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Il bacio
15 febbraio 2021

Di un bacio non ne conservava più il ricordo. Forse l’ultimo bacio era deflagrato durante una festa in campagna. Le terre di Puglia si vestono a festa coi colori del sole durante la Quaresima. La pentolaccia è una bella occasione per conoscere nuova gente. Oggi purtroppo molti giovani se ne stanno a casa, si collegano sui social, vivono il tempo della giovinezza più sull’etere che sulla terra. Francesco invece cercava le esperienze consolidate nella storia della sua famiglia. Sveglia all’alba, preparativi del pranzo a secco e nelle tasche dei suoi jeans tutta la speranza del divertimento che un ragazzo di diciassette anni cerca dalla vita. C’era tanto sole e guardare le magliette scollate che un’incipiente primavera aveva rivelato dai pullover più pesanti, scorgere i tremolii di quei seni dondolanti nel gioco della rottura della pentolaccia, lo aveva fatto ubriacare. Tra tutte c’era lei, Giulia. Occhi verdi, labbra carnose, un collo da gazzella, dei fianchi da stringere e tutto il resto da immaginare. L’aveva corteggiata per tanto tempo, poesie gliene aveva dedicate, copiandole anche dal diario di sua sorella, innamorata anche lei di un ragazzo albanese, osteggiata per questo dai suoi genitori. Era bastato cambiare le ultime vocali. Giulia non sembrava dargli corda. Ma il sole di aprile, la brezza marina, quel profumo di Mediterraneo, un’eco lontana delle terre calde che di tanto in tanto permeano col loro calore la Puglia e soprattutto quella freschezza divina che unita al buon vino fa miracoli, ecco il gioco di Cupido stava per compiersi. Il buon vino, dicevo! Certo a diciassette anni anche il Tavernello fa miracoli. Una radio lontana cantava “Like a Prayer” di Madonna, tutti si erano nascosti per dar corpo ad un gioco infantile, Francesco e Giulia si erano ritrovati forse per caso o forse per destino, dietro il tronco di un maestoso pino marittimo che salutava dall’altura della campagna il mare in basso prospiciente. Gli era sembrato naturale metterle le mani tra i capelli, sentirne il profumo e poi annusare il suo collo, sgusciarne con la lingua timidamente le labbra socchiuse. Giusto un secondo di esitazione di Giulia sorpresa e calda e lui aveva potuto saggiarne i contorni del viso e poi… il resto lo lasciamo immaginare al curioso lettore… * * * In quest’atmosfera distopica si sta nel tram della piovosa Milano come alieni. La pandemia non dà spazi di libertà e Francesco, guanti in lattice alle mani, abbarbicato alla spalliera d’acciaio per non cadere controlla, geometricamente, che i suoi piedi non superino la distanza consentita. Fa freddo. Una temperatura gelida più per l’anima che per la pelle. Ingresso in metropolitana testato dalla sua temperatura inferiore ai 36° C. Mascherina chirurgica alla bocca, ha imparato da quando vive a Milano a penetrare lo sguardo della gente, quando la gente alza lo sguardo s’intende. L’Università ha i suoi ritmi. L’esame è quasi pronto. Poca roba gli dà i brividi. Tutto è diventato così grigio. Come i colori della città Lombarda. Bellissima ma gelida. Da quando è lì Francesco, alla fermata di Sant’Ambrogio è solita fare il suo ingresso una ragazza. Avvolta in sciarpe colorate di rosso e arancione eccola colorare quel vagone della metropolitana così grigio e freddo. Zaino in cuoio che a mò di faretra porta sulle spalle, studierà architettura? Così ha sempre pensato Francesco; indossa sempre cappelli alla francese che fanno sboccolare neri ciuffi, ghiribizzi d’un colore corvino avvolgente che travasano dalle spalle della ragazza. Un corpo giovane e sbarazzino. Intrigante. Francesco non ne conosce