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Guglielmo Minervini accusa: Molfetta vive nell'illegalità e il sindaco Azzollini guarda altrove
15 settembre 2011

Lo scandalo “Mani sulla città” con l’arresto in carcere del responsabile dell’Ufficio territorio comunale, ing. Rocco Altomare, di suo figlio Corrado, di suo fratello Donato e di altri dipendenti del suo studio professionale ha segnato profondamente la città di Molfetta. I cittadini sono rimasti scossi da questa vicenda, che però viene da lontano, da una politica che spesso ignora le regole e finisce per sfociare nell’illegalità. Della situazione di Molfetta, di questa vicenda, del saccheggio del territorio, della mancata costituzione di parte civile del sindaco Antonio Azzollini e della giunta, dell’illegalità diffusa e di quello che si annuncia come il prossimo scandalo, quello del porto, sul quale la magistratura sta indagando, ne abbiamo parlato con l’assessore regionale alla Mobilità, Guglielmo Minervini del Pd, già sindaco della città. A lui abbiamo chiesto di essere franco, di non concedere nulla al politichese, ma di parlare chiaramente ai molfettesi. E Minervini non si è sottratto a questo invito, come potrete leggere nell’intervista che segue. Partiamo dagli esiti dell’inchiesta «Mani sulla città». In attesa che si faccia luce sulle responsabilità penali, ci sono responsabilità politiche che non sono ancora emerse o di cui non si è preso atto? «Esiste, intanto, una responsabilità politica oggettiva: questo sindaco ha avviato, per la prima volta nella storia di Molfetta, la pratica della lottizzazione della burocrazia comunale. Per far quadrare i conti delle pretese elettorali si sono spartiti pure i posti da dirigente che prima erano selezionati tramite concorsi pubblici e assegnati a professionalità terze e indipendenti. Ora i dirigenti si scelgono sulla base della loro obbedienza e non della loro competenza. Il dirigente, lo voglio ricordare, è colui che presiede le regole non gli interessi. Ed è garanzia per tutti, non tutela per qualcuno. Un fatto grave ed eccezionale, inedito per Molfetta. Non era mai accaduto, nemmeno nelle stagioni più buie, che una giunta comunale lottizzasse anche pezzi di burocrazia, pezzi delle istituzioni. Si è annullata la distinzione tra chi governa e chi esegue, nel rispetto delle regole. Quando si annulla questa distinzione, l’illegalità è nelle cose, come dimostra la vicenda giudiziaria ‘Mani sulla città’. Il burocrate, quando non è il più capace ma il più compiacente con i desideri del politico, segue gli interessi non le regole. Questo peccato originale marchia tutta la vicenda che ha colpito l’ufficio tecnico comunale con una responsabilità politica indelebile. Ma c’è di più. La natura ambientale e il carattere sistematico dell’illegalità descritta dagli atti giudiziari sono tali che è difficile immaginare che nessuno fosse consapevole, che la politica non sapesse quello che accedeva nella stanza di quel corridoio del Comune. Era ormai di dominio pubblico, se ne parlava al bar, i professionisti locali, soprattutto i più giovani, erano vessati da questa sorta di mafia urbanistica, l’opposizione l’ha denunciata più volte in consiglio comunale e, allora, assessori, consiglieri e persino lo stesso sindaco non ne sapevano nulla? Non se ne erano accorti? Dire questo forse è peggio: l’urbanistica molfettese diventa ostaggio di un gruppo monopolistico e gli amministratori, tra le nuvole, non se ne accorgono? Fosse così, dovrebbero andarsene per manifesta incapacità. Ma chi ci crede? Invece, ho la sensazione che la vicenda sia più complessa, non abbia solo un capro espiatorio e gli intrecci, più aggrovigliati, dovranno ancora emergere. Allora avremo chiaro il danno profondo alla legalità, al territorio ma anche al libero sviluppo della città arrecato da questa amministrazione. Un danno che per gravità non ha precedenti». A queste accuse dalla maggioranza hanno già replicato che allora anche Vendola non poteva non sapere dello scandalo sanità in Puglia? «La questione sanità si svolgeva all’esterno dell’attività amministrativa, all’interno delle Asl e in un sistema estremamente più articolato e complesso. In ogni caso, nella vicenda sanità pugliese la politica ha dimostrato una capacità di risposta di cui non vi è purtroppo minima traccia nella vicenda comunale. Tedesco è stato immediatamente “dimesso”, il caso Frisullo ha comportato un azzeramento e un rimpasto di giunta. Nulla di tutto questo è accaduto nell’amministrazione comunale di Molfetta anzi, dal mio punto di vista, si è registrato un atto di avventatezza inaudita: la giunta, il sindaco non solo non prendono le distanze dagli indagati ma, con una delibera di giunta, hanno assunto gli oneri della sua difesa legale. Le giunte serie in queste situazioni si costituiscono parte civile per la tutela degli interessi pubblici feriti dall’attività illegale. In questo caso, al contrario, l’amministrazione si costituisce a favore dell’indagato