Immigrati discriminati per la cittadinanza
Pensiamo ad un ragazzino che è nato in Italia e vive in Italia: tifa il Milan, è un fan di Vasco, esce ogni sabato per una pizza con gli amici, conosce il dialetto. Non si potrebbe sentire più italiano di così, eppure sulla carta non lo è. Infatti in questo periodo l’Italia ha visto numerose proteste da parte degli immigrati che reclamano la possibilità di avere la cittadinanza per la sola nascita nel Paese. Si tratta dello ius solis (nascita sul suolo), in vigore in Francia, Paesi Bassi, Belgio, Regno Unito, Stati Uniti, Brasile e Argentina; nel nostro Paese invece si resta ancorati allo ius sanguinis, secondo cui i figli degli stranieri con permesso di soggiorno possono acquisire la cittadinanza solo raggiunta la maggiore età, certificando di aver frequentato la scuola dell’obbligo e di aver risieduto ininterrottamente in Italia. Tuttavia anche in questo modo non sempre si riesce a diventare cittadini o avendo difficoltà a dimostrare la veridicità dei requisiti, o per un’inefficienza della burocrazia. Intervistando un campione di molfettesi sono emersi diversi pareri. Uno degli interpellati giustifica la legge sostenendo che “anche i nostri antenati, emigrati in America, sono stati trattati in questo modo e in modo anche peggiore. Sono già troppe le concessioni che abbiamo fatto agli immigrati nel nostro Paese”. Altri fanno sottolineano l’importanza del raggiungimento della maggiore età “per essere consapevoli di una scelta che altrimenti verrebbe loro imposta” e “per essere abbastanza maturi da affrontare questa responsabilità”. Ci comunica invece scetticismo un funzionario del settore: “da un lato potrebbe essere giusto cambiare la legge, perché attualmente per i più è difficile ottenere la cittadinanza, d’altro canto è un rischio non indifferente in quanto si attirerebbe un maggior numero di stranieri e gli si darebbe forse troppa sicurezza; si rischia insomma di sfociare in una situazione come quella francese”. D’altro canto sono molto numerosi quelli contrari che auspicano invece all’attuazione dello ius solis. Si sostiene infatti che se la famiglia è ben integrata non c’è motivo per non riconoscere come italiani i figli. Figli quindi tecnicamente non italiani, che però nascono e crescono nella nostra società, adeguandosi quindi alla cultura italiana: non sembra un po’ un paradosso? Tra l’altro come suppone un intervistato “non potrebbe essere anche un modo per non perdere l’introito derivante dai permessi di soggiorno (che vengono riaggiornati periodicamente) e evitare le spese di sussidi concessi solo ai cittadini?”
Autore: Ornella Messina Giulia Maggio