Nato il 27 m a r z o 1863 a Canneto (poi unito a Montrone nell’attuale Adelfia in prov. di Bari), paese d’origine della madre Anna Maria Rubini (1826 - 1902) Francesco Saverio Picca di Domenico (1801 - 1865) visse a Molfetta nella casa paterna in via Piscina Comune (ora Capitan Domenico Picca), 96 e morì il 13 ottobre 1934 (v. Stato delle Anime della Parrocchia Cattedrale, in Archivio Diocesano, Molfetta). Repubblicano di rigidi principii con orientamento socialista, fu eletto Consigliere comunale il 6 luglio 1890 e riconfermato nelle elezioni parziali del 5 maggio 1891. Successivamente fu eletto ancora nelle elezioni amministrative generali del 1900, sedendo tra i banchi della minoranza fino all’ottobre 1901, quando fu sciolto il Consiglio comunale. Indette le nuove elezioni strinse fraterna amicizia con Gaetano Salvemini (1873 - 1957), il quale lo consigliò a presentarsi candidato nella lista dei Partiti Popolari (Socialista, Repubblicano, Radicale), e, dopo le votazioni del 23 marzo 1902, ad accettare la carica di Sindaco, per attuare quelle riforme amministrative, enunciate nel Programma degli stessi Partiti e illustrate da Salvemini in alcune conferenze tenute a Molfetta durante la campagna elettorale. Entrato in carica nella seduta consigliare del 2 aprile 1902, “alla unanimità dei voti”, Francesco Picca, “il cui nome incontrò il plauso generale del paese per la sua integrità di carattere e di costume” (Fra Rosario, L’insediamento del nuovo Consiglio, “Corriere delle Puglie” (=CP), 3 aprile 1902), durante il suo sindacato fu anche Consigliere provinciale, eletto il 25 luglio 1902 (v. CP, 26 luglio 1902), e Presidente, dal 1° ottobre 1902, del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto per sordomuti di Molfetta (v. Centenario di fondazione Istituto Provinciale “Apicella” 1864 – 1964, p. 72), per il quale, quando alla morte di Giovanni Bovio (15 aprile 1903) nel Consiglio Provinciale di Bari si volle dare il suo nome all’Istituto di Molfetta, Francesco Picca, pur essendo grande estimatore del filosofo tranese, osservò che esso aveva già il nome di Luigi Apicella, e che quindi doveva darsi il gran nome di Bovio ad altro istituto (CP, 26 maggio 1903). Il 24 luglio 1904, messo in minoranza dalle elezioni amministrative del giorno 17, egli dette le dimissioni sia da Sindaco che da Consigliere comunale e provinciale (v. CP, 26 luglio 1904). *** Nella sua attività di Sindaco particolare rilievo ebbe nel dicembre 1902 la Relazione sul Bilancio preventivo del 1903, che lesse nella seduta del Consiglio comunale del giorno 2, nel riferire la quale (in CP del 5 dicembre, La Relazione del bilancio del Sindaco) il corrispondente Poli scrive che ‘il Sindaco, innanzi a numeroso pubblico, ha fatto una applaudita relazione sul bilancio di previsione, annunziando che dall’anno 1903 sarà in parte attuato quel programma che passava per taluno un vero sogno”. Di rilievo fu anche la Relazione presentata nella tornata consigliare del giorno 12 sulla tassa di famiglia con tariffa progressiva, a riguardo della quale Fra Rosario scrisse (in CP del 14 dicembre 1902, Un’importante seduta consigliare), che “dietro elaborata relazione del Sindaco Picca, dopo vivace e ragionato dibattito in cui parteciparono Vito Balacco, l’assessore Messina Pasquale, (Mauro) Magrone, (Vincenzo) Giancaspro ed altri, venne quasi alla unanimità votata la tassa progressiva di già accettata ed entrata nella coscienza pubblica, per quanto si sia blaterata e chiacchierata da persone, le quali evidentemente non erano ancora entrate nello spirito della democratica ed equa deliberazione. Seguì poi la discussione su la refezione scolastica, dietro dotta relazione dell’assessore all’istruzione pubblica Vito Panunzio - Poli. La umanitaria proposta venne votata alla unanimità e sarà subito attuata nell’anno nuovo”. Sul “Corriere” del giorno 15 anche il corrispondente G. scriveva che a riguardo della Tassa progressiva di famiglia, “il nostro Consiglio comunale alla unanimità approvò il regolamento con la relativa tabella della tassa”. *** Di queste Relazioni fatte al Consiglio comunale Francesco Picca mise al corrente Salvemini, che insegnava allora all’Università di Messina, al quale scrisse il 31 dicembre 1902: “Carissimo Gaetano […]. Sono