Fausto Bertinotti a Molfetta: "democrazia a rischio, ripartire dall'uguaglianza"
Presentazione ieri sera del libro "Chi comanda qui". Le riflessioni dell'ex presidente della Camera sul presente e sul futuro del Paese
MOLFETTA - «La domanda è: in futuro staremo meglio o peggio? La mia risposta è: peggio. A meno che… ».
Parla di presente, di passato e soprattutto di futuro del Paese, in una pienissima Sala Finocchiaro in Fabbrica San Domenico, Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera e segretario di Rifondazione Comunista fino al 2006, alla presentazione a Molfetta del suo libro “Chi comanda qui” voluta ieri sera dalla libreria Il Ghigno e dalla presidenza dell’ ITCG “Gaetano Salvemini”.
«Ma è un “a meno che” che riguarda te, non è l’attesa provvidenzialistica del sole che si leva la mattina: interroga te, cosa sei disposto a fare perché non vada peggio» ha detto Bertinotti al pubblico, rappresentato anche da tanti ragazzi dell’istituto tecnico commerciale molfettese, «perché i grandi flussi della storia, anche se non dipendono solo da te, non possono avvenire senza di te».
Quella di Bertinotti è una analisi sulla condizione attuale dell’Italia, su ciò che si è perso del sogno democratico iniziato oltre 60 anni fa, ma soprattutto su quelli che possono essere gli scenari futuri, a cosa si va incontro, e a cosa invece si potrebbe andare incontro: « tanta gente, malgrado il clima avverso, non si è piegata ad essere niente. C’è un’Italia bella, a volte bellissima, nascosta. Sta anche cambiando il vento in Europa, con una ricrescita della partecipazione dei movimenti. Anche in Italia, quel Berlusconi che appariva così potente fino a qualche tempo fa oggi è una pallida espressione di sé». E’ l’unico riferimento che Bertinotti fa all’attuale momento politico del Paese, e alla possibile crisi di Governo. «Ma la soluzione di questa crisi, la fine del berlusconismo, non è detto che dia vita a una società migliore. Se a Berlusconi sostituiamo una banca centrale che governi la nostra vita, non è detto che sia meglio. E’ il tempo in cui si decide se noi e i nostri figli vivremo in società democratiche o società oligarchiche».
E poi, una lunga riflessione, stimolata dal preside dell’istituto, Sabino Lafasciano, su quello che è stato il punto di partenza del cammino democratico italiano: la firma dei padri costituenti su quel documento che doveva essere il plinto dello Stato Italiano, e che oggi viene sempre più messo in discussione, sempre più a rischio, la Costituzione. Le suggestioni, lo spirito, l’unicità di quel momento prova a raccontarle Fausto Bertinotti. «Disse una volta Pietro Calamandrei a una platea di giovani parlando della Costituzione: “pensate che dietro ogni parola di quel documento c’è un giovane come voi che ha perso la sua vita”. Non era retorica. La Costituzione non è solo un insieme di regole, ma rappresenta la tensione all’uguaglianza, l’espressione di un momento storico in cui si pensava, dopo la guerra e dopo un punto che sembrava irraggiungibile nel male, che ciò che sarebbe venuto dopo sarebbe stato meglio del passato. Oggi, per la prima volta da allora, le nuove generazioni stanno peggio, materialmente e spiritualmente: siamo precari perché è il futuro ad essere incerto».
«Allora», prosegue Bertinotti, «la Costituzione conteneva l’idea dell’uguaglianza sociale: se smarrisci quest’idea, smarrisci anche l’idea di regola. L’ambizione dei costituenti era andare oltre le premesse delle costituzioni repubblicane, che limitavano il potere assoluto per una divisione dei poteri. Ma perché non avevano retto all’urto nazifascista? Perché il potere non era realmente detenuto dal popolo: bisognava mettere l’uguaglianza al di sopra dell’economia. Fu una rivoluzione cuturale: fino ad allora le costituzioni parlavano di sovranità e di popolo, dicevano chi comanda qui. Per la prima volta, nella Costituzione Italiana, si parla di lavoro, come mai era avvenuto nelle altre costituzioni nella storia, il costituente dice una cosa esplosiva, parla di rimuovere tutti gli ostacoli economici e sociali».
Ma c’è anche da raccontare cosa si è perso di quel sogno, della straordinarietà di quel documento, nel tempo: «ai successivi trent’anni gloriosi di lotta in questa direzione, sono seguiti altrettanti di marcia inversa. Questo processo ha determinato la messa in discussione di quella marcia di uguaglianza, così come al tripartizione del potere, fino alla crisi della democrazia, come riequilibrio dei poteri a favore di chi non ce li ha. Oggi c’è un sovrano occulto dietro il sovrano manifesto: il Mercato. Non bisogna solo pensare a cacciare il tiranno, ma a ricostruire quella molla che si chiama uguaglianza. Rischiamo di essere nella notte della democrazia europea. A meno che… ».
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Autore: Vincenzo Azzollini