contro gli interessi della comunità. Siamo al paradosso, al rovesciamento. Ecco quella delibera è come una dichiarazione esplicita, evidente, inequivocabile di complicità. Una sorta di chiamata in solidarietà. Davvero incredibile». La reazione dell’opposizione ad alcuni è sembrata timida. Ci sono stati reali imbarazzi? «Ciascuno trova quello che cerca. L’opposizione queste deviazioni le aveva sollevate nella sede propria del Consiglio comunale e nella città molto tempo prima che arrivasse la magistratura, esortando l’amministrazione a mettere in campo atti amministrativi anche di autotutela. Segnalando, a fronte di una ottusa omertà della maggioranza, i fatti anche all’autorità giudiziaria. Penso che l’opposizione non debba rimproverarsi nulla. Debba solo esortarsi ad andare avanti con maggiore determinazione e volontà, perché questo scenario di degrado sconcertante, indubbiamente uno dei più gravi della storia della città, sia consapevolmente compreso non solo nell’ambito del mondo politico ma anche sociale. E’ ora che esploda l’indignazione da parte dei cittadini perché la soglia della vergogna è ormai colma. I molfettesi devono avvertire il dovere di mettersi in gioco e mettere in gioco anche la propria responsabilità per mettere fine a questo oltraggio: la fame del denaro e del potere, lo sprezzo per ogni forma di regola, stanno già rendendo la nostra città più invivibile ma anche più povera. Sì, una città impoverita, ridotta alla servitù del potente di turno, in cui un piccolo manipolo di faccendieri si arricchisce a sbafo. Non è possibile. E non è degno». L’invito a costituirsi parte civile nel processo che “Quindici” ha fatto e che è stato anche ripreso da un nostro lettore attraverso il nostro quotidiano on line è condivisibile? «Va nella direzione giusta dell’indignazione sociale diff usa. Penso che per lavare l’onta di questo onore ferito della città ci sia bisogno del concorso attivo di tutti i cittadini. C’è bisogno di una reazione nella quale ciascun cittadino senta direttamente la sua personale responsabilità. Smettiamola di pensare che Molfetta possa essere salvata da qualcun altro. Molfetta potrà essere salvata solo dai molfettesi. Impegnarsi oggi è l’unico atto di amore consentito verso la città. Il silenzio, l’indiff erenza non sono più leciti. In questo senso mi sembra molto intelligente la proposta». E i partiti? Staranno a guardare o prenderanno in considerazione seriamente questa opzione? «Siamo tutti feriti da questa vicenda che, peraltro, non è aff atto isolata. E’ un’ipotesi molto stimolante qualora, come è accaduto in questo caso, le armi della politica si rivelino spuntate di fronte a un potere arrogante che addirittura mostra sprezzo verso l’azione dell’organo giudiziario e delle forze dell’ordine. Atteggiamento arrogante del sindaco che si è già verifi cato nella vicenda altrettanto triste e grave degli ambulanti. Tra gli abusivi e la magistratura, cioè la legge, abbiamo un sindaco, unico in Italia, che si schiera con gli abusivi. Prima li legalizza attraverso trovate amministrative stravaganti (i chioschi che diventano mercati!!!), poi addirittura gli costruisce pure i gazebo con i soldi dei molfettesi e senza gara. Ormai è una spirale senza fi ne. Questo sindaco, questa maggioranza non tutelano più i molfettesi onesti, come, ad esempio, i fruttivendoli che esercitano la loro attività secondo legge in un regolare locale a posto fi sso, pagando il fi tto, rilasciando gli scontrini, ecc. No, loro tutelano, e premiano, gli arroganti e gli abusivi, i prepotenti e talvolta anche i delinquenti». Anche i lavori del porto sono fi niti sotto la lente della magistratura. La Regione intanto sente di poter dire che ha fatto tutto ciò che era in suo potere per vigilare? «Il Comune di Molfetta ha ricevuto dalla Regione una diffi da nel mese di dicembre, nella quale venivano contestate tutta una serie di irregolarità nella gestione amministrativa e tecnica dell’appalto, per altro già ravvisate sia dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, sia dalla Procura della Repubblica. Da dicembre quella lettera non ha avuto ancora nessun riscontro. L’atteggiamento omissivo del Comune è ormai una altrettanto inequivoca dichiarazione di irresponsabilità. Quella del porto di Molfetta, così mitizzato come opera del secolo, è un’altra mina devastante destinata ad esplodere. Il groviglio di pasticci combinato dall’amministrazione, la superfi cialità con cui hanno condotto tutto il procedimento e la grossolanità del progetto portano a due conclusioni: la realizzazione del porto si concluderà nella notte dei tempi (e chissà con quali costi) e, comunque, sarà un porto per pescherecci con scafo di profondità non superiore ai 6 (sei) metri. Sembra una comica e, invece, è una realtà che vale oltre 70 (settanta) milioni di euro». In questa estate è tornata alla ribalta la questione dell’omicidio Carnicella. Molfetta ha ancora qualche nodo irrisolto, qualche scheletro nell’armadio? «Io penso