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Grande bellezza murgiana vs scorie nucleari radioattive: chi vincerà?
15 gennaio 2021

Sarebbe utile richiamare la lezione di don Tonino Bello. Efficacissima! Chi non ricorda la marcia di protesta snodatasi tra Gravina e Altamura trentacinque anni fa, frequentata da migliaia di persone contro la crescente militarizzazione della Puglia? Una reazione forte alla depauperizzazione del territorio, volgarmente umiliato nella sua grande bellezza. E ci risiamo. Quella che sta per disputarsi è, per certi versi, una partita già vista. Per giunta da giocare nello stesso scenario di allora: la dorsale murgiana che lega Gravina in Puglia ad Altamura e prosegue fino a Matera, anzi fin quasi a lambire la costa jonica. Non è però una partita già vinta. Ci vorrà, ora come allora, la fermezza della società civile e delle forze politiche orientate al futuro, la lungimiranza dell’ambientalismo, l’intelligenza di chi ama il proprio territorio e ne conferma la vocazione, la responsabilità di chi promuove sviluppo sostenibile, il carisma di chi fa cultura, la spinta profetica di chi orienta la chiesa lungo la navata del mondo: per suscitare consapevolezze che generino azioni di popolari. La partita in atto. Il fatto è che occorre individuare e realizzare anche in Italia, come in altri Paesi europei, il sito unico di stoccaggio delle scorie nucleari e dei rifiuti radioattivi. Lo richiede la direttiva Comunitaria 2011/70/Euratom, a lungo ignorata dall’ordinamento interno, tant’è che la Commissione europea ha aperto formalmente la procedura d’infrazione contro Italia, recidiva di inattività dall’agosto 2015. Altra data da tenere presente è il 2025, quando saranno riprocessati in sicurezza i “rifiuti” che il nostro Paese è riuscito a depositare temporaneamente in Francia e Gran Bretagna. Il cronoprogramma per la scelta del deposito nazionale unico di materiale radioattivo e per l’allestimento e l’attivazione del sito di stoccaggio in sicurezza, richiederebbe almeno 7 anni di lavoro a tempo pieno. Ma pur risultando impossibile rispettare la scadenza, il Ministero dello sviluppo economico e quello dell’ambiente, preposti a dipanare la matassa, decidono di procedere comunque. E intanto occorre individuare l’area di stoccaggio dei rifiuti. Il Deposito unico nazionale sarà affiancato da un Parco tecnologico. I due insediamenti si svilupperanno rispettivamente su 110 e 40 ettari di superficie: nel complesso l’equivalente di 200 campi di calcio. Richiederanno un investimento di 900 milioni di euro, finanziati dalla componente tariffaria A2RIM della bolletta elettrica pagata dai cittadini titolari di utenza. A detta della Sogin, società statale incaricata della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, l’investimento genererà 4 mila posti di lavoro durante i 4 anni di cantiere, e circa 700 addetti in fase di esercizio. Nella struttura saranno ospitati due tipi di “rifiuti”: tutte le scorie degli impianti nucleari definitivamente chiusi in Italia nel 1990, attualmente stoccati in depositi temporanei lungo la penisola e all’estero (vale a dire 17 mila metri cubi di materiale radioattivo a media e alta attività, con radionuclidi riverberanti per migliaia di anni), nonché i rifiuti radioattivi di origine medico-ospedaliera utilizzati in fase di diagnosi e terapia, o derivanti dalla ricerca (78 mila metri cubi di materiale a bassa e media radioattività, riverberanti per almeno 300 anni). Quantità da stipare in una struttura a matrioska costituita da 90 costruzioni in calcestruzzo armato (dette celle) al cui interno saranno alloggiati altri contenitori in calcestruzzo speciale (detti moduli), guscio protettivo di contenitori metallici in cui già risultano affastellati i rifiuti radioattivi. La mappa dello scandalo. Ma la domanda da 900 milioni di euro è: dove collocare il deposito unico che nessuno vorrebbe sul proprio territorio? Si chiama Cnapi la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. Quella appena pubblicata ne individua 67 (dette zone) dislocate in 7 regioni, la maggior parte delle quali nel Centroitalia e nel Mezzogiorno, vale