Gianna Sallustio inaugura la biblioteca della Consulta femminile
Successo e considerevole partecipazione di pubblico per l’inaugurazione della biblioteca della Consulta femminile, che ha veduto protagonista, nella cornice della Sala degli Specchi, a Palazzo di Città, Gianna Sallustio, poetessa e scrittrice, illustre collaboratrice di “Quindici”. A introdurre la serata (cui sono stati presenti anche gli assessori Betta Mongelli e Angela Amato) è stata, con le sue raffinate doti di oratrice, la prof.ssa Alina Gadaleta Caldarola, presidente della Consulta Femminile, che ha ribadito lo slogan alla base del progetto: “Porta un libro... e ne troverai altri cento”. La nuova biblioteca - un progetto, un sogno - vanta già, alla sua apertura, un significativo numero di volumi. Obiettivo dell’iniziativa è quello di creare, presso la Consulta, uno spazio lettura, cui ognuno possa donare un libro che ha amato, perché esso possa diventare occasione di incontro e di dibattito con altre persone. Alina Gadaleta Caldarola si è anche soffermata sul valore della lettura nell’epoca del trionfo della tecnologia. Senza sminuire il fondamentale apporto di quest’ultima al progresso e le sue importanti potenzialità, per esempio, a livello didattico, è bene, tuttavia, non trascurare la forza di un libro, il quale possiede “una sua immortalità, che va oltre la vita dello stesso scrittore”. A fungere da assunto basilare è stata l’idea, espressa da Marguerite Yourcenar, che la fondazione di biblioteche assomigli un po’ alla costruzione di “granai pubblici”, dove “ammassare riserve contro l’inverno dello spirito”. Dopo la prolusione iniziale, la prof.ssa Nicoletta de Palma ha dialogato con la scrittrice, prof.ssa Gianna Sallustio, che ha risposto agli stimoli della moderatrice con franchezza, rivelando senza infingimenti, com’è abituata nei suoi scritti, la propria personalità e la visione esistenziale che la caratterizza. La conversazione è stata intervallata dalla lettura di alcuni testi della scrittrice, curata prevalentemente da Ilenia Tattoli, una delle interpreti dell’Associazione “Malalingua”. La vulcanica Sallustio ha ottenuto significativi riconoscimenti come, tra gli altri, il Premio Narrativa di New York per i racconti della silloge “Mojo mojo” (con i proventi delle vendite di quest’ultimo è stato costruito un ospedale in Congo) e il primo premio “Città di Istanbul” per le liriche della raccolta “Labirinti”. La produzione della Sallustio spazia tra i domini della poesia e della narrativa, con peculiare attenzione alla società e alle sue trasformazioni e problematiche. In “Mojo mojo”, “Sango Mondele” e “Il padre bandido” l’autrice ha ripercorso la sua esperienza di volontaria, compiuta dopo la morte del marito, nelle missioni in Congo e Guatemala, gestite con energia da padre Tiziano Sofia, figura di eccezionale carisma. La scrittrice ha narrato la sua storia, evidenziandone la forza di evangelizzazione e l’estremo coraggio, che l’hanno reso caro ai poveri e ai diseredati, ma ne hanno anche fatto un bersaglio dei “potentati di estrema destra”. Nicoletta de Palma e Gianna Sallustio hanno dialogato su molteplici aspetti della creatività e della società. La riflessione si è soffermata a sondare le ragioni alla base della “lunga storia d’amore” tra la Sallustio e la scrittura. A quest’arte, ella riconosce, nel disprezzo delle logiche di mercato, una funzione diagnostica e la capacità di indurre all’autoanalisi e allo scandaglio del mondo circostante. “Battagliera, anticonformista, coraggiosa, passionale, autentica” - questi alcuni aggettivi che la moderatrice ha riferito alla Sallustio -, l’autrice ha dichiarato di rifuggire le formalità e i rituali che un gretto conformismo impone (la “divisa di oca borghese” cui faceva riferimento nelle liriche di “Quest’allotria”). In questo, ella non ha lesinato critiche al contesto molfettese, pur visceralmente amato; “quando ritorno dai miei viaggi, mi accorgo sempre più che siamo paesani. A volte dal pettegolezzo si cade nella calunnia”. La conversazione ha consentito di riflettere su svariate tematiche. Sul silenzio degli “intellettuali” (termine che la Sallustio mostra di non amare, per il suo pomposo corollario), spesso troppo narcisisti e avulsi dalla cultura e dall’impegno; sul divario tra il Nord e Sud, concetto che infiamma l’oratrice, pervasa d’amore per la sua terra; su una didattica che scompagini le metodologie tradizionali; sul viaggio come scoperta di sé stessi, in un perenne movimento che mai disgiunga la “geografia dalla storia”. Sulla metafisica, sul fascino di Gesù Cristo e di figure come Santa Caterina da Siena. Quando si parla, poi, di padre Tiziano, Gianna s’infervora e si emoziona al ricordo di quei giorni difficili e amati, trascorsi in un’Africa in cui “l’aria era così trasparente che le stelle ti ammiccavano amiche e luminose”. L’incontro vira poi verso il privato, verso l’amore di Gianna per il compianto marito, la battaglia contro la malattia, i ricordi di casa Montaruli, di un nonno dalla barba bianca, unitamente a tante altre memorie amare o care al cuore... Memorie che rivivono tra accoramento e magia, in una sera di prima estate.
Autore: Gianni Antonio Palumbo