per molti decenni. Potenziali i rischi per bagnanti e pescatori. L’Ispra di Roma ne ribadisce la pericolosità: contate in 35 miglia di mare quasi 20mila bombe di aereo a iprite e 800mila a caricamento convenzionale, oltre a migliaia di fusti contenenti i veleni più vari. Anche lo studio Achab dell’Icram nel 1999 ha rilevato il rilascio di sostanze chimiche da parte degli ordigni corrosi in mare, mentre l’Università di Napoli ha individuato arsenico, lewisite e altri agenti chimici. Tutto inesistente per Arpa Puglia, che avrebbe eseguito le sue analisi in una zona diversa dalla cosiddetta “zona delle munizioni”, dove nel 1946 gli alleati scaricano quasi 20mila ordigni a caricamento speciale, come dimostrano gli archivi militari britannici e alcune fonti attendibili. Come mai le analisi sono state eseguite in zone diverse da quelle imputate? Protezione delle istituzioni e delle amministrazioni locali impegnate nella costruzione del porto? Com’è possibile che istituti accreditati per la ricerca e la protezione dell’ambiente abbiano pareri contrastanti su una problematica così importante, confermata da storia bellica recente e patologie accusate negli ultimi anni da marinai e bagnanti di Molfetta? Dal 1950, 232 sono stati a Molfetta i marinai colpiti da vari disturbi, 5 in modo letale. Rinvenuti durante la bonifi ca del fondale portuale, alcuni ordigni a caricamento speciale potrebbero essere stati fatti esplodere in mare per errore, insieme a quelli a caricamento convenzionale (esplose circa 50 bombe al fosforo in una cava di Corato nel mese di giugno). Quindici vuole riaccendere i fari sull’inquinamento bellico a Molfetta, verità scomoda e poco produttiva, per questo troppe volte negata dalle istituzioni. Quindici, primo giornale ad occuparsi di queste vicende, torna sull’argomento con un’intervista al dott. Guglielmo Facchini, che si occupa della materia già da alcuni anni e dal 2009 appoggia i marinari molfettesi nel condurre la battaglia per la salvaguardia dell’ecosistema marino e la tutela della loro salute e dei cittadini. Iprite, dunque, il vero problema del mare di Molfetta, non l’alga tossica che infesta da qualche anno le coste pugliesi, spesso imputata degli strani casi d’intossicazione. 2 dicembre 1943, affondamento nel porto di Bari di 3 navi angloamericane cariche di iprite. Dott. Facchini, l’inquinamento bellico a Molfetta parte da questo evento storico? «Senza dubbio. Le navi affondate a Bari nel ’43 non contenevano solo iprite, ma anche altri agenti chimici, oltre al napalm, arma liquida esclusivamente di produzione americana, usato per la prima volta nel ‘44 in pianura Padana e poi nella guerra del Vietnam. Churchill, dopo la disfatta della fl otta alleata a Bari, pari, se non più grave, a quella di Pearl Harbour, ordinò il segreto di stato sul disastro della fl otta e sull’inquinamento da iprite e da altri aggressivi chimici di produzione angloamericana, a tale punto che per suo ordine diretto furono lasciati morire 843 soldati alleati, le cui divise erano intrise d’iprite, oltre a italiani per intossicazione acuta. Sempre per ordine di Churchill, nel dicembre del ’43, fu affondato di notte, in gran segreto, al largo delle coste di Molfetta, tutto ciò che non era esploso a Bari». Come fu organizzato l’inabissamento? «Nel 1945 fu costruita una prima rampa di carico a Cala San Giacomo. A villa Emma (Contrada Lago Tammone, ndr), fu stabilito dal primo inabissamento del 1943 il comando angloamericano che diresse tutte le operazioni. Vi rimase fi no al 1946, quando si concluse l’inabissamento nel mare di Molfetta di decine di migliaia di bombe a caricamento speciale ritenute obsolete dalle forze alleate. In una stanza di Villa Emma al terzo piano fu conservato un campionamento di tutto ciò che inabissarono. I proprietari non hanno potuto accedervi per oltre 25 anni, sebbene le fi nestre e la porta del terrazzo fossero state lasciate aperte. La puzza era tale che si perdeva conoscenza. La fi glia maggiore è misteriosamente deceduta in giovane età nel 1987, con una rarissima forma di carcinoma che oggi conta solo sei casi al mondo. Inoltre, il trattato di pace con gli alleati, in particolare con gli USA, fi rmato subito dopo la fi ne del secondo confl itto, obbligò l’Italia a assumersi le responsabilità di tutta la produzione di armi speciali, compresa quella degli alleati, e dei relativi danni delle armi chimiche, proibite in Europa dalla convenzione di Ginevra. Purtroppo, queste armi furono utilizzate dagli italiani in Libia e Etiopia. E questa è