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Il cambio marittimo
15 dicembre 2021

Per gli scambi commerciali c’è stato sempre bisogno di disporre di una certa quantità di capitale liquido. Oggi le banche, con la loro presenza capillare sul territorio, sopperiscono egregiamente a questo fabbisogno ma, nel passato, il commercio era alimentato con modesti capitali raccolti tra i risparmiatori man mano che se ne aveva bisogno. In qualche caso, per questi ultimi si trattava di investire solo modestissime somme nel commercio marittimo, anche se il rischio era elevato. Erano assenti in queste fasi mercantili gli enti religiosi locali, che preferivano investire il loro capitale in immobili o darlo a censo bollare (prestito garantito da ipoteca). L’esempio che proponiamo tratta appunto di un piccolo prestito richiesto per acquistare mercanzia (probabilmente olio) e trasportarla a Ferrara, a rischio del prestante. Adì 25 Gennaro 1741 Molfetta. Con questa prima, e sola di cambio pagarò qui sotto Antenogene Bufo della Città di Molfetta alla Signora Antonia Volpicella di detta Città o a chi in piè di questa ordinerà per tutto li venti cinque del mese di Aprile del corrente anno millesettecentoquarantuno, al di là in poi ad’ogni dio piacere ducati 8, e grana ottanta carlini d’argento, li medemi sono per altrettanti ricevuti contanti in presenza dei sotto testimoni e Regio notaro, quali ducati otto e grana ottanta vanno impiegati in tante mercantie sopra la barca del padron Corrado Germinario dal medesimo padronizzata nel presente viaggio da Molfetta a dio piacendo farà per il porto di Brindisi, e da colà per Ferrara a tutto risico di detta Sig.ra sì all’andare, come al ritornare, ciò è d’incendio, mare e corsari solamente e non altro accidente, ed a suo tempo ne farò buon pagamento; ponendo à vento mio à dio, obbligando al pagamento predetto me medemo, miei eredi, successori, e beni tutti, con la clausula del lodo e sgravio, ed’altre solite, ponersi da periti notari di questo Regno negli istrumenti. Io Atenogene Bufo mi obbligo come sopra.1. L’investimento a cambio marittimo era indubbiamente rischioso, ma il suo rendimento era maggiore e mediamente si aggirava dall’otto al dieci per cento sul capitale, mentre un comune prestito non superava il tasso del cinque o sei per cento. I rischi e i guadagni erano frequenti, due esempi: nel 1749 tale Vincenzo Romano dette a cambio marittimo 162 ducati ai fratelli don Vito (sacerdote) e Corrado Sancilio. Corrado con la sua barca andò nella città di Fermo, impiegò il denaro avuto dal Romano nell’acquisto di mele e salpò poi per la Dalmazia; aveva quasi raggiunto la destinazione che una tempesta ricacciò sulla costa abruzzese la barca e nei pressi di Francavilla a mare perse un uomo e il carico. Nel 1772 tale Antonio Palombella chiese alle sorelle Giulia e Antonia de Squeo 100 ducati a cambio marittimo dietro la corresponsione dell’interesse del 17% per negoziarli in Genova. Le due sorelle vennero a conoscenza che il Palombella prometteva ad altri anche il 18%2. Le somme investite variavano da piccole somme a 500 ducati con punte di 1000 ducati e oltre. Il Catasto Onciario di Molfetta del 1753 segnala diversi contribuenti interessati a questo investimento; ne indichiamo alcuni: Giuseppe Nicola Magrone per 700 ducati; Mauro Sigismondo, droghiere (era anche proprietario di un terzo di un trabaccolo) per 3500 ducati; l’abate Marc’Antonio Colaianni per 5.500 ducati; Pantaleo Buzzerio, marinaio, per 200 ducati che tiene impiegati sul suo terzo di barca e gli frutta circa 16 ducati l’anno; Pietro Radivani, notaio per 300 ducati; Paolo de Ruvo, gabellotto, 500 ducati; Tommaso Ventura, benestante, per 1500 ducati; Angela Mozzica, vedova di Saverio Salvemini 50 ducati e altri3. Segnaliamo per i contratti a cambio marittimo un curioso episodio verificatosi a Molfetta nel 1739. Alcuni padroni di barche o semplici marinai (come di consuetudine avveniva) chiesero ai fratelli Giuseppe e Sebastiano Gadaleta una somma di denaro per investirla a cambio marittimo (tra questi vi era anche Antenogeno Bufo prima citato). I Gadaleta a tale richiesta chiesero il pagamento di alcune precedenti cambiali. I cambisti, osservando le cambiali, si accorsero che erano false e si opposero energicamente, affermando che essi non avevano mai sottoscritto tali impegni, tant’è che uno di essi, tale Carlo Spagnoletto marinaio, disse mangio vadicate d’erbe e ora mi trovo un debito! I Gadaleta allora li invitò a recarsi presso il notaio Giuseppe Massari, loro amministratore in questi negozi. Il notaio Massari, messo alle strette, fu costretto a consegnare ai cambisti le cambiali false che furono annullate. L’avvenimento suscitò molto scalpore tra la popolazione e il ceto dei marinai. La conseguenza fu che i Gadaleta tolsero l’amministrazione dei loro negozi al notaio Massari4. © Riproduzione riservata ————— Note: 1 Archivio Diocesano Molfetta; Fondo Curia Vescovile, cart. 189. 2 Ibidem cart. 204; Archivio Stato Trani (=AST), notaio Lazzaro Palombella, vol. 1070. 3 Archivio Comunale Molfetta, Catasto Onciario 1753. 4 AST, notaio Bartolomeo Gaeta, vol. 660.

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