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Il governissimo PD-PDL e le commissioni fantasma: lo stallo di un governo inesistente
15 aprile 2013

Dalla spinosa questione governissimo al problema delle commissioni permanenti. Possiamo così riassumere la situazione politica italiana. Uno stallo totale. Ma come la storia ci insegna, l’Italia, soprattutto in politica, è il Paese dei compromessi e, dopotutto, la storia dei compromessi nostrani è iniziata nel lontano 1852. E non fu storia da poco, dal momento che, senza quel compromesso, non si sarebbe fatta nemmeno l’Italia.
Il “connubio” del 1852 tra il centro-destra di Cavour e il centro-sinistra di Rattazzi altro non è stato che un lontano bisnonno di quello che potrebbe essere oggi il governissimo tra Pd e Pdl. All’epoca, come oggi, i partiti erano molto frammentati, portatori di interessi alquanto personali più che di ideologie comuni. A guardare la situazione politica odierna nulla pare cambiato. Eppure gli italiani oggi come allora attendono il cambiamento.
Il segretario piddino Pierluigi Bersani continua ad essere convinto che la strada da seguire sia il modello Andreotti 1976 e crede che attraverso una condivisione del Quirinale con il centrodestra sia possibile far partire un governo di minoranza simile a quello costruito trentasette anni fa da Andreotti e Berlinguer. Un governo che vivrebbe “forte” della non sfiducia di una coalizione. Ma di quale? In Italia il governissimo altro non sarebbe che la presa di coscienza di un amore nato tempo fa e praticato sottobanco (e neanche poi così sotto).
A breve probabilmente sapremo la data delle nozze, e perché no tutto il popolo italiano è invitato a partecipare o meglio a guardare il matrimonio che non è sicuramente un passo in avanti nella storia del nostro Paese.
 
Il “modello Andreotti”, evocato e tanto sperato da Bersani, non si può dire sia stato accolto con entusiasmo dal centrosinistra: e si spiegano anche così le scosse violenti registrate in questi giorni all’interno del Partito Democratico. Da una parte, le scosse sono arrivate da un fronte nuovamente compatto, quello degli ex Popolari; che, seppure con diverse gradazioni (qualcuno vorrebbe Romano Prodi al Quirinale, qualcun altro vorrebbe Franco Marini) ha segnalato le fragilità presenti nel piano Bersani. Dall’altra parte, invece, chi in questi giorni ha criticato la formula dell’“inciucio oscuro” immaginato da Bersani è stato il fronte dei renziani. I rottamatori sono convinti che vada smascherato l’inciucio che il segretario vorrebbe tanto stringere con il Pdl («Ma come diavolo si fa a fare un governo di cambiamento con un governo di minoranza che ogni giorno sarebbe ostaggio di Berlusconi»).
 
Lo stallo non è rivolto solo nella formazione del nuovo governo. Altra questione alquanto complicata è quella relativa alle commissioni permanenti che per il momento non saranno costituite né alla Camera dei Deputati né al Senato della Repubblica finché non ci sarà il nuovo governo. La decisione è stata presa nelle riunioni dei capigruppo, ma il M5S ha protestato occupando Camera e Senato.
Ai grillini è tornato lo spirito scolaresco. Già, stavolta non sono le scuole ad essere bloccate o meglio occupate, ma Camera e Senato. Nelle scuole le aule erano strumento per approcciare un inciucio con le ragazze. Ora invece le aule (Camera e Senato) servono per “trombare” il nuovo governo.
Le commissioni, secondo i dettami costituzionali, sono organi parlamentari collegiali, cioè sono formate da più persone che insieme prendono decisioni, con il compito di analizzare i disegni di legge. La stesso articolo 72 della Costituzione dichiara che «ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale».
Le commissioni sono 14 sia alla Camera sia al Senato e vanno da quelle che si occupano degli affari costituzionali all’agricoltura passando per gli affari sociali, il lavoro e la giustizia. Oltre alle 14 commissioni permanenti per ogni ramo del Parlamento, possono essere istituite altre commissioni di tipo straordinario o speciale, per seguire determinate e specifiche tematiche. I regolamenti delle due Camere prevedono che la costituzione delle commissioni avvenga celermente.
A oggi i principali gruppi, come quelli del PD e del PdL, non hanno comunicato ancora i nomi che hanno scelto e di conseguenza i presidenti di Camera e Senato non possono procedere alla costituzione delle commissioni. La linea che nella pratica stanno seguendo i due partiti più grandi in sostanza è di non procedere alla costituzione delle commissioni fino a quando non ci sarà un governo, così da individuare in Parlamento la maggioranza che lo sostiene e muoversi di conseguenza.
In questo modo le presidenze delle varie commissioni potranno essere “calibrate” sulla composizione della maggioranza, consentendo a tutti i partiti di essere rappresentati. Ed questo che scatena l’ira dei grillini.
Secondo i parlamentari del M5S, la scelta di ritardare la costituzione delle commissioni sta impedendo al Parlamento di funzionare regolarmente, anche in assenza del governo. I grillini affermano che il Parlamento può funzionare anche senza governo, facendo analizzare alle commissioni i vari disegni di legge che possono essere poi discussi in aula. Gli italiani (i soliti a farne le spese) si domandano: ma chi ha ragione?
Nella Costituzione Italiana e nei regolamenti parlamentari non è scritto che le commissioni debbano essere costituite dopo la formazione del governo e che non si possa fare prima. In realtà votare i presidenti delle commissioni prima della costituzione del nuovo governo potrebbe rivelarsi controproducente. La questione delle commissioni è strettamente legata a un problema, su cui si discute da settimane: il Parlamento può legiferare in assenza di un nuovo governo?
Anche in questo caso il M5S ritiene che sia possibile e che si possano approvare nuove leggi, in presenza di un governo dimissionario. Le commissioni potrebbero analizzare e votare leggi senza il governo, ma mancherebbe poi un potere esecutivo con tutti i poteri necessari per metterle in pratica o per proporne di nuove.
Insomma, una storia tutta italiana anche questa. Certo, in Italia dal 1992 in poi non esistono più partiti democratici anzi in questo momento di stallo assoluto, con tutto il rispetto, Bersani&Co. non smacchiano giaguari, ma combinano solo ed esclusivamente pasticci.
 
© Riproduzione riservata
 

 
Autore: Andrea Saverio Teofrasto
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