Gianni Vattimo e Santiago Zabala per "La voce di Sant'Andrea" a Molfetta
MOLFETTA - Sono stati Gianni Vattimo (foto) e Santiago Zabala ad inaugurare la nuova associazione culturale molfettese, "La voce di Sant'Andrea". Moderati da Francesco Paolo de Ceglia, docente di Storia della Scienza all'Università di Bari, i due hanno presentato il loro nuovo libro "Hermeneutic communism: from Heidegger to Marx", che uscirà ad Ottobre per la Columbia University Press.
Comunismo ermeneutico, perché la filosofia ermeneutica tipicamente vattimiana, secondo cui, riprendendo Nietzsche,"non ci sono fatti, solo interpretazioni", si coniuga con la prospettiva della rivoluzione. Infatti, la derealizzazione della società, avviata nella postmodernità grazie alla messa in comunicazione, ad opera dei media, delle varie razionalità locali, trova ancora un limite nel mercato e nei rapporti di potere. Essi costituiscono ancora un "principio di realtà" che fonda la sopravvivenza di una razionalità assoluta, quella americana e occidentale, al di fuori della quale ci sono gli esclusi, i deboli.
Il pensiero debole è il pensiero dei deboli perché mette in discussione le verità assolute, su cui si struttura il potere. Come afferma Santiago Zabala, "bisogna trovare una prospettiva filosofica che non abbia un fondamento assoluto, e che sia a favore degli individui ai margini della verità e della società".
Abbiamo posto a Gianni Vattimo alcune questioni, suscitate dal libro. Se è vero, come lui afferma, che nella società postmoderna si diffonde un clima di precarietà e di superficialità che tende ad "erodere" il principio di realtà per fondare una nuova esperienza della verità, basata sulla pluralità, sull'oscillazione, non è anche vero che la "neutralità" delle possibilità disposte dalla società postmoderna implicano l'adesione del soggetto ad un nuovo principio di realtà, quello costituito dall'aspetto pubblico degli enti, dei fatti, degli accadimenti? Per Vattimo, l'estetizzazione della società, a cui mirava probabilmente anche Heidegger, implica indubbiamente un alleggerimento dell'esistenza. Ma essa non può realizzarsi, visti gli argini ancora imposti dal mercato. Per questo è necessaria una rivoluzione "anarchica".
Ma, nel momento in cui è lo stesso orizzonte storico del soggetto a sfuggire all'individuo postmoderno e a non poter essere relativizzato, qualsiasi principio di realtà non resta ben saldo nella strutturazione dei rapporti di forza e di potere da cui dipende l'oppressione dei deboli? Vattimo, rispondendo alla domanda, richiama la possibilità di una rivoluzione non violenta e allo stesso tempo non strutturata (in questo senso il comunismo vattimiano è "indebolito").
Restano alcuni dubbi. Per esempio Vattimo, richiamando l'oscillazione e la precarietà postmoderna come un fattore positivo nella strutturazione della verità, nega la nozione heideggeriana di autenticità, che ripone nella "decisione" del soggetto l'unica possibilità di emancipazione dalla determinazione unilaterale operata dalla storia. Cosa può, allora, responsabilizzare l'individuo, permettendogli di riconoscere il potere del mercato e di opporvisi? Vattimo richiama Gadamer, secondo il quale pochissime volte prendiamo decisioni autentiche, e Heidegger stesso, nella fase matura del suo pensiero, sembra abbandonare tale categoria. Resta imprecisato, allora, come il soggetto della rivoluzione auspicato da Vattimo possa riprendere in mano la responsabilità del suo essere stesso, per favorire una nuova cor-rispondenza alla società, alla sua storia.
Del resto, per Vattimo, le razionalità locali sono preservate dalla società postmoderna, e non piuttosto appiattite e inserite in un nuovo terreno neutro, in cui gli orizzonti culturali sono omologati in un nuovo assoluto.
Resta l'idea di una verità come gioco d'interpretazione, come confronto e costruzione plurale, che mette in discussione l'oggettivismo metafisico, per riabilitare i soggetti. Almeno in teoria.
Ottimo inizio, in ogni caso, per la neo associazione molfettese, che ha ravvivato l'ormai arido dibattito politico-culturale molfettese con un confronto fra due grandi filosofi del nostro tempo.
Autore: Giacomo Pisani