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“In nome del decoro”, il dualismo del pubblico-privato Dal libro di Carmen Pisanello alla vicenda della Muraglia
15 dicembre 2017

Sicurezza e libertà: questa la dicotomia che si collega al dualismo del pubblico-privato e che calza a pennello con l’ordinanza n.41979, emanata dal sindaco Tommaso Minervini, che ha scosso un po’ tutti a Molfetta, in quanto, con l’attenuante di regolamentare l’accesso alla Muraglia in determinate fasce orarie, di fatto priva la cittadinanza della fruizione di uno spazio pubblico di rilievo non solo in occasione delle feste cittadine come quella patronale o come le festività pasquali, ma anche nella quotidianità. Non è quello molfettese l’unico caso in cui l’attenuante del decoro, con la conseguente privatizzazione dei luoghi pubblici, mina la libertà dei cittadini: si tratta di un fenomeno dilaniante che sta prendendo piega in tutti gli Stati occidentali e da cui trae spunto il romanzo di Carmen Pisanello “In nome del decoro”. Nella Sala Stampa di Palazzo Giovene, l’autrice presenta il libro, acquisibile in loco, dialogando con Giacomo Pisani, dottore di ricerca in Filosofia e Sociologia del Diritto presso l’Università di Torino e redattore di “Quindici” insieme a Gabriele Vilardi, copromotore della petizione per la riappropriazione della Muraglia, che conta già un migliaio di firme. Secondo Giacomo Pisani «nella società capitalistica la tendenza alla neutralizzazione dei comportamenti che fuoriescono dagli schemi dell’ordine e della presentabilità, ovvero la tendenza all’emarginazione di tutti quei soggetti che il meccanismo neoliberale non riesce ad ingranare al suo interno, attraverso norme punitive che vanno via via inasprendosi, si configura come un atto politico che associa al privato la dimensione dell’ordine, della produttività, della sicurezza e al pubblico la dimensione del disordine, della sporcizia e dell’improduttività». Opinione che non si discosta da quel che emerge dal romanzo di Carmen Pisanello che, inserendosi nel percorso di laurea in Scienze della comunicazione dell’autrice, ha un’impronta prettamente comunicativa ed oltre ad illustrare la genealogia del decoro, ne analizza le modalità tramite le quali esso viene trasmesso. «L’emanazione di decreti, tra cui anche il recente decreto Minniti, che sottopongono al controllo comunale gli spazi pubblici, si è avviato negli anni ’90 negli Stati Uniti e sembra inarrestabile», spiega l’autrice. Punire i comportamenti scorretti con adeguati provvedimenti fa onore a chi prende in causa la vita pubblica di una città, o più in generale di uno Stato, ma quando la punizione sfocia nella criminalizzazione diventa una situazione problematica: i soggetti in questione, si pensi ai giovani che commettono atti vandalici, alle prostitute, ai senzatetto, per quanto spregiudicati possano essere, sono pur sempre esseri umani che hanno una reputazione, dei sentimenti, dei diritti e dei doveri. I decreti emanati emarginano queste persone dalla vita pubblica, allontanandole dai luoghi centrali del comune in cui vivono, ma si prendono cura sul piano morale e psicologico di questi soggetti? A che scopo, vista la presenza di dormitori, i senzatetto preferiscono trascorrere le notti sulle panchine? Ci si è mai chiesti in che condizioni precarie si trovano i suddetti dormitori? Assodato che un’amministrazione comunale che si rispetti, ha il dovere di provvedere a rendere vivibili gli spazi cittadini così come la stessa cittadinanza ha il diritto di goderne, la reale intenzione di chi detiene il potere è quella di essere garanti dell’ordine e della sicurezza pubblici o quella di fornire all’esterno un’immagine idealizzata della propria città? Si evince, fatte tali premesse, che queste ordinanze abbiano una forte valenza politica, mirata a fare del centro di una città un ritorno della reggia di Versailles di Luigi XIV, e delle zone periferiche della stessa luoghi in cui il degrado e l’abbandono sono visibili lontano un miglio. D’altronde di Molfetta si può dire lo stesso: basterebbe elencare le differenze che intercorrono tra lo stato in cui è tenuta la Villa comunale e quello in cui sono ridotte le villette nei pressi della parrocchia “Sant’Achille”. Quando i propri interessi e i propri guadagni verranno messi da parte per lasciare spazio alla gestione di quel che è di tutti, piuttosto che fornire l’immagine distorta di una città che perfetta non è, si potrà affermare di essere veramente liberi. © Riproduzione riservata

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