Il flop della riforma Gelmini: aule sovraffollate anche a Molfetta
La riforma Gelmini è una riforma che certamente ha fatto parlare molto di sé, scatenando studenti e docenti di tutta Italia e spingendoli a mobilitarsi in manifestazioni frequentissime e spesso imponenti. Di certo il nostro ministro non aiuta molto a salvare la credibilità della riforma stessa, rendendosi protagonista di ben magre figure; tuttavia ci sono comunque aspetti della riforma che meritano di essere considerati con una certa attenzione, in quanto si tratta a volte di cambiamenti utili o, quantomeno, necessari. Valutiamo allora tutte le novità che la riforma ha portato, positive e negative, soffermandoci all’ambito delle scuole superiori in territorio molfettese. Uno dei problemi più consistenti è quello del sovraffollamento delle aule: spesso le strutture edilizie non sono in grado di accogliere classi che, a seguito della riforma, superano le trenta unità( basti pensare alla sede storica del liceo classico, molte delle cui aule non possono certo contenere un numero ingente di alunni,come fa notare il preside Cannizzaro). In altri casi ,d’altronde, la normativa ostacola la nascita di nuovi corsi, spesso di grande importanza:per esempio, in vista dell’ampliamento del porto di Molfetta,l’IPSIAM ha ottenuto l’autorizzazione per l’apertura dell’istituto tecnico nautico. A causa anche di un ritardo nell’ottenimento dell’autorizzazione il corso per questo anno non ha raggiunto il numero minimo di studenti e i venti iscritti hanno dovuto rinunciare alla possibilità di frequentare questa scuola in loco. Altro importante cambiamento è certamente la riduzione degli indirizzi, che sono confluiti in pochi indirizzi principali. Benché tale provvedimento sia stato giustificato come un modo per semplificare la decisione del ragazzo , a mio parere invece la rende più complessa, dal momento che gli sarà più difficile trovare quanto effettivamente coincida con i suoi interessi e le sue aspettative. Alcuni docenti, avendo ampiamente collaudato l’insegnamento di alcune materie caratterizzanti di determinati indirizzi e avendone notato il successo e sperimentato la validità, sono riusciti a non eliminarle totalmente, sfruttando la possibilità di inserire argomenti al di fuori dal programma ministeriale in piccole percentuali orarie. E’ il caso della comunicazione, materia il cui insegnamento nel liceo classico era previsto in due corsi su tre, in quanto fortemente richiesto dall’utenza. Se i docenti del liceo classico hanno potuto sopperire in tal modo a questa riduzione dell’offerta formativa, ben più grave è la situazione quando ad essere tagliata non è una materia d’approfondimento, bensì le ore di pratica, in quelle scuole che proprio di essa vivono .In particolare l’IPSIAM soffre di una riduzione delle ore di officina, a cui si è cercato di ovviare utilizzando i fondi di istituto per organizzare corsi pomeridiani. Ciò ovviamente comporta un forte disagio per gli studenti, per lo più provenienti da fuori(il bacino di utenza dell’IPSIAM copre uno spazio che va da Palese a Trani e si spinge poi fino ad Andria). Del resto una adeguata preparazione nell’ambito della terza area(area che include tutte le materie pratiche e che ora prenderà il nome di alternanza scuola-lavoro) è indispensabile anche ai fini di un buon esito degli esami di stato, che possono prevedere un accertamento delle competenze attraverso quesiti della terza prova o della prova orale. Insomma, una riforma che si pone espressamente come obiettivo un maggior avvicinamento al mondo del lavoro, in realtà finisce per soffocare poi proprio le competenze tecniche di chi non desidera completare gli studi ,riducendo dunque-fa notare il preside Antonio Vacca-il professionale a una brutta copia dell’ industriale. Anche nell’assetto orario dell’IPSSAR sono state sacrificate proprio le discipline della terza area che però-spiega il dirigente scolastico Pellegrino De Pietro -dovrebbero essere recuperate dal momento in cui la riforma andrà a regime, attraverso una redistribuzione su tutto il quinquennio di quel quantitativo di ore che si concentrava in due anni. Anche la