Il Centro Culturale Auditorium riapre in grande stile con l’Alter Chorus
Dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti alla serata del 23 febbraio del 2020 ed ad una esecuzione in forma di concerto di un’ampia selezione dell’Elisir d’Amore di Donizetti. Lo stesso giorno era stata istituita la prima zona rossa d’Italia in quel di Codogno e in un’altra decina di comuni del nord. La paura per un virus che in Cina aveva già fatto strage e che iniziava a mietere vittime anche nel nostro Paese e nel resto del mondo si faceva di ora in ora più palpabile. Sempre più persone iniziavano ad evitare i luoghi affollati, e difatti il numero di poltrone occupate nell’Auditorium di San Domenico quella domenica sera non era quello che era solito contarsi negli appuntamenti del Centro Culturale Auditorium, realtà che da tanti anni anima l’attività di quella sala che anticamente costituiva il coro della chiesa destinato ai monaci dell’attiguo convento, e che nel tempo è diventata vero e proprio cuore pulsante delle arti della nostra città. Amarissimo presagio di quanto sarebbe capitato di lì a poco. Infatti, a una manciata di giorni da quel concerto quella platea si sarebbe svuotata del tutto e sarebbe rimasta deserta per il resto della stagione e per moltissimo altro tempo ancora. Ma ora che, al contrario, i teatri e le sale cinematografiche possono finalmente esercire al massimo della loro capienza, stante il miglioramento della situazione epidemiologica, l’organizzazione presieduta dal prof. Damiano D’Elia, dopo alcuni eventi occasionali tenutisi nelle due parentesi estive dell’era Covid, è decisa ad avviare una nuova stagione a pieno regime. Una ripresa timida ma desiderata, così come l’ha definita il parroco di San Domenico don Silvio Bruno nei ringraziamenti di rito al termine del concerto inaugurale tenutosi nella serata del 24 ottobre scorso nella chiesa parrocchiale, dove ritroviamo uno dei principali protagonisti di quell’ultimo appuntamento musicale in auditorium prima del lockdown, ossia l’Alter Chorus, facente parte dell’APS Don Tonino Bello, insieme a due apprezzatissime voci come quella del soprano Marilena Gaudio e del basso-baritono Onofrio Salvemini, accompagnati al pianoforte dal sempre inappuntabile e talentuoso M° Emanuele Petruzzella. Una occasione per la quale gli artisti della serata hanno potuto finalmente tirare fuori dalla naftalina quelle toilettes e quegli smoking utilizzati per i concerti non estivi e per questo abbandonati da parecchi mesi negli armadi. Una vera e propria serata di gala, ma dall’atmosfera informale di una festa in famiglia, essendo sia il coro che i solisti da parecchi anni tra le presenze abituali e più quotate della sala di via San Rocco. Il programma musicale offerto al numeroso e caloroso pubblico convenuto è stato un vero e proprio compendio delle più popolari e affascinanti pagine del melodramma italiano, sapientemente introdotte da una guida all’ascolto d’eccezione come il direttore dell’Alter Chorus e direttore musicale del concerto, il prof. Antonio Allegretta, che con passione, dedizione e competenza guida il coro fin dall’inizio dei suoi oltre quindici anni di attività. E se di arie popolari vogliamo parlare non si poteva assolutamente prescindere dal Va pensiero dal Nabucco di Verdi (per una felice coincidenza proprio in quei giorni in scena al Petruzzelli), la cui sempre vibrante interpretazione dell’Alter Chorus ha dato la stura alla serata. Sempre del compositore bussetano il coro lirico molfettese ha poi offerto un altro dei suoi pezzi pregiati come il brano Vedi le fosche notturne spoglie, il famoso coro delle incudini cantato dagli zingari all’inizio della seconda parte de Il Trovatore. Dalla seconda opera della Trilogia Popolare del Cigno di Busseto è stata anche eseguita la scena in apertura della quarta parte, a partire dalla preghiera di Leonora D’amor sull’ali rosee, dalle cui colorature magistralmente cesellate dalla voce di Marilena Gaudio traspariva tutto lo struggimento della protagonista per l’amato Manrico, prigioniero in attesa di andare al patibolo, le cui urla di addio, interpretate in maniera intensa e accorata dal corista tenore Dino de Bari, punteggiavano il successivo Miserere del coro di frati per l’anima del condannato, reso dalla sezione maschile dell’Alter Chorus con la solita delicatezza e il consueto ardore. Peculiarità queste che il coro maschile ha adottato per un altro coro di monaci per benedire l’altra Leonora verdiana nel brano finale del secondo atto de La forza del destino, la stupenda aria La Vergine degli angeli, interpretata dalla Gaudio con emotiva bellezza di canto, sotto lo sguardo di una radiosa Madonna del Rosario ancora solennemente intronizzata in un altare laterale della chiesa. Di sentimento religioso, ancorchè pagano, è altresì intrisa un’altra delle arie per soprano più iconiche (e difficili) dell’opera lirica italiana, Casta Diva dalla Norma di Vincenzo Bellini, la meravigliosa invocazione alla Luna le cui elegiache arcate melodiche sono state disegnate in maniera sopraffina dalla voce della Gaudio, anche grazie al supporto di un ispiratissimo coro. Onofrio Salvemini, invece, che fino ad ora ci aveva abituato ad ascoltarlo in un repertorio più da basso, questa volta si è spinto decisamente più in alto interpretando con esiti vocali sorprendenti, uniti alla sua proverbiale teatralità, due possenti arie baritonali: la celeberrima Cortigiani, vil razza dannata dal Rigoletto di Verdi e l’aria Nemico della patria?!, il monologo di Gèrard dall’opera verista Andrea Chènier di Umberto Giordano. Decisamente più briosa la seconda parte del concerto, con il coro di Zingarelle e Mattadori dal secondo atto de La Traviata di Verdi, altro cavallo di battaglia dell’Alter Chorus, e la bellissima Romanza della Vilja dal secondo atto de La Vedova Allegra di Franz Lehar, un brano si da operetta ma dal sentore decisamente operistico, un’aria di concezione mitteleuropea questa volta resa in una particolare veste più romantica e mediterranea, grazie ad una adamantina interpretazione del soprano e del coro, ricchissima di sfumature. E, dulcis in fundo, ritroviamo quell’Elisir d’amore col quale nell’Auditorium ci si era lasciati esattamente venti mesi prima, per l’esattezza con la Barcaruola a due voci, unita al finale ultimo dell’opera che ne riprende il tema musicale. Numero questo dominato dalla incontenibile verve di Onofrio Salvemini, nel ruolo di quell’imbroglione del dottor Dulcamara, il quale, non prima di recarsi nell’attigua sacrestia onde armarsi all’uopo di una scopa per simulare un remo di gondola, ha trascinato con sé una civettuola Marilena Gaudio, nel ruolo di Adina, i teatralmente sintonizzati coristi dall’Alter Chorus, impersonanti i contadini, in un divertentissimo e musicalmente perfetto siparietto davanti al quale il pubblico presente ha confermato con scroscianti applausi il gradimento per la serata. Un finale di concerto che va a chiudere un cerchio per riprendere definitivamente le fila di un discorso culturale che, si spera, non si interrompa mai più. © Riproduzione riservata