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Geroge Farah e Mauro Germinario, la “libertà” dei gabbiani all'Università Popolare di Molfetta
16 ottobre 2012

MOLFETTA - «Mi chiamano l’uomo che sussurra ai gabbiani». È così che ama definirsi il poliedrico artista italo-egiziano George Farah che ha presentato, nella sede dell’Università popolare molfettese, la mostra di pittura intitolata «Gabbiani in libertà» che resterà aperta ai visitatori sino al 21 ottobre (dalle 10 alle 12, 30 e dalle 18 alle 21). Si tratta di un lavoro durato circa un anno, frutto del sodalizio artistico, ma anche della grande amicizia e collaborazione con il fotografo Mauro Germinario, collaboratore di Quindici (nella foto Ottavia Sgherza, presidente dell'Upm, Germinario, Palumbo, Farah)
Dalla poesia di Vincenzo Cardarelli alla rappresentazione pittorica di Claude Monet che dipinge sagome nere in paesaggi nebulosi, la figura del gabbiano ha sempre affascinato numerosi artisti. Ed è anche il caso di Farah, ammaliato da tanta grazia ed eleganza. Adottando differenti tecniche espressive, dal pastello morbido all’inchiostro di china, elemento nodale resta l’importanza e preziosità della libertà che l’autore ritrova soprattutto nel volo del gabbiano. Emblematico, a tal proposito, è il quadro che raffigura le sbarre di una gabbia al cui interno è intrappolato l’uomo, schiavo di paure e pregiudizi. Mentre all’esterno, un gabbiano orienta il suo volo verso l’orizzonte, lontano dal carcere quotidiano.
Seppur alcuni dipinti prendono spunto dalle foto di Germinario, Farah non ama rappresentare la realtà così com’è. Di fatti, con l’obiettivo di offrire un effetto di straniamento a chi si accosta alle sue produzioni, l’autore ribalta il rispetto delle proporzioni, dando un tocco naïf ai suoi quadri. Questo ensemble creativo ha l’obiettivo di favorire e far emergere l’espressività dirompente che si cela dietro ogni singolo dipinto.
Anche l’utilizzo del colore, come ha spiegato il prof. Gianni Palumbo (illustre redattore di Quindici e moderatore della conferenza), è curato nei minimi dettagli ed è frutto della mescolanza dei caldi colori del suo Oriente e della acquisita mediterraneità. «Come un fanciullo maturo che gioca con la tavolozza dei colori e si incanta dinanzi ad ogni cosa», anche l’utilizzo del bianco e nero è una delle sue peculiarità.
Godendo del canto e del volo dei gabbiani e amalgamando ironia e tenerezza, Farah omaggia, nelle sue creazioni, la città di Molfetta. Barchette attraccate nel porto, onde spumeggianti che si infrangono sulla riva, il duomo di San Corrado e i meravigliosi tramonti fanno da sfondo all’indiscusso protagonista, senza mai rubargli la scena.
Ad affiancare una personalità così creativa e profonda, l’estro della fotografia di Mauro Germinario. Un connubio perfetto che garantisce un exploit artistico entusiasmante e di notevole interesse. «Cogliendo nell’ordinarietà i sensi riposti che non tutti sono in grado di carpire», Germinario guarda alla vita come fosse un mosaico e considera la fotografia come un racconto di una storia, la storia di ciascuno di noi.
Evitando di utilizzare il fotoritocco, l’espediente utilizzato più di frequente è il file “raw” che permette di migliorare la qualità dell’immagine e di realizzare velocissimi scatti in successione per aderire alla filosofia del carpe diem.
Con un certo dinamismo, Germinario coglie l’essenza del movimento e la rappresenta con eleganza innata, mettendo in risalto la bellezza del creato. Con effetti di luce, frutto dell’indiscussa esperienza sul campo (avallata anche dalla vincita di due prestigiosi concorsi fotografici), riesce a ridisegnare i gabbiani restituendoli all’occhio di chi guarda sottoforma di siluette dalla grazia celestiale. Convinto che la fotografia debba arrivare al cuore e alla mente di chi l’ammira, la passione e la dedizione che trapelano dai sui scatti sembrano quasi dar vita ai soggetti immortalati. 
In fondo «ciascuno di noi è, in verità, un’immagine del Grande Gabbiano, un’infinita idea di libertà, senza limiti».

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Autore: Angelica Vecchio
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