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Guerra ucraina Il massacro degli innocenti
15 marzo 2022

Si chiamava Polina, aveva 10 anni, frequentava l’ultimo anno della scuola elementare e la sua unica colpa è stata quella di ritrovarsi con i suoi genitori e i suoi fratellini nel mezzo di uno dei tanti blitz a Kiev dei cosiddetti “sabotatori russi”, forze speciali russe con il compito di sabotare strutture nevralgiche della resistenza e individuare degli obiettivi da colpire con i vari raid aerei. L’auto su cui viaggiava con la sua famiglia è stata bersagliata senza nessuna pietà da colpi di mitragliatrice che, oltre a far evaporare in un secondo il suo sorriso, si sono portati via la sua vita e quella dei suoi genitori mentre la sorellina si trova in terapia intensiva e il fratello si trova all’ospedale pediatrico di Okhmatdyt dove ci sono decine di bambini in cura. Alicia Hlans, una bimba di appena 7 anni, è stata invece strappata dalla sua infanzia per una scheggia che l’ha colpita durante il bombardamento della sua scuola nella città di Okhtyrka: i medici hanno fatto di tutto per non farla volare via, per non far smettere di battere il suo cuoricino ma purtroppo non ce l’hanno fatta. Non è stata la sola ad essere colpita: un altro bambino attualmente lotta tra la vita e la morte. La Bbc invece scrive che a porre fine alla vita di un ragazzo, ancora senza nome, che era uscito per un giro in bicicletta nella cittadina ucraina di Chuhuiv sarebbe stato invece un colpo di mortaio così come quello che, durante il primo giorno di guerra, ha annientano un’intera famiglia in fuga vicino a Nova Kakhovk e tra loro c’era Sofia, una bambina di appena 6 anni e un bimbo nato da poche settimane. Riportiamo alcune cronache (questa è di Paolo Di Falco sul Mondo) che raccontano l’orrore della guerra scatenata dalla follia dell’autocrate Putin, un vero criminale che ha scatenato l’inferno contro la popolazione ucraina, colpendo anche donne e bambini. C’è da augurarsi che possa pagare le sue colpe in una nuova Norimberga (si potrebbe tenere proprio a Kiev) che lo processi per le atrocità commesse con gli ucraini e per aver mandato al massacro anche tanti uomini dell’esercito russo, molti giovani di leva. Non ci sono giustificazioni che tengano in questa barbarie che mette in secondo piano la vita umana per inseguire il sogno di realizzare la Russia degli zar e un impero simile all’URSS. Ci eravamo abituati in questi ultimi due anni a combattere una guerra contro un nemico invisibile, un virus, il Covid, che ha devastato la nostra esistenza e si è portato via oltre sei milioni di persone. Ma, anche se non sarà frutto del caso, la pandemia è comunque un evento non previsto, né prevedibile. Una guerra, no. E’ stata premeditata da tempo e, nel sonno della ragione di un uomo, ha generato un mostro simile a Hitler, che minaccia anche di scatenare un conflitto mondiale, utilizzando anche armi nucleari. Cosa c’è in questa scelta, se non una follia senza alcuna giustificazione, soprattutto se si spara a donne, bambini e ospedali? Dal nemico invisibile, il virus, al nemico visibilissimo, l’autocrate russo nel pieno del suo delirio di onnipotenza che va fermato prima che sia troppo tardi. Eravamo lontani, in Europa, perfino dall’idea di una guerra e ce la siamo ritrovata in casa, quasi senza accorgercene. Nessuno voleva credere a chi diceva che Putin voleva invadere l’Ucraina. Purtroppo quella previsione è divenuta tragica realtà. Non eravamo, non siamo preparati alla guerra e alle immagini terribili che ci vengono offerte ogni giorno dal coraggio di giornalisti e fotoreporter che rischiano la vita (per fortuna oggi, c’è chi rivaluta questo lavoro, e anche Papa Francesco ha parlato di eroico impegno ringraziando donne e uomini impegnati sul fronte). Quelle immagini condannano senza appello lo zar russo e raccontano al mondo una verità che il suo popolo, oppresso e censurato, non può vedere, né può