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Il paesaggio pugliese, incontro con Lino Patruno per la Festa dei Lettori Inaugurata la mostra fotografica “Molfetta, il paesaggio”
01 ottobre 2006

MOLFETTA - I “Presidi del Libro” aprono i battenti presso la Fabbrica di San Domenico. A tenere a battesimo l'importante manifestazione l'inaugurazione della bella mostra “Molfetta. Il paesaggio” (a selezionare le opere esposte l'apprezzato collaboratore di “Quindici” Francesco Mezzina), incursione ora sognante ora perturbante nelle pieghe di un paesaggio cittadino ormai globalizzato (foto di Michele Amato, Nicola Amato, Gaetano Armenio, Berardo Celati, Gianmassimo Corona, Nicola Gaudio, Antonello Mastantuoni, Francesco Mezzina), e l'incontro, moderato da Antonello Mastantuoni (responsabile del Presidio di Molfetta), con il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Lino Patruno. Oggetto della discussione un libro, “Puglia e Basilicata: la natura e i segni dell'uomo”, pubblicato nel 1996 dal noto giornalista, che ha fornito il pretesto per un'ampia ed acuta disamina sul paesaggio e l'identità delle nostre terre. Un percorso che, muovendo dai cinque colori della Puglia (rosso di pomodori, bianco di sale, giallo dei campi di grano, blu mare, verde d'ulivi), è pervenuto alla consapevolezza incarnata nella Maurilia di Italo Calvino: fattori di diversa natura modificano gli aspetti sensibili dei nostri paesaggi. “Occorre che il viaggiatore lodi la città nelle cartoline e la preferisca a quella presente, avendo però cura di contenere il suo rammarico per i cambiamenti entro regole precise” (Italo Calvino). “Il paesaggio che non dovrebbe mai cambiare - aggiunge Patruno – è quello che dà identità alla nostra regione”. Eppure una scriteriata gestione in materia di urbanistica genera “una lunga teoria di ecomostri”. Abbattimento di muretti a secco dotati di valore storico e intrinseca bellezza, avviamento di costruzioni poi lasciate incompiute, palazzi rosa shocking che svettano nelle nostre città in barba a qualsiasi piano del colore... “Un'educazione alla bellezza dovrebbe cominciare nelle scuole”, invece vaghiamo per le nostre città senza mai levare gli occhi al cielo. O peggio scarichiamo sul paesaggio, che le caratterizza, le frustrazioni e il malcontento per tutto ciò che in esse non funziona a livello istituzionale. La superficialità e il bieco utilitarismo a causa dei quali deturpiamo il paesaggio di una regione, in cui “anche le pietre degli scavi parlano”, sono figli della mancata conoscenza. Trascorriamo le nostre giornate in non-luoghi, topologie senz'anima di cui parlava Marc Augé: ipermercati, stazioni ferroviarie, aeroporti. In estate arriviamo persino a consigliare ai nostri anziani di spostarsi dalle piazze cittadine, di cui costituiscono il genius loci, in supermercati iperfreschi per sfuggire al caldo torrido dei nostri centri. La salvaguardia del paesaggio non si deve tradurre in immobilismo: lo sviluppo passa attraverso l'affermazione dell'industria e del turismo e, in fondo, anche un paesaggio industriale può celare una sua poesia. Si discute ancora di percezione umana del paesaggio, di sviluppo sostenibile (o sostenibilità dello sviluppo), di mitologia del turismo, metalmezzadri e senso della campagna come 'valore aggiunto', temi toccati con padronanza e carisma comunicativo da Patruno. Al termine della conversazione, animata dalle letture dei bravi Lucia Amato e Giuseppe de Robertis, ci sentiamo un po' come i 'Papalagi' descritti da un capo samoano in visita in Europa: ridicolmente convinti di costituire il centro dell'universo, rintanati in cassoni spesso angusti in cui il Sole penetra appena. Prigionieri di un moloch dai più definito 'progresso'.
Autore: Gianni Antonio Palumbo
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