a dire proprio nei territori meno interessati dalla produzione pregressa di materiale radioattivo: 8 zone in Piemonte, 24 tra la Toscana e il Lazio, 17 tra la Puglia e la Basilicata, 14 in Sardegna, 4 in Sicilia. Le individuazioni derivano dall’applicazione di 25 criteri dettati dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) già dal 2014, distinti in “criteri di esclusione” e “di approfondimento”, per effettuare una sorta di selezione all’inverso, che approda a un ordine di priorità (classi A1, A2, B e C) delle aree individuate in base a caratteristiche fisiche, chimiche, naturalistiche e antropologiche. Insomma, procedendo in negativo e per esclusioni, il sistema ricava le aree ritenute effettivamente idonee, fra cui sceglierne una. Le esclusioni riguardano le zone caratterizzate da sismicità elevata, quelle vulcaniche, quelle a rischio di frane e di alluvioni, quelle affacciate sul mare, e naturalmente le aree densamente popolate. Ma chi ha elaborato la mappa si è guardato dall’adottare indicatori positivi come la vocazione dei territori, il patrimonio di biodiversità custodito, gli indicatori di pregio attrattivo, i percorsi di tutela e di sostenibilità ambientale già praticati. Criteri, cioè, che danno caratura e prospettiva al fatto ecologico, per non dire dell’ecologia integrale sostenuta da Papa Francesco: laddove il planare o il tuffo nel cielo di un falco grillaio si coniuga con il silenzio introspettivo della persona che lo osserva, e così guadagna sorsi di vita, incrementa orizzonti di senso ed esiti di benessere. Per non dire delle emozioni giurassiche che possono scaturire dalle orme di dinosauro in località Pontrelli di Altamura, impresse 10 milioni di anni fa, o delle possibili considerazioni esistenziali derivanti dalla scoperta dell’Ominide di Lamalunga, vissuto 100 mila anni fa, di specie collocabile tra l’Homo Erectus e l’Homo di Neandethal. Accade, così, che l’Alta Murgia barese, che custodisce questo tesoro, concentrato di bellezza paesaggistica e di qualità ambientale, alberghi in Zona speciale di conservazione della Rete Natura 2000, volta a tutelare gli habitat e le specie protette, e sia anche candidata a Geoparco Unesco, ma non per questo esente dall’accostamento a zone candidate in classe A2 per il deposito unico nazionale di sostanze radioattive: la BA-5, la BA_MT4 e laBA_ MT5, e anche la MT-3, la TA_MT-17 e la TA_MT-18… Mentre l’autorità politica sottolinea che il decreto legislativo 31/2010 riconosce al territorio prescelto un contributo economico una tantum “di consolazione”, da definirsi meglio fra gli enti locali e la Sogin per lo scempio da desertificazione del territorio per almeno 300 anni. Una sorta di mancia che da pugliese rinvierei volentieri al mittente. Ora come allora. Ci aspetta, dunque, una fase di consultazione pubblica che si protrarrà per sei mesi, fino a giugno 2021: per considerare la documentazione ministeriale in vista di eventuali note di precisazione e di ricorso, e per organizzare il cosiddetto Seminario nazionale con la partecipazione dei “soggetti interessati al deposito” (sic!): comuni, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca impegnati ad approfondire ogni aspetto dell’operazione, fino ad esperire eventuali candidature. Cui seguirà la decisione finale. Si esclude, invece, la partecipazione popolare, almeno quella attiva, anche perché entro giugno saremo ancora in pandemia. Ma c’è chi vocifera che la tempistica della selezione è stata studiata proprio per impedire una reiterata “marcia dei centomila”, come quella di Scanzano Jonico nel 2003. La cava di salgemma di Terzo Cavone nel territorio di Scanzano era stata allora prescelta dall’autorità governativa come “soluzione ottimale”. La mobilitazione popolare procurò la revoca del decreto. E tanto era “ideale” la soluzione di allora, che nella mappatura attuale, elaborata dalla stessa società selezionatrice, Scanzano non compare affatto, neppure in classe C. Ecco cosa insegnala storia: marcia dei centomila, anche questa volta, almeno come extrema ratio. © Riproduzione riservata

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