nominare la parola “guerra”, col rischio di 15 anni di carcere. Così Putin ha gettato la maschera ed è apparso il suo vero volto di ex agente del Kgb, di dittatore, di despota del suo stesso popolo che lo ha amato, non conoscendo la sua vera natura. Ma torniamo ai bambini, le vittime innocenti che si sono ritrovate, senza colpa, nel bel mezzo di una guerra che sta togliendo loro il sorriso e perfino la famiglia, i sogni, le speranze del futuro. Bambini che, nel giro di qualche settimana, si sono ritrovati dalla casa, la scuola, la palestra, alle cantine, improvvisati rifugi antiaerei. E noi europei partecipiamo con loro del dramma che stanno vivendo. Ma pensiamo anche alle immagini di quei genitori che hanno affidato i loro figli a un soldato o ad estranei che potessero portarli in salvo, pur coscienti di perderli per sempre, perché loro restano in Ucraina a difendere la loro terra e la libertà, per la quale sono disposti a morire. Ecco che noi adulti dobbiamo spiegare la guerra anche a figli e nipoti, in un’angoscia collettiva pesante, quotidiana, palpabile. Non è un film al quale stiamo assistendo attoniti e impotenti (reagire, significherebbe scatenare la terza guerra mondiale e questo è il ricatto del criminale Putin all’Occidente, del quale è invidioso, non essendo riuscito, in oltre 20 anni di potere assoluto, a migliorare il benessere del suo popolo). Il trauma di questi bambini che sono passati nel giro di poche ore dal benessere alla povertà, ad un destino ignoto, abbandonando le proprie case, il proprio paese e, in tanti casi, i propri affetti. Qualcuno, forse, pensa, che i piccoli, immaginano di partecipare ad un grande gioco: non è così, lo dicono i loro occhi smarriti. I bambini capiscono molto più di quello che vogliamo raccontare loro e si porteranno dentro per sempre questa sofferenza che inciderà sulla loro formazione. Dall’amore all’odio il passo è breve e questi innocenti lo stanno percorrendo ancora più rapidamente. L’Italia e Molfetta stanno facendo la loro parte nell’accogliere i profughi, anche se questa vicenda ha fatto comprendere quanta parte di razzismo ci sia dentro di noi, quando distinguiamo tra ucraini e africani in base al colore della pelle e della razza. E abbiamo assistito anche al rifiuto di accogliere ucraini di pelle scura a bordo dei bus “umanitari” (necessariamente fra virgolette). I neri possono morire nelle acque del Mediterraneo, ormai un cimitero. I bianchi possiamo accoglierli, anche oltre le nostre possibilità. E’ l’altra faccia di una medaglia che di umano ha molto poco. Tornano alla mente le parole del nostro venerabile vescovo don Tonino Bello: «Scuotici dall’omertà. Liberaci dalla tristezza di non saperci indignare per i soprusi consumati sui poveri, sugli emarginati, preservaci dalla tragedia di dover riconoscere che le prime fabbriche della violenza e dell’ingiustizia sono ospitate nei nostri cuori…». «Perdonaci. Anche a nome di tutti gli emigrati clandestini come te, che sono penetrati in Italia, con le astuzie della disperazione. Perdonaci, fratello marocchino, se, pur appartenendo a un popolo che ha sperimentato l’amarezza dell’emigrazione, non abbiamo usato misericordia verso di te. Perdonaci, se non abbiamo saputo levare coraggiosamente la voce per forzare la mano dei nostri legislatori. Perdonaci, fratello marocchino se noi cristiani non ti diamo neppure l’ospitalità della soglia. Un giorno, quando nel cielo incontreremo il nostro Dio, questo infaticabile viandante sulla strada della terra, ci accorgeremo con sorpresa che egli ha... il colore della tua pelle». I migranti e i profughi sono tutti uguali, anche i bambini sono tutti uguali e hanno diritto alla felicità e alla gioia della loro età. La guerra va bandita senza eccezioni, come ci ricorda ancora una volta il nostro vescovo santo. Dobbiamo coltivare la pace. Sempre. © Riproduzione riservata

Autore: Felice de Sanctis
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