qualifica del terzo anno è stata eliminata; essa potrebbe essere recuperata in un futuro non definito attraverso una convenzione regionale. Dunque questo periodo di transizione si ripercuote negativamente sia sugli alunni che non desiderano proseguire gli studi oltre l’assolvimento dell’obbligo scolastico sia su chi ha iniziato il proprio percorso con la vecchia riforma. Per quanto riguarda i primi, fino a che non venga eventualmente ripristinata la qualifica a livello regionale non potranno ricevere alcun titolo prima del completamento dei cinque anni. Si sta frattanto lavorando affinché i corsi di formazione professionale possano diventare equivalenti ai due anni di scuola superiore obbligatori(dovrebbe essere inserito l’insegnamento di materie base). La gestione è, però,a livello regionale, dipende dunque dai fondi che possiede la regione e non è ancora un processo completamente avviato. Per quanto riguarda i secondi, certamente la loro formazione risente di una decurtazione di ore non organica con il percorso effettuato negli altri anni( ciò è avvenuto anche presso il liceo scientifico tecnologico e l’istituto tecnico industriale in cui, come per l’I.P.S.I.A.M. , si è cercato di tamponare il taglio indiscriminato di alcune ore di laboratorio attraverso progetti extra curricolari a cura delle stesse scuole). A prescindere comunque dalle obiettive difficoltà che si presentano in questo periodo di transizione ovviamente sulla riforma in sé ci sono pareri discordanti:mentre secondo alcuni ha causato un notevole impoverimento dell’offerta formativa, certamente dannoso, secondo altri invece ha permesso un giusto sfoltimento di orari troppo opprimenti per i ragazzi. Per esempio il dirigente scolastico dell’ IPSSAR prof. De Pietro sostiene che la quantità di ore, che era stata già ridotta 4 anni fa da 40 a 36 era ancora un carico imponente per i ragazzi; dunque non ritiene necessariamente dannoso il passaggio a 32 ore. Anche il prof. Dott Rodolfo Azzollini, preside del liceo linguistico e dell’ex liceo socio-psico-pedagogico, ora liceo delle scienze umane, non disapprova i tagli, che in questo caso hanno colpito materie comuni non caratterizzanti come l’italiano , poiché sostiene che ,aumentando ovviamente in proporzione le ore di lingua , si vada a rafforzare così l’identità della scuola. Sembra a me innegabile che più di una riforma si tratti di una serie di tagli mascherati da riforma: a prescindere dalla già dubbia validità del nuovo assetto orario,che va comunque esaminata e discussa caso per caso,resta oggettivo sia il fatto che certamente i provvedimenti non sono stati spinti da motivi diversi da quelli finanziari e soprattutto che sono stata causa di un ingente incremento del precariato. Non si tratta soltanto di professori, ma anche del personale ATA; non solo i posti sono stati già di per sé ridotti(in scuole come il liceo scientifico tecnologico si incontrano grosse difficoltà nel coprire tutte le aree, dunque molte classi restano a volte abbandonate a sé stesse),anzi in alcuni casi gli assistenti amministrativi sono stati sostituiti da professori che non avevano più spazi per svolgere la loro professione. La situazione di molte scuole è ulteriormente aggravata da notevoli tagli ai fondi: presso l’istituto tecnico industriale i collaboratori scolastici si sono trovati a dover riparare i banchi “alla meno peggio” nell’impossibilità di comprarne di nuovi. E’ anche vero che, in un momento di crisi imponente come il nostro, dei tagli sono comunque necessari anche se a soffrirne non dovrebbe essere proprio la scuola, fulcro della pur possibile rinascita. In ogni caso non sarebbe comunque giusto demolire la riforma in toto, dal momento che si è fatta promotrice di alcuni cambiamenti indispensabili:basti pensare all’inserimento delle scienze naturali e di un’ora in più di matematica nei primi due anni del liceo classico,oppure della fisica sin dal primo anno nel liceo scientifico, un passo necessario per adeguare queste due scuole ai tempi, alla richiesta, alle prove di ammissione all’università che stanno ormai diventando una tappa fondamentale nel percorso di studi di moltissimi ragazzi.