I Tatarella a Molfetta per il libro "La fiaccola tricolore". E Azzollini ripensa al Sessantotto
Il sindaco: "anni terribili, su cui non favoleggiare. Santoro? Cascame del comunismo. E ciuccio a scuola..."
MOLFETTA - E’ stata la serata di un libro su sessant’anni di centrodestra italiano, ma anche della grande verve di Azzollini. Viene introdotto da un ideale mea culpa di Pietro Mastropasqua, consigliere Pdl e vicepresidente del Consiglio comunale Fabrizio Tatarella, autore del volume “La fiaccola tricolore”, presentato sabato sera in Sala Consiliare a Molfetta, e dedicato alla storia della Destra Italiana, dal Msi in poi: “quando Fabrizio Tatarella anticipò i tempi dell’uscita dal Polo, lo criticammo, pensammo volesse svendere la storia di Alleanza Nazionale” confessa Mastropasqua. “Invece ha avuto ragione”.
La storia attuale parla della Giovane Italia “un nome che appartiene alla Destra italiana”, spiega il consigliere, che parla anche di “un libro non chiuso, del quale ci sono ancora pagine da scrivere”.
A fare da ospite anche il consigliere provinciale, Saverio Tammacco, che parla di situazioni interne (“le divisioni fanno solo male a una maggioranza concreta”) e confronti con la controparte (“Vi è ancora confusione di competenze tra province Bari e BAT, nonostante fosse stato istituito un assessore di sinistra alla sesta provincia. Una sinistra che ha speso 700.000 euro per le primarie, che continua a rivelare persone molto legate al potere e poco ai cittadini”), prima di cedere la parola all’europarlamentare Salvatore Tatarella: “nel momento in cui si fondono due realtà come AN o Msi e Forza Italia, era opportuno scrivere una storia che non era mai stata scritta, la storia di un movimento giovanile importante, una fucina per la classe dirigente: il Pdl non può fare a meno di una forte organizzazione giovanile. Nella politica quotidiana la formazione giovanile non c’è più: un confronto dialettico sano nelle scuole credo sia un passaggio fondamentale”.
Poi tocca ad Antonio Azzollini. Il sindaco parla soprattutto della situazione politica di 40 anni fa: sincero o fazioso, intelligente o furbo, indubbiamente interessante, politicamente imperdibile. “Sono stati anni terribili, in cui nessuno dei giovani di allora ha dato il meglio di sé stesso: sacrificavamo tutto, fino all’estremo. Eravamo, gli uni e gli altri, di ideologie pesanti, tali da far dimenticare l’umanità”.
“Quel periodo serve a propagandare il monito che ciò non accada più”, prosegue Azzollini, “ciascuno di noi sognava la sua rivoluzione, in cui sognavi tutti felici, ma fuori delle Sezioni, ci si scontrava. Temo che l’inasprirsi della crisi oggi possa riportare a questi fenomeni. Ma gli idioti che incitano alle pallottole non sanno cos’è, una pallottola, non sanno gli effetti che provoca. Ai giovani di oggi dico di non favoleggiare su nessuna delle cose di quel periodo, quell’epoca è chiusa, non potete immaginare e non dovete pensare: i colpi di catena non fanno rialzare nessuno, quello capita solo nei film”.
Ne ha per tutti Azzollini, per Santoro, “un cascame del comunismo peggiore, che combatte battaglie puntando alle persone, alla distruzione dell’altro. Ed era ciuccio a scuola”, ma anche per Serena Dandini, Rula Gebreal e tutta una serie di trasmissioni poco gradite: “come è possibile parlare di un problema di libertà di stampa? Ogni giorno c’è qualcuno che parla male di te: chi la invoca occupa un servizio pubblico, dice il mio programma, offende, dileggia. La libertà non è un diritto assoluto, privo di confini: ha il confine della libertà altrui”.
Autore: Vincenzo Azzollini