ancora la voce. Sa però che le piace guardarlo. Ieri, e l’altro ieri e ancora l’altro hanno passato il tempo a scrutarsi, ad indovinarsi, a spogliarsi con gli occhi. I sensi di Francesco, quando c’è lei, s’inebriano, s’espandono. Provate a bendarvi e sentirete che odori! Che profumi! Sinestesie indicibili! E Francesco con gli occhi sente il sapore quasi di quella ragazza. Una linea di fuga per la sua mente impegnata da troppo tempo a redigere progetti, formulare impianti; l’ingegneria lascia poco spazio alla temerarietà di un ventenne. Come sarebbe bello! pensa, spogliarsi per un attimo dei lacci delle regole, fare come gli animali, annusarsi, piacersi, vestirsi di sole come faceva in campagna nella sua terra. Come sarebbe bello, non dover sempre cucire la trama, ma finirci dentro quasi per caso nella ragnatela dell’amore. In questa gabbia che l’epidemia ci ha costruito attorno. Noi, Prometei incatenati, Icari caduti. Mentre fantastica si giunge alla fermata Sant’Ambrogio e puntuale eccola sbucare da un nugolo di persone intirizzite e mute. «Sembriamo automi. Ipad, telefonini accesi e silenzio. Mascherine sulla faccia, disinfettanti dappertutto. Il mondo a un certo punto ha mostrato la sua piaga infernale: la solitudine». Sono pensieri che Francesco formula in un istante, li ripete già da un pezzo. Ma il miracolo della luce emanata dagli occhi della sconosciuta è potente. Anche oggi si torna a guardarsi, a spogliarsi con lo sguardo. Come una cascata che deve sgorgare nonostante le asperità dei monti; un fiume in piena che deve rompere gli argini. L’aveva promesso a se stesso che se anche oggi l’avesse incontrata l’avrebbe “abbordata”. Non si può morire di desiderio. Lo sguardo della sconosciuta, oggi è più intenso che mai, e da lei giunge un profumo che sbreccia la mascherina, che pare non poter appartenere a quegli scenari odorosi di una città metropolitana. È puro oppio per i sensi. Fermata Cadorna: va via la luce nel vagone. Un vocìo si ode fioco, come di qualcuno che ha qualcosa da rimbrottare. Il treno comunque riparte. Ora è buio. Francesco sente un corpo che lo avvolge. Un profumo intensissimo di Rose, fiori, forse qualcosa di quella Puglia che scorre nelle vene! L’ha presa lei l’iniziativa. Non gli sembra vero. Ne riconosce i contorni. Corrisponde. Si annusano come cani Fermata Garibaldi F.S.: generalmente lei qui va via. Ci si ferma un attimo, il buio è ancora complice. Molti passeggeri scendono. Si riparte. Fermata Caiazzo: filtra la luce, i sensi sono espansi, Francesco vorrebbe spogliarla, in inverno gli abiti non sono complici. Era come quando si era bendati e si giocava a rompere la pentolaccia. Fermata Loreto: Lei gli sussurra nell’orecchio con accento spagnolo: «facciamolo qui, te quiero!». Gli sembra un sogno. È il momento di fare la cosa più erotica che si possa fare in questo momento. Scoprirle il viso, sfidare il momento, la distanza, il sospetto, la paura. Le scopre le labbra. Due archi carnosi d’un rosso fragola sospesi su un arcobaleno bianchissimo. Francesco si perde. L’amore ha vinto sul buio. Sulla paura. Un amore che ci fa restare desiderosi e umani. Sente ora nelle orecchie quella stessa canzone di una volta: I’m down on my knees, I wanna take you there In the midnight hour I can feel your power Just like a prayer you know I’ll take you there When you call my name it’s like a little prayer I’m down on my knees, I wanna take you there In the midnight hour I can feel your power Just like a prayer you know I’ll take you there Life is a mystery Fermate: Caiazzo - Loreto - Piola - Lambrate F.S. - Fermata Udine Il bacio se le inghiotte tutte.

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