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Il nome e il suo significato: l'onomastica molfettese all'Aneb Molfetta
28 novembre 2012

MOLFETTA - «Il nome di un uomo non è come un mantello che gli sta penzolante e che gli si può strappare o cacciare di dosso, ma una veste perfettamente adattata, o come la pelle cresciutagli che non si può graffiare senza far male anche a lui». Come non citare le parole di Goethe per introdurre l’argomento affrontato all’ANEB Molfetta dal prof. Rocco Berardi (foto), l’onomastica molfettese, tema che ha suscitato curiosità e interesse da parte del pubblico presente.

Il prof. Berardi ha esordito spiegando l’origine del «nome» a partire dall’antica Grecia: nelle iscrizioni greche compare il solo nome individuale seguito, di solito, dal patronimico, ovvero dal nome paterno in caso genitivo. Nelle iscrizioni attiche dopo il nome individuale o il patronimico si riscontra il demotico, ossia l’aggettivo derivato dal nome del demo (la circoscrizione territoriale a cui si apparteneva). Nella Roma antica, invece, il sistema onomastico seguiva regole più rigide, rispettando i cosiddetti «tria nomina» (tre nomi): il nome personale (praenomen), quello della “gens” (nomen) e quello della famiglia (cognomen). Un esempio per tutti il nome del famosissimo Caio Giulio Cesare. Era anche usato il «super nomen» (soprannomi) come ad esempio «cunctator» (temporeggiatore) dperi Quinto Fabio Massimo. Le donne portavano un solo nome di solito ricavato dal gentilizio del padre (es. Giulia, figlia di C. Giulio Cesare).

A partire dal sec. X si afferma l’uso di un unico nome, come era costume dei Germani e dei Franchi, popolazioni che allora dominarono la penisola. L’avvento del cristianesimo ha poi alimentato l’uso del singolo nome proprio per combattere l’uso dei «tria nomina»pagani. Dal sec. XII al sec. XIII-XIV uno dei due nomi latini è divenuto il cognome. Il prof. Berardi ha focalizzato l’attenzione sulle cinque tipologie cognominali. Alla prima tipologia appartengono i nomi derivati da un nome proprio: Anselmo, Battista, Biase, ecc. Alla seconda corrispondono quelli formati da un soprannome, derivato soprattutto da elementi legati alla fisicità dell’individuo: Bruno, Boffolo (onomatopeico da “boff”, proprio del vento), Gigante, ecc.

Alla terza appartengono i toponimi (dal greco «tòpos» “luogo”), che ricordano l’origine e la provenienza come Messina, Ceglie, de Bari (il cognome coincide col toponimo), Greco, Romano, Tedesco (corrispondente etnico), Fiume, Porta, Casale (nomi comuni di luoghi). Per la quarta tipologia si ricordano i nomi derivati da mestieri: Corrieri (“colui che consegnava le lettere”), Fornari (da “fornaio”), Guastamacchia (“macchia=bosco”: boscaiolo). Per l’ultimo tipo si segnalano i derivati dai trovatelli: Ventura (“figlio della Sorte”), de Nichilo (dal lat. «nihil» “nulla”), Esposito (“esposto”).

Il prof. Berardi ha poi esaminato l’elenco dei primi 50 cognomi più diffusi in Italia tra cui Rossi/Russo (variante centromeridionale), Ferrari, Esposito, Bianchi, Romano, Colombo ( che ha valore cristiano, poiché la colomba è simbolo di purezza, di verginità; questo stesso cognome tra il XVIII e il IX indicava i trovatelli lombardi nati all’ospedale di Milano dedicato a  “Colombo”), Bruno, Ricci, Mancini, Serra, Costa, Villa, Sala. Berardi ha sottolineato, inoltre, che in Puglia si riscontra il 90% di cognomi germani, dovuto alla migrazione germanica dal Nord al Sud Italia.

Dopo aver enumerato i 20 cognomi più diffusi in Puglia (Greco, Russo, Rizzo, Santoro, Bruno, Leone, Perrone, Longo, Caputo, Romano, Semeraro, Gentile, Conte, Fiore, Palumbo, de Palma, Palmieri, Romeo, Pellegrini e Simone), si è soffermato sull’etimologia dei cognomi molfettesi più diffusi: Minervini (da Minervino Murge o da Minervino di Lecce), de Gennaro (da «Ianuarius» “Gennaio”), Spadavecchia (“persona esperta”), de Pinto (“macchiato, scuro di carnagione”), Sciancalepore (“azzoppare”+“lepre”), Mezzina (“lardo, pancetta”), Binetti (“Bitetto”), de Bari (“Bari”), Pansini (“panza”+ “ino”), La Forgia (“fucina”), Marino (è il primo nome personale riscontrato da “Marius”), Pappagallo (“pappare”+ “gallo”), Picca (“asta di ferro lunga”), Valente (dal lat. «valens-entis» “colui che vale”), Sallustio (dallo storico latino Sallustio), Cormio (“core mio”), Poli (“Policarpo” nome personale), Ragno (dall’aspetto fisico gracile o dal sapersi arrampicare sugli alberi), Rana (per l’aspetto fisico o per la voce gracchiante), Sasso (residenza morfologica del territorio), Spaccavento (“gradasso, fanfarone”). Ci sono anche cognomi di origine germanica come Azzollini, Gadaleta, Altomare, Zaza, Gagliardi.

Il prof. Berardi ha ricordato che «non ci si può mai approcciare all’onomastica pensando di ottenere la precisa origine etimologica dei propri nomi e cognomi in quanto si procede per ipotesi». Qualche certezza è riscontrabile solo nei codici diplomatici medioevali.

 

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Autore: Dora Adesso
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