Giovanni il sacrestano di S. Stefano
Ricordo di un personaggio scomparso recentemente
Una mattina percorrendo il Borgo, antico e sempiterno scenario di una Molfetta fatto di tramonti rosso infuocati o di pallido sole che tramonta “ind’o sacc”, foriero di gran caldo o di giornate uggiose mi capitò di guardare la plancia delle affissioni che trovasi a fianco della maestosa cattedrale barocca. Tale plancia è una specie di “tatzebao” cittadino per quanto riguarda i decessi e mi saltò subito agli occhi un nome che conoscevo, non tanto per il cognome ma per il nome con cui tutti i molfettesi conoscevano il defunto: era Giovanni o meglio “Giovenn u sagresten” poiché per anni ed anni era stato il sagrestano dell’Arciconfraternita di S. Stefano ed in un certo senso era la persona che ci aveva visti quasi neonati, poi giovincelle e successivamente adulti e confratelli di quel venerabile Sodalizio. Sul momento non avvertii il senso di stupore e poi di tristezza che si prova quando scompare una persona a noi vicina, ma fui pervaso da una sottile vena d’ilarità poiché il vedere quel nome e cognome scritto in grandi caratteri sul manifesto mortuario aveva immediatamente riportato alla mia mente un episodio che “Giovenn” mi ripeteva spesso e che certamente era buffo e nello stesso tempo malinconico per il contesto semplice in cui si era svolto. “Giovenn” da buon molfettese credeva fermamente nella valenza delle Confraternite nel contesto urbano e, per non far torto ad alcuno, era confratello di quasi tutti sodalizi e nel tempo prescritto da Statuti e Regolamenti, pagava la sua quota annuale d’iscrizione ad essi. In una Confraternita formata da gente estremamente semplice, all’atto del pagamento, nel registro generale il nome di Camporeale Giovanni non compariva più e quindi il nostro, dopo lunghe e vane ricerche, non poté soddisfare i suoi obblighi pecuniari. Escludere Giovanni da una Confraternita era un atto inusitato ed impensabile e l’arcano fu risolto da una telefonata che Giovanni ricevette successivamente dal Priore in persona: il suo nominativo era stato rintracciato e pertanto era stato reintegrato nei ranghi confraternali. E qui Giovanni scoppiava sempre in una contagiosissima risata poiché il suo nome compariva come Cambroiali Giovanno! Ma Giovanni era un pilastro insostituibile e tuttora insostituito, della nostra Arciconfraternita, senza di lui non potevano essere allestiti i “Sepolcri”, senza la sua supervisione e direzione non potevano essere rimosse le statue dei Misteri dalla loro nicchia, nulla poteva o doveva essere fatto nella chiesa di S. Stefano che non venisse da lui autorizzato o diretto. Era una presenza costante, quasi un sesto Mistero, amicone di tutti, ironico con tutti ma sempre senza oltrepassare i limiti del buon gusto, rispettoso di gerarchie e ruoli, era la spalla ideale per una Consorella veramente fuori dell’ordinario: Margherita Gadaleta, da lui ossequiosamente chiamata sempre Donna Margherita ed alla quale faceva da severo custode della sedia in “primo traturo”, allontanando chi avesse per disavventura o sbadataggine occupato quel “trono”. Memorabili i loro duetti aventi molte volte come terzo interlocutore Don Gabriele Poli che alla puntuale domanda che veniva a lui rivolta da “Giovenn”, a causa della sua asma: “Cedè prvssor” rispondeva invariabilmente con un lungo sospiro: “Ahhh”. Ma Giovanni non è morto, è entrato nella leggenda perché era la memoria storica della Confraternita di S. Stefano che aveva servito per 35 anni, non c’era aneddoto, circostanza o personaggio che lui non avesse conosciuto e che non fosse da lui ricordato o descritto pittorescamente a noi, all’epoca giovani, che abbiamo avuto la fortuna di godere della sua amicizia e presenza. L’amore e l’affetto di Giovanni verso I’Arciconfraternita di S. Stefano era tale da spingerlo, con un’audacia mista ad una buona dose di sentimenti di contiguità, a chiedere all’Assemblea dei Confratelli di concedergli il privilegio di essere sepolto nella “terra di S. Stefano” e l’Assemblea all’unanimità glielo concesse per l’affetto, la stima e la riconoscenza verso il suo “sagrstèn stdend” così come lo appellavano per la sua modesta ma limpida e competente preparazione in merito a cose sacre. Ed ora ero fermo a guardare con estrema malinconia quel manifesto mortuario che recava nome e cognome scritti esattamente, come con esattezza e puntualitàmi diceva che un altro pezzo di trascorsa gioventù era scomparso. Non c’erano più esilaranti episodi da ascoltare dalla voce di “Giovenn”, non si sarebbe udita la sua voce pronta ad ordinare a “Saverie biengh sospir” di spostare portafiori e vasi perché guastavano la simmetria del suo progetto di esposizione dei Misteri, non avrebbe più sollecitato Emilio “u chen d’Send Stefn” a sbrigarsi nel lucidare gli ottoni del lumi delle statue. Un’epoca era definitiva mente tramontata e l’ultimo testimone di essa ora era solo un nome scritto su di un manifesto listato a lutto. Riposa in pace, caro Giovanni, insieme ai Confratelli che hai tanto amato e stimato in vita e che ora ti accolgono insieme nella loro “terra” come insieme a loro hai intensamente ed amorevolmente vissuto nella nostra chiesa di S. Stefano.
Gennaro Gadaleta