la verità storica uscita degli archivi militari britannici. La verità, quella delle loro responsabilità, doveva essere tenuta nascosta». quale contenuto per le bombe inabissate nell’Adriatico e nel mare di Molfetta? «Iprite, fosgene, difosgene, cloro, cloripicrina, fosforo bianco, mustards gas e barili contenenti arsenico, cianuro, cloruro di cianogeno e altri aggressivi chimici, come lewisite e adamsite. In tutto 26 veleni. Quattro furono i siti di scarico a un minimo di 450 metri (la cosiddetta “zona delle munizioni”, ndr), profondità non rispettata perché i marinai assoldati per le operazioni di carico e affondamento di ordigni a caricamento speciale, anziché scaricare nei siti predestinati, li collocarono sottocosta, perché pagati a viaggio. Per le operazioni alla prima e terza cala (Torre Gavetone, ndr) furono allestite altre rampe di carico, di cui i bambini di Molfetta di allora, ne conservano viva memoria e le cui foto sono reperibili negli archivi militari di Londra». Sono stati inabissati anche altri tipi di ordigni in epoca recente? «Purtroppo negli anni 1970 sembrerebbe, anche ordigni nucleari, ritenuti obsoleti dagli americani, inabissati negli stessi siti interessati nel 1945, ossia al nord e sud del Gargano e a sud di Ostuni, mentre nella guerra del Golfo e del Kosovo bombe a grappolo, cluster e all’uranio impoverito sono state scaricate nel mare Adriatico, comprese le coste di Molfetta, perché la convenzione Nato proibisce l’atterraggio di aerei con le bombe inesplose al ritorno dalle missioni. Cousteau, sempre negli anni ’70, a bordo della nave per ricerche oceaniche, la Calypso, rinvenendo tracce d’iprite, cianuro e arsenico nel mare di Molfetta, affermò che il pescato sarebbe diminuito con gli anni, com’è poi accaduto. Molfetta era conosciuta in passato, dai pescatori come la “conca d’oro”. Ora è un deserto, in cui specie stanziali e migratorie sono pressoché scomparse. Inoltre, proprio nelle aree dell’inabissamento, è stata individuata l’alga killer Osteopsis Ovata come in tutti i siti in Italia inquinati dalle stesse bombe». È possibile distinguere un caricamento speciale da uno convenzionale? «È quasi impossibile. Le decine di migliaia di tonnellate di veleni e armi chimiche, prodotti in Italia, erano collocati in ogive che avevano la stessa forma delle bombe a caricamento convenzionale, tipo tritolo e dinamite, e distinte da una banale etichetta di metallo che ormai si è corrosa con l’azione del sale marino. Moltissime di queste bombe a caricamento speciale, confuse con le bombe a caricamento convenzionale, sono state fatte esplodere dal 2008 ad oggi in mare, provocando centinaia di spiaggiamenti di tartarughe marine, delfi ni, tonni, con la completa scomparsa delle specie stanziali, commestibili e non, e migratorie, in particolare dal 2008, proprio con l’inizio della bonifi ca dei fondali a Molfetta». quanto tempo si potrebbe impiegare per la bonifi ca completa? «Non è importante il tempo, è necessario farlo, perché l’Adriatico si sta trasformando in una pozza di veleni e la corrosione dei contenitori ha accresciuto la possibilità delle esposizioni». Principali vittime sono i pescatori. Dott. Facchini, quali sono i sintomi dell’inalazione di sostante chimiche cancerogene, come l’iprite? «Piccole esposizioni continuate possono arrecare all’inizio problemi a polmoni (dispnea e cianosi, ndr) e reni, in base ai veleni inalati, occhi gonfi che lacrimano, offuscamento della vista, bolle piene di siero, urine piene di sangue. In seguito, si possono sviluppare carcinomi, linfomi e leucemie e la morte può avvenire per insuffi cienze respiratorie o renali, per tumori della pelle, dei polmoni o del fegato. Limitate esposizioni possono provocare anche mutazioni genetiche, trasmesse alle future generazioni, senza degenerare in sintomatologie acute o in tumori». Nel 2008 alcuni pescatori di Molfetta hanno accusato patologie come piaghe e ustioni, provocate, secondo le prime versioni del Policlinico di Bari, da un’esposizione a iprite. Eseguiti altri esami, gli interessati ne attendono i risultati: in un servizio del TG2 Dossier (2010), Arpa Puglia e Policlinico si rimpallano la responsabilità del mancato recapito. quegli esami, ancor oggi, non si trovano. «Ho fatto sottoporre i mariani ad alcune analisi strumentali. Tutti avevano le stesse patologie a cute, occhi, polmoni e non sappiamo se svilupperanno poi carcinomi al fegato e ai polmoni, o leucemia e linfomi. Quegli esami sembrano siano stati smarriti. Credo che gli interessi per la costruzione