Giorni di ansie, di tam tam mediatici, di scenari apocalittici e di tanta, tanta confusione. Alla fi ne, tanto rumore per nulla: attorno al panico scatenatosi in città, in piena estate, alla notizia di un gruppo di molfettesi bloccati a York, nel Regno Unito, per una epidemia del virus A/H1N1 (febbre suina) scoppiata all’interno di un college, la realtà di una vicenda dipinta forse con troppo allarmismo dagli organi di stampa nazionali. A raccontare l’altra verità della vicenda a Quindici è Mara Murolo, group leader in quei giorni nel college Queen Ethelburga’s di York. Per lei, oltre alla preoccupazione per sé, anche la responsabilità di quasi trenta ragazzi. Alla fi ne, un “caso” da raccontare con il sorriso sulle labbra, non senza qualche stoccata a chi ha soffi ato forte sul mantice della disinformazione. Ecco il suo racconto. “Sarà questo uno di quei casi in cui poter aff ermare: io c’ero? Non ho partecipato ad un evento mondano né assistito ad un concerto epocale ma, forse, mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto: il Queen Ethelburga’s college di York. Rinomato college inglese, nel nostro Paese è balzato agli onori della cronaca in quanto focolaio di infl uenza da virus A/H1N1, comunemente denominata suina, proprio mentre ospitava 150 ragazzi italiani in vacanza studio all’estero. In quanto assistente di 29 simpaticissimi adolescenti salentini, mentre il 30 giugno un volo della British Airways ci conduceva oltre Manica, ero pressoché convinta che gli unici malori, in cui quasi sicuramente ci saremmo imbattuti nei successivi 14 gg, sarebbero stati causati dalle quotidiane porzioni di “fi sh and chips”, classico esempio di junk food (…non me ne vogliano gli inglesi!) che avremmo ingerito nel paese ospitante. Non è stato così. Trascorsa una settimana dall’arrivo nel Queen Ethelburga’s college che, oltre ai 150 ragazzi italiani (provenienti da Sicilia, Puglia, Campania, Lazio e Sardegna), accoglieva studenti francesi e spagnoli, con cui i primi hanno condiviso sala mensa e altri luoghi ricreativi, si sono manifestati i primi casi d’infl uenza”. Al manifestarsi dei primi sintomi, non si ipotizza immediatamente che possano essere riconducibili alla febbre suina. Ma in un secondo momento, quando appare chiaro di cosa si tratti, l’intervento dei medici è encomiabile, come racconta Mara: “lo staff medico, inizialmente, ha escluso la possibilità che si trattasse di infl uenza suina. Questa convinzione è venuta meno quando il numero di ragazzi italiani colpiti dagli stessi sintomi (placche in gola, raff reddore e febbre alta) ha iniziato ad aumentare fi no a raggiungere un terzo del totale. I membri della direzione e l’equipe medica italiani hanno saputo fronteggiare questa emergenza nel miglior modo possibile. Innanzitutto hanno evitato inutili e controproducenti allarmismi che avrebbero impedito agli studenti di apprezzare e trascorrere serenamente gli ultimi giorni della loro vacanza studio in quella meravigliosa zona d’Inghilterra, quale è lo Yorkshire. In secondo luogo hanno tranquillizzato i genitori dei 150 piccoli ospiti italiani del college accogliendo, senza mai stancarsi, 24 ore su 24, le loro telefonate, nell’ambito delle quali li hanno aggiornati in modo preciso e puntuale sullo stato di salute dei fi gli, contenendone così le preoccupazioni, alimentate, invece, dai mass media. Stampa e tv nazionali, infatti, puntando (forse troppo) l’attenzione sui casi in cui questa infl uenza è risultata mortale, non hanno (al contrario di quanto precisato dallo staff medico presente a York), con altrettanta enfasi, sostenuto che il tasso di mortalità dell’infl uenza da nuovo virus A/H1N1 è inferiore rispetto alla classica infl uenza di stagione che, per soggetti immunodepressi, può risultare altrettanto letale. Il dubbio che questo tipo di pubblicità sia stato fi nalizzato a favorire le case farmaceutiche produttrici delle ormai famose compresse di Tamifl u, l’antivirale da somministrare a chi è colpito dal nuovo virus (ma che, in Inghilterra, è stato somministrato, per prevenzione, anche a chi, come la sottoscritta, pur essendo stato a contatto con chi ha contratto la malattia, non ne è stato colpito), è lecito”. Tranquillità innanzitutto: un pronto intervento e la capacità, da parte dei responsabili e dei sanitari di “fi ltrare” il panico che invece si respirava all’esterno, nella regione e addirittura Oltremanica, hanno tutto sommato trasformato quella che poteva apparire come una grave emergenza in una vacanza particolare, forse solo un po’ più curiosa del solito. “L’epidemia suina non ha scoraggiato i teenagers di casa nostra che, anzi, hanno disposto di molto più tempo libero per socializzare dato che -prosegue Mara- proprio per evitare ulteriori contagi, qualche giorno prima del rientro in Italia, i membri della direzione italiana del college, di comune accordo con i medici, hanno sospeso ogni attività che i ragazzi avrebbero dovuto svolgere in ambienti chiusi, lasciando loro la possibilità di utilizzare liberamente quelli aperti che il Queen Ethelburga’s college off re e nei quali non mancano ping- pong, calcio balilla, campi di calcio, di tennis e di golf nonché comode panchine su curatissimi prati. Durante il viaggio di ritorno, il 14 luglio, il mio e il pensiero dei ragazzi pugliesi che ho riaccompagnato (24 su 29: 5 sono rimasti a York fi no al sabato sera perché non ancora completamente guariti) non poteva non essere rivolto all’esperienza appena terminata, ai simpatici aneddoti che la renderanno indimenticabile, agli incantevoli panorami che l’ Inghilterra ci ha regalato, alle nuove amicizie che ha fatto nascere. E, proprio quando l’infl uenza suina sembrava ormai essere un lontano ricordo, chiuso tra le mura del Queen Ethelburga’s college, eccola ricomparire, più attuale che mai, prima all’aeroporto di Bari-Palese, dove abbiamo potuto abbandonare l’aereo solo dopo aver compilato, con i nostri dati personali, un modulo distribuitoci da un’impiegata del Ministero della Salute che, in questo modo, avrebbe potuto rintracciarci laddove uno di noi, solo dopo il rientro in Italia, avesse manifestato i sintomi della nuova infl uenza; poi a Brindisi, dove, oltre che dai genitori dei ragazzi, siamo stati accolti da telecamere e fl ash di fotografi di emittenti televisive locali nonché da giornalisti della carta stampata”.
Autore: Vincenzo Azzollini