Il cortometraggio "I lavoratori del mare" del Gruppo Farfa di Molfetta al Babel Film Festival
Il primo concorso cinematografico internazionale destinato esclusivamente alle produzioni cinematografiche che guardano e raccontano le minoranze, in particolare linguistiche
E' cominciato lunedì 14 novembre a Bitti, all'interno del Babel Film Festival, il tour del cortometraggio "I lavoratori del mare", per l'assegnazione da parte di alcuni circoli FICC sardi, del premio giuria del pubblico. Le prossime proiezioni sono previste il 17 a Elmas e il 18 e il 19 a Monserrato, per poi proseguire in altri circoli FICC, a Roma e a Trieste. Il Babel Film Festival è il primo concorso cinematografico internazionale destinato esclusivamente alle produzioni cinematografiche che guardano e raccontano le minoranze, in particolare linguistiche.
È un’occasione importante per chi nel fare cinema, e più in generale nel fare arte, trova una fonte di creatività nella diversità delle lingue minoritarie (siano esse lingue, dialetti, parlate, slang e quant’altro), nella loro forza figurativa e comunicativa. Quelle lingue espressive che proprio perché non son ridotte alla necessità di una comunicazione sostanzialmente funzionale e funzionalistica, orientano una visione del mondo poetica e più vicina alla vita comunitaria, quella cornice che fa diventare la vita degna di essere vissuta nella quotidianità.
Il cortometraggio "I lavoratori del mare" del Gruppo FARFA - Cinema Sociale Pugliese, per la regia di Domenico de Ceglia, ha visto la collaborazione di molte scuole, gruppi e associazioni molfettesi, ed è stato realizzato con lo specifico intento di rendere il sociale protagonista della realizzazione, sostenendo l’ideale artistico e morale di restituzione della realtà a quegli stessi individui che nel quotidiano costruiscono i comportamenti, i linguaggi, i gesti, le fattezze della stessa.
Il lavoro, realizzato con il patrocinio della Regione Puglia e del Ministero della Gioventù, fotografato da Giuseppe Boccassini e musicato da Federico Ancona, parla di una città del sud, Molfetta appunto, nella quale alcuni pescatori vivono nella cornice di un universo cementificato: neanche la pesca sembra più dare la giusta ricompensa al lavoro del mare.
Il linguaggio del progresso non può più conciliarsi con quello delle tradizioni ancestrali legate all'antico mestiere del mare.