del porto e il segreto militare abbiano provocato il mancato recapito. Il segreto militare li ha smarriti, diciamo così». Sono state presentate delle interrogazioni parlamentari? «A luglio 2010 ho presentato il testo di un’interrogazione al parlamento regionale, ma nessuna interrogazione è stata fatta. Allora, nel novembre 2010 ho passato al giornalista Gianni Lannes l’interrogazione, poi presentata dallo stesso alla Camera dei Deputati, rivolta al Ministero dell’Ambiente, alla Marina Militare e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Chiedevamo il riconoscimento dello stato di calamità, gli indennizzi per malattia dovuta a cause professionali, il ripristino a Molfetta del “Parco nazionale della Posidonia Oceanica San Vito di Barletta” (dove è collocato il nuovo porto, ndr) per ricostruire la catena alimentare. Soprattutto, la bonifi ca di tutti i siti inquinati in Italia, fi no a ora 26, tra cui Molfetta, Manfredonia, nord e sud del Gargano, Ostuni, Lago di Vico, Lago Maggiore, Pesaro, Ischia, siti vicino Foggia, Colleferro a Roma, la Maddalena, la Teulada in Sardegna, le Isole Tremiti, Capo Miseno a Napoli, Vieste, Ortona, Pescara, Teramo, Rimini, Aviano. Grazie all’eccellente lavoro svolto instancabilmente da Matteo D’Ingeo del Movimento Liberatorio Politico di Molfetta, che da anni si occupa del problema, insieme ad altri, aggregatisi solo successivamente, in altri Comuni, è nato nel marzo 2011 il “Coordinamento nazionale di bonifi - ca dalle armi chimiche”, cui ha anche aderito il Circolo Nazionale di Legambiente. Il Coordinamento ha posto richieste pressoché similari al Senato in un’interrogazione dello scorso 2 maggio ed ha agito per conto di tutti i Comuni aderenti, per cui ha anche avanzato altre richieste». Il 27 luglio 2010 una donna, dopo aver trascorso una giornata a Torre Gavetone, ha avvertito un bruciore non consueto all’apparato vaginale: riscontrate infi ammazioni esterne e interne, è stato necessario un intervento chirurgico. Stessa sintomatologia per un altro bagnante dopo 24 ore. Dott. Facchini, il mare di Molfetta è sicuro? Cosa accadrebbe a un bagnante entrato in contatto con un agente chimico? «In base alla sostanza e alla quantità, se adeguata, la vittima può ustionarsi o, se l’inalazione è in grandi quantità, morire per soffocamento. Se le esposizioni sono brevi, ma continuate, la vittima può avere problemi sulla pelle e agli occhi, come tutti i nostri marinai sanno. Ho avuto l’anno scorso, cinque casi di ustioni da iprite, subite dai bagnanti che, dopo aver camminato sulla sabbia, o sedutisi per pochi minuti, hanno avvertito il classico corredo di sintomi, manifestazioni e dolore delle sostanze vescicanti. Quella donna forse si è contaminata con il fosforo bianco che produce acido solforico a contatto con ossigeno e acqua o forse con iprite. Ad esempio, quando i pescatori inalano i vapori delle reti salpate a bordo, avvertono bruciore alle congiuntive, alle mucose del naso, alle vie respiratorie, con conseguente mancanza d’aria e soffocamento, per poi perdere conoscenza, com’è successo a alcuni pescatori di Molfetta a partire dal 2008. E questo accade anche nei mesi invernali. L’alga killer non c’entra nulla». Insomma, l’inquinamento bellico ha intaccato fortemente la piccola pesca di Molfetta (la fauna marina, come la Posidonia Oceanica, è ormai inesistente) e resa insostenibile la fruizione del mare da parte dei bagnanti negli ultimi anni, soprattutto da quando è partita la bonifi ca dei fondali nel 2008, nella zona antistante la costruzione del nuovo porto commerciale. «Verissimo. Un’ultima precisazione: non dobbiamo pensare che gli ordigni a caricamento convenzionale non siano dannosi. Il tritolo di queste bombe a contatto con l’acqua produce acido nitrico, che abbassa il ph del nostro mare. Lo stesso accade con l’anidride carbonica che produce a contatto con l’acqua di mare acido carbonico. Quest’abbassamento di acidità provoca la morte di diverse specie viventi, come molluschi che non riescono più a riprodursi perché il loro carapace è sciolto dall’abbassamento del ph. Ad esempio, anche i pesci che hanno vissuto a contatto con l’iprite presentano gravi lesioni epatiche e alterazioni al tegumento, come i nostri marinai. Per questo, di fronte all’omertà di certa stampa e al silenzio delle istituzioni, è opportuno informare il cittadino che disconosce questo gravissimo problema».

Autore: Marcello la Forgia
Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2024
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet