Recupero Password
Gianni Vattimo e Santiago Zabala per "La voce di Sant'Andrea" a Molfetta
07 settembre 2011

MOLFETTA - Sono stati Gianni Vattimo (foto) e Santiago Zabala ad inaugurare la nuova associazione culturale molfettese, "La voce di Sant'Andrea". Moderati da Francesco Paolo de Ceglia, docente di Storia della Scienza all'Università di Bari, i due hanno presentato il loro nuovo libro "Hermeneutic communism: from Heidegger to Marx", che uscirà ad Ottobre per la Columbia University Press.
Comunismo ermeneutico, perché la filosofia ermeneutica tipicamente vattimiana, secondo cui, riprendendo Nietzsche,"non ci sono fatti, solo interpretazioni", si coniuga con la prospettiva della rivoluzione. Infatti, la derealizzazione della società, avviata nella postmodernità grazie alla messa in comunicazione, ad opera dei media, delle varie razionalità locali, trova ancora un limite nel mercato e nei rapporti di potere. Essi costituiscono ancora un "principio di realtà" che fonda la sopravvivenza di una razionalità assoluta, quella americana e occidentale, al di fuori della quale ci sono gli esclusi, i deboli.
Il pensiero debole è il pensiero dei deboli perché mette in discussione le verità assolute, su cui si struttura il potere. Come afferma Santiago Zabala, "bisogna trovare una prospettiva filosofica che non abbia un fondamento assoluto, e che sia a favore degli individui ai margini della verità e della società".
Abbiamo posto a Gianni Vattimo alcune questioni, suscitate dal libro. Se è vero, come lui afferma, che nella società postmoderna si diffonde un clima di precarietà e di superficialità che tende ad "erodere" il principio di realtà per fondare una nuova esperienza della verità, basata sulla pluralità, sull'oscillazione, non è anche vero che la "neutralità" delle possibilità disposte dalla società postmoderna implicano l'adesione del soggetto ad un nuovo principio di realtà, quello costituito dall'aspetto pubblico degli enti, dei fatti, degli accadimenti? Per Vattimo, l'estetizzazione della società, a cui mirava probabilmente anche Heidegger, implica indubbiamente un alleggerimento dell'esistenza. Ma essa non può realizzarsi, visti gli argini ancora imposti dal mercato. Per questo è necessaria una rivoluzione "anarchica".
Ma, nel momento in cui è lo stesso orizzonte storico del soggetto a sfuggire all'individuo postmoderno e a non poter essere relativizzato, qualsiasi principio di realtà non resta ben saldo nella strutturazione dei rapporti di forza e di potere da cui dipende l'oppressione dei deboli? Vattimo, rispondendo alla domanda, richiama la possibilità di una rivoluzione non violenta e allo stesso tempo non strutturata (in questo senso il comunismo vattimiano è "indebolito").
Restano alcuni dubbi. Per esempio Vattimo, richiamando l'oscillazione e la precarietà postmoderna come un fattore positivo nella strutturazione della verità, nega la nozione heideggeriana di autenticità, che ripone nella "decisione" del soggetto l'unica possibilità di emancipazione dalla determinazione unilaterale operata dalla storia. Cosa può, allora, responsabilizzare l'individuo, permettendogli di riconoscere il potere del mercato e di opporvisi? Vattimo richiama Gadamer, secondo il quale pochissime volte prendiamo decisioni autentiche, e Heidegger stesso, nella fase matura del suo pensiero, sembra abbandonare tale categoria. Resta imprecisato, allora, come il soggetto della rivoluzione auspicato da Vattimo possa riprendere in mano la responsabilità del suo essere stesso, per favorire una nuova cor-rispondenza alla società, alla sua storia.
Del resto, per Vattimo, le razionalità locali sono preservate dalla società postmoderna, e non piuttosto appiattite e inserite in un nuovo terreno neutro, in cui gli orizzonti culturali sono omologati in un nuovo assoluto.
Resta l'idea di una verità come gioco d'interpretazione, come confronto e costruzione plurale, che mette in discussione l'oggettivismo metafisico, per riabilitare i soggetti. Almeno in teoria.
Ottimo inizio, in ogni caso, per la neo associazione molfettese, che ha ravvivato l'ormai arido dibattito politico-culturale molfettese con un confronto fra due grandi filosofi del nostro tempo.
