L’avevo promesso nei primi mesi del 2016: per il 90° anniversario dell’Hoboken Italian Festival, la festa della Madonna dei Martiri organizzata in New Jersey, nella seconda settimana di settembre, dai molfettesi emigrati negli States, avrei portato la bandiera del Comune di Molfetta affinché potesse aprire la processione, accanto a quelle, già presenti, degli USA e dell’Italia. La delega assessorile ai Rapporti con le Comunità di molfettesi all’estero mi aveva permesso di conoscere più da vicino le Associazioni dei nostri concittadini emigrati oltreoceano che, attraverso il culto della nostra Patrona, mantengono vivo e solido il legame con la loro terra d’origine. Un legame affettivo accompagnato da una tenera nostalgia per le tradizioni e i luoghi che, per alcuni di loro, di seconda, terza, quarta generazione, sono conosciuti solo attraverso i racconti di chi è partito, tanti anni fa, con poca roba in valigia ma con tante speranze, tante aspettative e tanta buona volontà. Decisivo è stato l’incontro con don Giuseppe de Candia, padre spirituale dell’Associazione Molfettesi nel Mondo, che in un casuale incontro mi sollecitò a che l’Amministrazione concedesse attenzione istituzionale ai nostri emigrati. Mi ricordo il piglio quasi severo con cui mi fece rilevare come Molfetta dovesse buona parte del proprio sviluppo proprio ai pezzi di città andati a lavorare all’estero, alle loro generose rimesse, inviate alle famiglie spesso a costo di grandi sacrifici e privazioni e di come una città distratta ed ingrata li stesse a poco a poco dimenticando. Non contributi mi sollecitava don Giuseppe, ma accoglienza almeno pari a quella che i molfettesi in America, in Australia, in Venezuela, in Argentina ed in altre parti del mondo riservavano all’ultimo dei molfettesi che capitava dalle loro parti. Ecco, quindi, il significato della bandiera e della nostra presenza: un segno visibile del legame della municipalità con i propri figli lontani, un segno tangibile di profonda appartenenza e di omaggio istituzionale agli sforzi compiuti per non disperdere il comune patrimonio di cultura, di tradizioni e di valori. La certezza che la nostra città aspetta i ritorni e che anzi si augura che chi non c’è mai stato venga a vedere, a sentire, a vivere la culla delle proprie origini, a calpestare la terra dove affondano le proprie radici. Concluso anzitempo il nostro mandato di governo della città, devo all’Associazione Molfettesi nel Mondo l’onore di avermi chiesto di rappresentarla nella consegna della bandiera che, nel frattempo, il Commissario straordinario Mauro Passerotti, concorde nel voler mantenere l’impegno, aveva donato all’Associazione affinché fosse portata in New Jersey. La sera del 9 settembre, in concomitanza con la benedizione dell’oro della Madonna, impartita dal Vescovo Mons. Domenico Cornacchia, anche lui volato in America in visita pastorale, ho potuto consegnare la bandiera con lo stemma del Comune all’Associazione Madonna dei Martiri di Hoboken, riunita, insieme a quella femminile, nella Saint Francis Church, la chiesa dove è custodito il sacro simulacro della Madonna e da dove, il giorno dopo, sarebbe partita la processione. Con la consapevolezza di non essere lì a consumare un rituale magari anche un po’ folcloristico ma di rappresentare, in quel momento, non solo l’Associazione Molfettesi nel Mondo ma l’intera comunità cittadina. Sabato, 10 settembre, la bandiera del Comune di Molfetta, apriva la processione, sventolando lungo le strade di Hoboken, salutata dalla me-raviglia dei molfettesi accorsi da ogni parte degli States. La nostra meraviglia, invece, era quella di scoprire quanta partecipazione genuina accompagnasse la festa. Mi è sembrato di fare un salto indietro nel tempo, di tornare a quando, bambina, la “fiera” era appuntamento atteso per tutto l’anno. Quest’anno, grazie alla Lega Navale e a Roberto Pansini di ‘‘I Love Molfetta’’ c’erano anche sei remi a completare il corteo sacro. Remi di quasi tre metri, decorati con i colori della bandiera italiana, realizzati a Molfetta e portati oltreoceano superando difficoltà burocratiche e logistiche che avrebbero scoraggiato chiunque... ma non noi! Ad Hoboken la festa deve assomigliare il più possibile a quella di Molfetta. La processione, molto partecipata, si snoda per un lungo percorso. I canti mariani, il rosario, la banda, persino i fuochi d’artificio lungo il tragitto ed infine l’imbarco su un traghetto appositamente allestito. Nelle acque del fiume Hudson, si svolge il rituale tour che conduce la statua della Madonna dei Martiri dinanzi a Ground Zero, per un momento di riflessione e omaggio alle vittime