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Giulio Calvani: il PD deve ritrovare l'orgoglio di essere partito L'intervista. Il nuovo Segretario
15 novembre 2013

Giulio Galvani, 34 anni, avvocato, è il nuovo segretario cittadino del Partito Democratico. Il suo impegno civile nasce da ragazzo nel Movimento Studentesco, per poi proseguire nel giornalismo locale con “Quindici”. Ultima fatica: capo ufficio stampa nella campagna elettorale di Paola Natalicchio. Segretario, su di lei c’è stata un’unanime convergenza di tutte le anime del Pd, al punto da essere stato l’unico candidato e quindi eletto per acclamazione. Una situazione che stride con le vicende nazionali. Un dato che la lusinga o la preoccupa? «E’ stato il risultato fatto con i rappresentanti di tutte le sensibilità del Pd, per costruire una piattaforma unitaria in cui tutti potessero riconoscersi. Una piattaforma basata su due pilastri: il coraggio di cambiare e il ricambio generazionale. Il Direttivo che abbiamo costruito è espressione di questa voglia di rinnovamento. Sono contento di questa convergenza unitaria, non tanto sulla mia persona, quanto sulla proposta politica che ho presentato. Sono soddisfatto della composizione del Direttivo che fotografa il partito che vogliamo: rinnovato, età media intorno ai 30 anni, plurale e che non respinge le esperienze di chi ha guidato il partito negli ultimi anni. In condizioni difficili, all’opposizione, spesso in solitudine, in un contesto di sistema di potere azzolliniano poggiato sulla ricerca e gestione del consenso che conosciamo tutti. Inoltre, si deve a loro l’intuizione della necessità di una nuova stagione politica. La nuova Molfetta di Paola Natalicchio non ci sarebbe stata se non ci fosse stata questa intuizione del PD, prima e meglio degli altri». La fase congressuale è la più vivace nella vita di un grande partito, dove non mancano polemiche, i distinguo, colpi bassi e qualche pratica discutibile, che rischiano di inquinare un dibattito interno molto fertile. A Molfetta sembra sia filato tutto liscio, tranne l’imbarazzo dei tesseramenti last minute, che qualche mugugno ha sollevato. «Questa vicenda del tesseramento anomalo ha riguardato solo le elezioni dei delegati provinciali e non la scelta del segretario e del direttivo locale. E’ indubbio che le regole dettate dalla Direzione nazionale lasciassero delle maglie aperte per consentire i tesseramenti anomali. Consentire ai cittadini di iscriversi al partito e votare per il segretario nello stesso momento è stata una scelta infelice. Se si fosse stabilito di chiudere il tesseramento ad una data precedentemente congrua agli svolgimenti dei congressi, sarebbe stato meglio. Si sarebbe evitato di assistere a fenomeni censurabili e discutibili. Speriamo che in futuro prevalga la buona politica rispetto al rapporto muscolare tra le diverse correnti. Questa considerazione accentua l’operazione che abbiamo fatto a Molfetta, cioè evitare lo scontro muscolare tra diversi candidati e quindi sulle tessere, costruendo una piattaforma politica la più condivisibile possibile. Certo qualche voce dissonante nel congresso c’è stata, ma non ho preteso l’unanimismo assoluto, tutto sommato però ritengo che il risultato sia stato lusinghiero». Il Partito Democratico è in una fase di transizione. Il congresso è un passaggio cruciale. In gioco non ci sono le leadership ma il modo di essere un partito popolare. Sotto questo aspetto il fattore Renzi è stato scatenante nel dibattito. «Matteo Renzi interpreta il bisogno di massiccia innovazione, diffusa non solo nel centrosinistra, nei modi e nelle forme della politica e nella capacità di incidere nelle ististuzioni. Lo fa a modo suo, con un linguaggio finalmente comprensivo, utilizzando in maniera sapiente tutte le forme di comunicazione. E’ una straordinaria risorsa per il nostro partito. Renzi ha la straordinaria capacità di aggregare al partito sensibilità diverse ed esterne alle categorie storiche del centrosinistra. Lo abbiamo appurato anche a Molfetta. Con i renziani si sono aggregati al partito persone che non si sarebbero mai avvicinati al Pd e forse alla politica. Sotto questo aspetto Matteo Renzi è un valore aggiunto per il Pd. Sulla sua idea di partito ho qualche dubbio. Perché la sua idea di partito liquido non risponde alla mia. La mia idea è un partito che sappia svolgere la funzione di organismo intermedio solido, strutturato sul territorio, tra società nelle sue varie espressione e le istituzioni. Sul campo ci sono varie mozioni e il dibattito è bello e vero. Il Pd è l’unico partito popolare, che fa i congressi in cui si confrontano le diverse opinioni. Nel PdL il dibattito tra falchi e colombe è solo uno scontro tra persone. Personalmente non ho ancora scelto, perché vedo delle cose positive nelle varie mozioni. Per me Il segretario ideale dovrebbe interpretare sia l’aspetto dell’innovazione, sia l’organizzazione del partito». Dopo 12 anni il centrosinistra è ritornato a governare la città. Una caratteristica delle giunte di centrosinistra è che prima o poi deve fare i conti con il così detto “fuoco amico”? «La conflittualità tra Giunta e i partiti di maggioranza esiste. E’ un problema di ordinamento: la legge che ha introdotto l’elezione diretta del Sindaco ha spinto molto sui compiti della Giunta, togliendo ambiti di competenza ai consiglieri e quindi ai partiti. Inoltre, i tempi dell’esecutivo sono più veloci, mentre i partiti hanno una propria ritualità interna. Questo scollamento potrebbe provocare delle fibrillazioni, per certi aspetti quasi fisiologiche. Il tentativo che dobbiamo fare tutti, con il contributo della Giunta e dei gruppi consiliari, è di creare un rapporto stretto, positivo e propositivo. La sfida per i partiti è di essere in linea con i tempi, le esigenze e le sollecitazioni della Giunta. Un partito di governo come il PD deve saper discutere delle problematiche e decidere. Poi spetta ai propri rappresentanti in Giunta e in Consiglio tradurre le decisioni in provvedimenti esecutivi. Sulla questione del rapporto tra Giunta e partiti, voglio ribadire che il PD rivendicherà sempre la propria autonomia e capacità di iniziativa politica. Non dobbiamo correre il rischio appiattiti sull’esecutivo, ma di essere capaci di dettare l’agenda politica. Su questo io credo molto, perché misurerà la nostra capacità di essere forza di governo propositiva. Andare a ruota dell’operatività dell’esecutivo non gioverà né al PD né alla Giunta. Più forti saranno i gruppi consiliari nella proposta politica, più forte sarà la Giunta». Passiamo alle vicende amministrative. Sono passati pochi mesi e la nuova stagione politica praticamente non è ancora iniziata. Sulla nuova amministrazione di Paola Natalicchio sono piovute varie emergenze, la più eclatante è la vicenda del porto. Bell’esordio! «Avevamo una visione strategica della città, su cui abbiamo chiesto e ottenuto il consenso dei cittadini. Invece di occuparci di questo ci siamo trovati di fronte ad una situazione ben peggiore di quella già grave di quanto immaginavamo. La vicenda giudiziaria del porto, con il blocco dei lavori, ha stravolto le priorità. E’ un bubbone di difficile soluzione. Ritengo che sia necessaria prima di tutto fare un’operazione verità. Molte delle cose che stanno emergendo dalle indagini, il centrosinistra e il PD le ha denunciato per anni in Consiglio comunale e sulla stampa locale. La città però era sorda. Penso che, con i tempi e i modi che saranno necessari, il porto debba essere completato, in collaborazione con le altre istituzioni, Stato e Regione. Ci potrà essere un ripensamento o ridimensionamento del progetto, ma l’opera in qualche modo deve essere portata a termine. Non è possibile che quell’opera resti a metà, a sfregiare il nostro orizzonte». Come immagina il Partito Democratico del futuro? «Innanzitutto il PD deve recuperare l’orgoglio di essere partito e di svolgere un ruolo fondamentale per la crescita della nostra comunità a tutti i livelli, a partire dai territori. I dirigenti locali si confrontano con i cittadini, ci mettono la faccia nei confronti delle persone che conoscono, a cui vogliono bene, e spesso pagano lo scotto degli errori commessi dagli organi nazionali. Immagino un partito a piramide rovesciata, dove i territori, i circoli locali sono i vertici del partito. Perché tra la gente ci siamo noi dirigenti e noi paghiamo lo scotto, per esempio dei 100 voti che sono mancati a Prodi per salire al Quirinale. Sono fiducioso. Vedere a Molfetta, come in tutta Italia, i militanti e gli scritti che partecipano, discutono, che mettono a disposizione il loro tempo, sono la vera risorsa Partito Democratico». La guida PD di Molfetta è il suo primo impegno politico importante. Che significato dà alla dimensione politica? «Dare il contributo per la crescita della mia comunità. E’ questa la mia idea di politica. Si fa politica non solo nei partiti, ma anche nell’associazionismo, nei comitati di scopo che stanno nascendo, nel fare informazione, in tutte le forme di impegno civile. Per me la dimensione politica è imprescindibile dall’essere cittadino fino in fondo. Il mio impegno diretto nel PD nasce da questa consapevolezza».

Autore: Francesco Del Rosso
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