 

Autore: Giacomo Pisani
Nominativo  
Email  
Messaggio  
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Il profitto degli azionisti è ancora il motivo regolatore, subordinato soltanto alle necessità del militarismo e della lotta mondiale al comunismo. Dopo la guerra franco-prussiana del 1870, il capitalismo europeo conobbe una prosperità prolungata, non disturbata da profonde crisi; e ciò condusse Edward Bernstein e i suoi compagni revisionisti a concludere che gli eventi avessero smentito l'analisi e la prognosi di Marx. Ma ben presto, dopo di allora, l'economia fu scossa da convulsioni più violente che mai e l'umanità entrò nell'epoca delle guerre mondiali e delle rivoluzioni. I nostri governi non riescono più a programmare crisi e depressioni, programmando per la distruzione e la morte piuttosto che per la vita e il benessere. Non per nulla i nostri economisti, esperti finanzieri e cacciatori di posti, speculano cupamente su ciò che accadrebbe all'economia occidentale se, ad esempio, l'amministrazione americana dovesse cessare di spendere quasi ottanta miliardi di dollari per gli armamenti in un solo anno (?). Circa un secolo fa Rosa Luxemburg profetò che un giorno il militarismo sarebbe diventato la forza produttrice dell'economia capitalista; ma perfino la sua profezia impallidisce davanti ai fatti. Ecco perché il messaggio del 1917 rimane valido per il mondo in generale. Il presente punto morto ideologico e lo status quo sociale non possono davvero servire come basi per la soluzione dei problemi della nostra epoca, e nemmeno per la sopravvivenza dell'umanità. Naturalmente, sarebbe il supremo disastro se le superpotenze nucleari dovessero trattare lo status quo sociale come un loro giocattolo, e se l'una o l'altra cercasse di alterarlo con la forza delle armi. L'umanità ha bisogno di essere unita per la sua pura e semplice sopravvivenza. E dove mai possiamo trovare quest'unità se non nel socialismo? La società occidentale può aprire al mondo, purchè si liberi dai suoi feticci conservatori. Di fronte all'Occidente resta grave e stimolante il monito: tua res agitur.
Filosofo vale “amatore della saggezza”, cioè “della verità”. Tutti i filosofi hanno avuto questo carattere. Non c'è filosofo dell'antichità che non sia stato esempio di virtù agli uomini e non abbia insegnato loro delle verità morali. Tutti hanno potuto ingannarsi nelle cose della scienza; ma la scienza fisica è poco necessaria al ben vivere, e i filosofi non avevano bisogno di lei. Ci vollero dei secoli per arrivare a conoscere una parte delle leggi della natura. Un giorno basta al saggio per conoscere i doveri dell'uomo. – Ricorreva l'anno 1968, in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita di K. Marx, l 'Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura) ha indetto a Parigi un convegno internazionale sul tema “Il ruolo di Karl Marx nello sviluppo del pensiero scientifico contemporaneo”, al quale hanno partecipato studiosi provenienti sia dai paesi capitalistici che da quelli socialisti e del cosiddetto terzo mondo. E' stato il filosofo tedesco Theodor Adorno (settembre 11. 1903 – agosto 6. 1969) a porre forse la domanda fondamentale del convegno, quella stessa, del resto, che già tante volte si è sentita echeggiare da almeno cinquant'anni a questa parte. “E' superato Marx?”, egli si è chiesto nella sua relazione: la risposta è stata ampiamente negativa, e su tale giudizio hanno concordato – dalle posizioni più critiche spesso più diverse – i quarantatre relatori presenti. Il pensiero di Marx costituisce l'orizzonte filosofico fondamentale della nostra epoca, e che ad esso tutte le più recenti correnti filosofiche o ideologiche vanno costantemente rapportate o paragonate; i numerosi interventi di sociologi di diverse scuole finiscono per concordare, nei riguardi della propria disciplina, su un giudizio sostanzialmente analogo; e – anche se al di fuori del Convegno nel loro campo le divisioni appaiono assai più nette – gli economisti di fama mondiale presenti a Parigi hanno confermato la validità del modello della correlazione e dello sviluppo economico ideato da Marx, malgrado i cambiamenti intervenuti nei processi produttivi e nella stessa gestione dell'economia nei più che cento anni trascorsi dal momento che Marx elaborò per quello che sarebbe stato il secondo volume del Capitale. La società contemporanea, malgrado tutte le sue affermazioni in contrario, la sua dinamica, l'aumento di produzione, presenta aspetti di staticità e la grave crisi economica in atto, dimostra che le teorie dell'uomo di Treviri, vanno alquanto rilette e studiate.
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2024
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet