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Il rumore della pace contro l’esplosione delle bombe
15 marzo 2022

La guerra in Ucraina a opera della Russia ha scatenato un moto di ripudio alla guerra, al conflitto armato, a favore della solidarietà. Molfetta, città della Pace, ha risposto presente grazie a raccolte di beni di prima necessità, una marcia per la pace degli studenti, l’accoglienza a profughi del conflitto. La pace non è assenza di conflitto, ma presenza di alternative creative per rispondere al conflitto - alternative alle risposte passive o aggressive, alternative alla violenza. Non so quanto la giornalista Dorothy Thompson sarebbe stata d’accordo nell’ utilizzo di questa sua affermazione, ma oggi di alternative alla violenza, alla guerra, al rifornimento di armamenti ne abbiamo bisogno tanto quanto della pace; soprattutto ora che la crisi russo-ucraina è diventata una vera e propria guerra fra Nazioni fatta di feriti, morti, profughi e che rischia sempre di più di trasformarsi in un conflitto internazionale senza esclusione di colpi. LE ORIGINI La guerra tra Russia e Ucraina non nasce il 22 febbraio scorso ma da una continua ed inesorabile evoluzione di uno scontro lungo 30 anni e che affonda le sue radici nella decisione da parte della Nazione con capitale Kiev di uscire sempre più dall’orbita d’influenza dello Stato ex Unione Sovietica. Dal 1991 infatti, l’Ucraina è stata oggetto, per esemplificare al massimo e non addentrarci in un trattato storiografico, di conflittualità dentro e fuori di essa tra chi avrebbe voluto porre fine all’influenza della Russia ed entrare a far parte col tempo dell’Unione Europea e chi invece riconosceva la necessità di rinsaldare i rapporti istituzionali ed economico grazie anche alla presenza, per ragioni di composizione storica e demografica in primis e militare in secundis, di russofoni all’interno dello Stato orientale. In 30 anni nessuna delle due anime ha avuto la meglio sull’altra a causa di una serie di motivi sintetizzabili in: fallimento delle promesse elettorali e diversità di intenti da parte dei vertici politici susseguitisi, instabilità della politica interna, debolezza politico istituzionale, conflittualità diplomatiche e di popolo, instabilità economica internazionale, azioni militari straniere all’interno dello stato ucraino. Il movimento arancione, le “piazze europee” da una parte, le richieste di autonomia di pezzi dell’Ucraina come la penisola di Crimea passata con la forza militare e non alla Russia, i conflitti armati e i referendum disconosciuti per irregolarità da parte della comunità internazionale delle repubbliche separatiste del Donbass e del Luhansk, hanno generato delle polarizzazioni che oggi ci portano a vivere una guerra senza se e senza ma, dove tutto l’Occidente rischia di diventare protagonista. I GIORNI NOSTRI Ciò che stiamo vivendo in questo inizio di 2022 è quindi l’effetto di un processo lungo e complesso, in cui la Russia ha deciso di premere sull’acceleratore trasformando un popolo e una Nazione in un campo di guerra con vittime e profughi. Sono 1 milione e 500 mila, numeri in continuo aumento, infatti i cittadini che in pochi giorni sono diventati privi di una casa, costretti ad abbandonare la propria terra per non perire sotto i colpi dei caccia, delle bombe Fab-500, di quelle a grappolo vietate dal diritto internazionale, dei lanciarazzi pesante multipli di fabbricazione sovietica T0S-1 (noto anche come Buratino), dei carri armati T-72 in grado di lanciare missili equipaggiati con testate incendiarie e termobariche. Quest’ultime vengono anche chiamate bombe a vuoto perchè risucchiano l’ossigeno dall’aria circostante per generare un’esplosione molto potente, con un’onda d’urto assai forte e che produce effetti altamente distruttivi. Numeri spropositati se considerati i tempi ristretti di questo conflitto che non sembra risolversi da un momento all’altro, e che di fatto fotografano una tragedia umanitaria che non può lasciare indifferenti. IL RUMORE DELLA PACE Nel frattempo tra le esplosioni delle bombe, delle sirene antiaeree che segnano la guerra e il