che troppi scheletri stiano uscendo dall’armadio. Lo scheletro più insopportabile sono le tante pratiche, i mille esempi di illegalità legalizzata grazie all’arroganza. Questa arroganza che attraverso le conniventi coperture politico-amministrative ostenta se stessa in pubblico, occupando spazi, occupando parti di strada, parti di beni comuni. Dentro questo clima di arroganza ostentata si può ricollocare anche l’attuale vicenda Brattoli (l’omicida del sindaco, che ha diff uso un manifesto di oscure minacce e chiamate di correo, ndr), un altro episodio di una prepotenza che pensa di poter elevare se stessa al di sopra delle regole rispettate da tutti. E’ un altro segno dello stesso degrado. E così ebbe inizio anche quella pagina buia. L’arroganza prima tollerata poi blandita, infi ne utilizzata a fi ni elettorali, diventa infi ne pretesa inviolabile che giustifi ca la violenza. Nel luglio1992 la città ha pagato ad altissimo prezzo la lezione. Con la prepotenza non si negozia e con le regole non si gioca. Sono i beni più preziosi della democrazia. Ecco perché quest’amministrazione sta scherzando col fuoco. Speriamo che non siano in troppi a bruciarsi, perché quando comandano i prepotenti il peggio può accadere». Da dove ripartire allora per la costruzione di un’alternativa all’attuale governo della città? «Dai cittadini. Dal lavoro nei quartieri, dal dialogo con le associazioni, dall’animazione dei giovani, dal confronto serrato con il mondo dell’impresa e della piccola impresa, della città reale. Penso che ormai questa città sia stanca di sopportare, con un senso di vergogna, questo lungo medioevo, questo sistema di potere retto da un padrone unico e assoluto. Molfetta è pronta a pensarsi molto più plurale, vitale, dinamica. La nostra città è stata a lungo considerata un punto di riferimento della Puglia più dinamica, ma da troppo tempo ha smesso di pensarsi così, perché è diventata ostaggio di un gruppo di faccendieri rapaci che si sono insediati nel palazzo di città». Perché allora nei dibattiti di questi mesi e negli ultimi documenti del centrosinistra vengono messe ancora in dubbio le scelte di sviluppo della città fatte nella seconda metà degli anni Novanta? «C’è un pezzo di sinistra che ragiona ancora in termini di città che vorrebbe e non di città che c’è. Penso che la sfi da del governo di una città complessa e diffi cile come Molfetta, inizi con la presa di coscienza delle condizioni reali. Siamo in sessantamila ma abbiamo un piccolo territorio che non riesce a dare a tutti lavoro. Su questa evidenza occorre costruire le prospettive di una città possibile senza sovrapporre le proprie prospettive narcisistiche. Il governo non è una passeggiata, ma una fatica infi nita e la mediazione non è un cedimento, ma la forma della democrazia». Tommaso Minervini, Antonello Zaza, si parla di un possibile altro candidato del Pd... Insomma, iniziano a circolare i primi nomi per le amministrative del 2013. Si andrà alle primarie per mettere tutti d’accordo? «Non mi interessano i nomi. Mi interessa il processo che spero il centrosinistra molfettese sarà in grado di mettere in campo per risvegliare le energie civili migliori della città, affi nché insieme ci si assuma la responsabilità di off rire a Molfetta un’alternativa di speranza, di fi ducia. Il vento del domani sta spirando anche da noi. Dobbiamo aiutare Molfetta a vincere la sua debolezza, a scuotere la sua pigrizia, per prendere nuovamente il largo. Così ha saputo fare nei suoi momenti più diffi cili». Ma il cantiere del centrosinistra sembra sia già naufragato... «Perché il cantiere si è soff ermato più sulla disputa attorno ai principi che sui problemi della città. Il cantiere si fa in città, nei quartieri, nelle sedi delle associazioni, tra i lavoratori, con i giovani. Ed è un grande esercizio di ascolto più che di parola». Non abbiamo parlato del suo impegno in Regione come assessore alle infrastrutture strategiche. Ma sa bene che qui la domanda ricorrente è sempre la stessa: che ha fatto per Molfetta? «Potrei dire dei 25 milioni di euro che, con Anas, sono arrivati per il completamento della viabilità della zona industriale, oppure degli 8 milioni di euro per la mitigazione del rischio idrogeologico (quello che l’amministrazione criminosamente si ostina a rimuovere) della stessa zona industriale. Ma preferisco tener fede al mio principio: lavorare per Molfetta lavorando bene la Puglia. Stiamo portando la Puglia fuori dalla crisi, oggi è un punto di riferimento per l’intero Mezzogiorno. Poi se in Puglia, grazie al trasporto aereo low cost oppure grazie allo sviluppo della crocieristica, esplode il turismo ma Molfetta, e solo Molfetta, non se ne accorge, questo bisogna chiederlo all’amministrazione comunale. Ma temo che gli basti che il sindaco-senatore faccia arrivare i suoi spiccioli per le facciate delle chiese mentre con le sue manovre sfascia l’Italia e rapina pensionati e lavoratori».

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