oramai seccato ed oppresso da tanta fatiga tra il Comune, il Consiglio provinciale, dove non sono andato che una sol volta, e l’Istituto dei Sordomuti, del quale in mancanza di altri consiglieri provinciali mi è toccata la presidenza […]. Dopo aver dato il maggior contributo della propria attività […] è doloroso vedersi attraversato da certi pettegolezzi, che strappano ogni entusiasmo. Come sai presentai il bilancio con una breve relazione per accennare e spiegare in succinto il criterio direttivo delle riforme e dei nuovi istituti che vanno a sorgere nel 1903, dimostrando ancora i mezzi per abolire la cinta daziaria nel 1904; infine poi feci leggere la relazione sul progetto della Tassa di famiglia, il regolamento e la tabella applicata in ragione progressiva, come, son sicuro per averla confrontata con parecchie altre, nessun altro Comune finora l’ha formata con criteri così democratici e giusti. Vi fu lunga discussione e curiosi incidenti, ma messa la questione di fiducia fu approvata ad unanimità; figurati ci furono dei consiglieri, che pretendevano questa Tassa dovese colpire solo la proprietà immobiliare, quasi che questa non pagasse già al Comune per ben 62 mila lire di centesimi addizionali, non fosse minacciata dalla imposizione di altre 20 mila lire di altri centesimi addizionali per l’abolizione della cinta daziaria nel 1904 e non entrasse sin da quest’anno a partecipare in gran parte alla tassa di famiglia; e dire che dopo le tue acclamate conferenze, dopo tante e minute spiegazioni si pretende che si era stati illusi e che, se si fosse sognata così la cosa, forse non si sarebbe determinato ad entrare in lotta con quel programma […]. “Ci furono poi richieste in Consiglio che si fossero stampate le due relazioni, e cioè tanto quella sul bilancio, che fu una cosa detta alla buona, senza pretese e raccolta per appunti sul verbale, che l’altra letta sulla Tassa di famiglia, lavoro più accurato e svolto dal nostro segretario [Antonio Marasca] sulle idee ed indicazioni da me fornite; ma siccome a questa proposta quell’ultimo autore si oppose, convenne anche a me oppormi e così fu rigettata. Ora però che di quelle relazioni del bilancio, dei diversi regolamenti son venute parecchie domande da Comuni e da alcuni democratici e socialisti, ed anche perché dovranno servire di norma per la Giunta provinciale amministrativa siamo stati costretti a farle stampare e appena saranno pronte te le manderò insieme al bilancio”. *** Nei primi del 1903 la Relazione del Picca sul Bilancio 1903 fu stampata dalla Tipografia Candida di Molfetta insieme all’opuscolo: Città di Molfetta, La trasformazione dei tributi e l’attuazione della tassa di famiglia con tariffa progressiva (su cui v. M. I. de Santis, Picca, Salvemini, Mons. Picone e l’esperimento riformista molfettese del 1902 – 1904, in “Studi Molfettesi”, Speciale Salvemini, nn. 13 – 14/2000, pp. 46- 47); dalla Tipografia Garibaldi di Molfetta fu stampato invece il Regolamento per l’applicazione della Tassa di famiglia nel Comune di Molfetta. Di queste pubblicazioni Francesco Picca inviò subito copie a Salvemini, ai cui apprezzamenti espressi nei sui riguardi egli rispose il 2 febbraio 1903: “Carissimo Gaetano […]. Leggendo la tua cartolina ho sorriso di compiacenza non per le doti, che hai scoverto in me e per le lusinghiere espressioni che mi usi, giacché so di non averle e di non meritarle, ma perché solo la nostra intima amicizia ed il vivo affetto te le ha suggerite. Ad ogni modo a me, che modestamente compio il mio dovere sulle tracce da te indicate, premeva una sol cosa: avere l’approvazione della mia coscienza e la tua; tenevo la prima, ora che ho avuta quella di un intelletto così elevato non ho altro a pretendere che quelli, che verranno dopo di me, sappiano trarne profitto e seguire quelle orme per il bene dei nostri concittadini. Per il merito poi che mi attribuisci è bene metter le cose apposto, perché ognuno si abbia il suo. Mi pare di averti già detto altra volta che la relazione sul bilancio la feci alla buona senza pretesa alcuna esponendo i criteri che mi avevano guidato nella compilazione dello stesso alla stregua del programma e dei principii che in diverse circostanze aveva invano suggerito dai banchi della minoranza; e perciò ritenevo che