di quel terribile 11 settembre 2001, e ad avvicinarsi alla Statua della Libertà e alle coste di Ellis Island, il luogo dell’approdo delle prime ondate migratorie, oggi sede di un museo dell’immigrazione che dà i brividi. I colori del tramonto hanno reso l’atmosfera davvero suggestiva: lo skyline di Manhattan, i grattacieli dorati, persino un arcobaleno spuntato dopo un breve acquazzone, ci hanno regalato un’emozione intensa e inattesa. La presenza di Mons. Cornacchia e degli altri sacerdoti, salutata con entusiasmo ed affetto, è stata percepita come un riconoscimento di appartenenza, un’appartenenza piena e non marginale. Peccato non ci fosse proprio quest’anno don Giuseppe, trattenuto a casa da un fastidioso malanno. Quella festa è la sua festa: da quarant’anni non è mai mancato, ha animato la preparazione liturgica, è divenuto il punto di riferimento, non solo religioso, di una comunità che rimane abbracciata alle sue tradizioni, religiose, gastronomiche, sociali, pur essendosi perfettamente integrata nella patria di adozione. L’Hoboken Italian Festival dura quattro giorni, dal giovedì alla domenica. Il Frank Sinatra Park, sul meraviglioso lungomare, si trasforma in un lembo di Molfetta: bancarelle, luna park, stand gastronomici e promozionali (c’era pure ‘‘Molfetta in cornice’’con le foto della nostra città e l’invito a visitarla), musica, pezzi di luminarie pugliesi (frutto del progetto ‘‘Illuminiamo la tradizione’’ del ‘‘solito’’ Roberto Pansini e patrocinato anche dal nostro Comune). La sensazione di essere ‘‘a casa’’ è confermata dal suono famigliare del nostro dialetto, lingua ufficiale della manifestazione: ad Hoboken, anche gli americani con origini non molfettesi parlano il nostro idioma! In questo contesto, è tutto un rincorrersi di saluti, abbracci, strette di mano. Con noi, l’ansia e il piacere di scoprire amicizie e parentele comuni, lontani legami, con un’affabilità che ti commuove. L’atmosfera è surreale: la riproduzione dell’habitat molfettese da una parte e, di fronte, sull’altra riva del fiume, Manhattan con le sue luci e i suoi grattacieli. Di sera, in particolare, lo spettacolo ti lascia senza fiato. Ma Molfetta non è solo Hoboken. Anzi, bisogna dire che in questi anni molti sono i molfettesi che hanno lasciato la cittadina che si è trasformata in un’elegante zona residenziale scelta da molti giovani rampanti newyorkesi. Gli anziani mi raccontavano di come era Hoboken quando loro sono arrivati, del tanfo e dei fumi delle industrie, di come era diventata poco vivibile con l’insediamento di clan portoricani spesso impegnati in lotte violente tra di loro e della fuga di molti molfettesi verso altre città non solo del New Jersey. Oggi, una delle città a più alta densità di popolazione molfettese è Little Ferry, non molto lontana da Hoboken, governata da ben tre mandati dal Major Mauro Raguseo. Il nome tradisce inequivocabilmente le sue origini: figlio di molfettesi, orgogliosamente legato alla nostra città. Mauro aveva 29 anni quando è stato eletto Sindaco la prima volta. Lo scorso anno è stato rieletto la terza volta con un consenso plebiscitario. Con Little Ferry ci lega un progetto di gemellaggio già approvato dal nostro Consiglio Comunale e che ora attende la formalizzazione negli USA. Il Major Raguseo ci ha onorato di un invito ufficiale presso il palazzo municipale dove, alla presenza di alcuni Consiglieri comunali e di altre autorità, ha consegnato al Vescovo, ai sacerdoti, al dott. Giuseppe Lopopolo in qualità di rappresentante del Comune di Molfetta e alla sottoscritta per l’Associazione Molfettesi nel Mondo, un elegante attestato con le insegne del comune e le spillette ufficiali della bella cittadina del New Jersey. Al di là dell’ufficialità, si percepiva chiaramente l’emozione di questo giovane e apprezzato amministratore che, ci auguriamo, ritorni presto in visita a Molfetta. L’incontro con i molfettesi americani nei giorni della nostra permanenza negli States è stata senza dubbio l’esperienza più significativa di tutto il viaggio, organizzato con la famiglia e un gruppo di amici. Se Manhattan ci ha stupito e stordito con l’arditezza delle sue costruzioni, le luci, i colori, i suoni, la frenesia di vite vissute a trecento all’ora, Hoboken ci ha mostrato il cuore e l’emozione di donne e di uomini che, pur essendo grati alla terra che li ha accolti, sentono forte e indissolubile il legame con Molfetta, perché mai è stato reciso il cordone ombelicale con la madreterra. E questo la città, sia come comunità che come istituzione municipale, non può ignorarlo e ha anzi il dovere di custodirlo e valorizzarlo come una preziosa risorsa.