rischio di diventare bersagli umani, la diplomazia internazionale vacilla, le pressioni europee e del versante Nato aumentano a partire dalle sanzioni economiche sempre più grandi nei confronti della Russia: il rischio di un conflitto internazionale, o addirittura nucleare, diventa sempre meno impossibile. Ciò porta necessariamente tutti quanti noi, cittadini privi di alcun potere decisionale ma non per questo privati di volontà e coscienza, decidere da che parte stare; non come mera forma di tifoseria verso uno dei due contendenti protagonisti, ma tra il dovere di agire o restare inerti, di reagire all’escalation del conflitto armato supportando l’invio di armi o ripudiando la guerra mobilitandosi in nome di un principio: il pacifismo. Ed è proprio qui che entra in gioco il rumore degli studenti e della cittadinanza attiva, il fragore della fratellanza, i rintocchi della campana della solidarietà che risuonano anche in una Molfetta che si risveglia dal torpore e ritorna a essere e sentirsi Città della Pace. Unirsi sotto un’unica bandiera e per uno scopo, convogliare le proprie forze per una causa, marciare fianco a fianco e manifestare da che parte della Storia essere, sono le risposte alternative e creative che la nostra comunità ha deciso di utilizzare per rispondere al conflitto, alla violenza, alla disumanità. Fulgido esempio di ciò è stata sicuramente la raccolta dei beni di prima necessità promossa dagli studenti e docenti dall’Itet “Gaetano Salvemini” di Molfetta a supporto dell’Associazione Italo Ucraina di Puglia e Basilicata e dal nome “I care, Molfetta per l’Ucraina”. Il “mi importa” di Don Milani memoria su cui si fonda la raccolta, non l’unica per fortuna sul territorio locale, ha portato in poco meno di un giorno a generare una mobilitazione trasversale tra mondo della società civile, sociale e non, permettendo così di raccogliere 200 pacchi tra alimenti, vestiti, medicinali che saranno inviati nei prossimi giorni alla popolazione ucraina fuggita dalla guerra. Gli stessi studenti, in associazione a tutti gli istituti scolastici superiori, grazie anche alla collaborazione dei propri professori, hanno deciso in contemporanea di organizzare una marcia della pace per il 7 marzo, il corrispettivo locale di quella nazionale che ha visto partecipi pochi giorni prima 50.000 persone, e di allargare l’invito a tutta la comunità cittadina. A tutto questo è necessario segnalare e riconoscere l’impegno e la posizione di questi giorni della Rete dei diritti negati, il coordinamento delle associazioni locali nato per promuovere azioni di educazione, formazione e promozione per il rispetto dei Diritti Umani, e del Comune di Molfetta che si è fatto trovare pronto e disponibile nell’accogliere i primi fratelli e sorelle ucraini giunti da aree del conflitto armato. Una menzione speciale va certamente al viaggio della Speranza realizzato il 9 marzo da Don Gino Samarelli grazie a donazioni, autofinanziamento e supporto della Diocesi assieme ai servizi sociali del Comune di Molfetta oltre al Sermolfetta. Ciò ha permesso di far giungere sani e salvi nella Città della Pace 45 persone (tra cui 1 neonato) dopo essere fuggite dalla guerra in Ucraina. Un gesto straordinario quello di Don Gino che però lo considera qualcosa di piccolo rispetto a quanto dovrebbe essere fatto per una tale tragedia umanitaria. Armarsi di buone azioni. Praticare la non violenza. Riconoscere la pace come una forza anzichè una debolezza. Ripudiare la guerra così come sancito dalla nostra Costituzione. Sentire di essere cittadini del mondo, il cui credo è far del bene. Ritornare a quel minimo comune denominatore che è la nostra umanità. Potrebbero essere queste le “armi” a disposizione dei popoli in grado di contribuire allo stop della guerra, così come lo furono nel 1992 nella marcia di Sarajevo con protagonista Don Tonino Bello, in modo da poter finalmente generare quel processo di liberazione verso una strada diversa, un cammino tortuoso, si, ma che potrebbe permetterci di avere ancora un futuro su questa terra. © Riproduzione riservata

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