non fosse cosa da meritare la publicità della stampa, tanto che a simile richiesta fatta prima dal Mancini [Antonio] e poi dal Guidati [Alessandro] in Consiglio mi vi opposi; e ciò anche perché mentre io aveva parlato per un’ora e terza, come mi aveva fatto rilevare il Segretario, gli appunti presi poi dal Vice Segretario erano incompleti e risentono della stanchezza e di molte lacune per la mia lunga chiacchierata. Per esempio è omessa tutta la parte relativa alla Camera di lavoro, al teatro, quando può riuscire dilettevole alla classe agiata e utile agli operai come palestra di istruzione, di educazione ed anche e principalmente di socializzazione, è omessa ancora la parte più importante, che fu l’ultima, provocata da uno schiarimento domandato da Giancaspro, sui doveri che incombono ad un’Amministrazione Comunale non limitati alla semplice compilazione di un bilancio finanziario ma specialmente esteso al bilancio economico, per cui si dovrebbe con cura assidua vigilare allo sviluppo di quelle energie sopite dei cittadini, che portano all’aumento e alla formazione della agiatezza. […]. Ad ogni modo e per queste omissioni e perché si tratta di cose da tutti conosciute e risapute e perché temevo di eccitare qualche gelosia mi sarei opposto ancora dopo alla publicazione sia pure del verbale consigliare così come è ridotto, se l’annunzio dato dall’Avanti! a mia insaputa non mi avesse fatto piovere addosso un mondo di richieste, che mi era impossibile diversamente soddisfare se non con la stampa. Del resto poi bisogna convenire, senza forzare l’eccessiva modestia, che mi rimproveri, che la cosa per se è poca cosa, che oltre la sincerità ed il senso comune non merita quell’elogio che mi fai, certo ispirato solo dalla nostra fraterna amicizia. Quella che poi merita davvero qualche considerazione è la relazione sulla tassa di famiglia, scritta tutta dal nostro egregio e dotto Segretario, il quale, ad onta che fosse contrario a quella tassa, ha saputo così bene immedesimarsi nei mie principii, sentimenti e suggerimenti e fare tali ricerche ed ammonire tali dati statistici da formare poi quel lavoro, che ritengo davvero pregevole, ma che non è opera mia. Io voleva publicarlo col suo nome, ma lui recisamente vi si è opposto, anche perché come impiegato avrebbe suscitato malumori e censure pregiudizievoli. “Resta dunque inteso che come lavoro di esposizione la mia relazione è una cosa alla buona e quella del nostro Segretario Comunale è di valore.” (si ringrazia l’Archivio Gaetano Salvemini di Firenze per la concessione delle riproduzioni delle due lettere inedite). *** Modesta o no che fosse nella considerazione di Picca l’esposizione della sua Relazione rispetto a quella del Segretario comunale, di grande valore restano comunque in essa le parole dal lui indirizzate (p.3) ai Signori del Consiglio, prima di entrare nell’esame del Bilancio: “Mi permetto ricordare – egli dice – quello che accennai nella seduta inaugurale che ebbi l’onore di presiedere; e cioè che quest’Amministrazione, elevandosi sulle ire di parte e consapevole dei doveri non verso i soli suoi elettori, sibbene verso la cittadinanza intera, avrebbe tenuto con fermezza ed imparzialità il governo della cosa pubblica, senza debolezze a pretenziose intimidazioni e senza condiscendenze a lusinghiere promesse. “Nè, credo, a questo compito siamo venuti mai meno, animati come siamo dal concetto non di formarci delle clientele occulte e deviatrici dal reto sentiero, ma di apportare lealmente il nostro contributo al libero sviluppo delle energie cittadine e del bene pubblico. A conseguire questo scopo però è necessario seguire un programma liberamente accettato da eletti ed elettori, che sia l’esplicazioni dei desiderati del proprio partito, altrimenti non vi sarebbe alcuna ragione perché a questo posto ci fossimo noi e non altri. E poiché siamo in sede di bilancio, che è il mezzo esplicativo di un determinato programma, è questa la sede propria, in cui veniamo a chiedere dalla cittadinanza il suo giudizio spassionato e severo sulla nostra condotta amministrativa di fronte ai patti giurati nei comizii elettorali e da voi, Consiglieri, il vostro illuminato parere e gli opportuni suggerimenti per qualche modifica di dettaglio”.
Autore: Pasquale Minervini