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E.T. IL RACCONTO
15 dicembre 2014

Annalisa esce a precipizio, stravolta, dalla stanza dell’obitorio: “Fermati, non entrare!”, grida quasi in un singhiozzo a Nina, che l’aspetta fuori e che è tanto più giovane e impressionabile, ma questo non ha impedito che la ragazza scorgesse dalla porta aperta e subito richiusa, quello che voleva evitarle di vedere. Il piccolo essere giace sul tavolo, immobile: il ventre gonfio, la testa appuntita, i bulbi oculari che sporgono sotto le palpebre chiuse, e la bocca larga, quasi senza labbra, che sembra accennare un sorriso da bassorilievo etrusco. E’ sconvolgente, sembra E.T., l’extraterrestre del film di Spielberg. Il padre singhiozza, accasciato come un sacco vuoto su una sedia di metallo dalla vernice scrostata nel corridoio poco illuminato. Annalisa e Nina sono volontarie in una grande organizzazione cattolica caritativa e lavorano bene insieme. Hanno anche avuto cariche di una certa responsabilità e hanno seguito e continuano a seguire questa vicenda. La storia è iniziata quando viene segnalato al gruppo con il quale operano che una giovane prostituta, che loro avevano già incontrato e aiutato tempo prima e della quale avevano perse le tracce, ha avuto una bambina che il padre non ha voluto riconoscere. Rosa, - non è questo il suo vero nome – manca di tutto; vanno subito a trovarla, vive in un sottano senza luce e aria, le portano latte per la bambina, pannetti, viveri, indumenti e si danno subito da fare per trovarle una abitazione almeno più decorosa. Continuando a seguirla, nei giorni successivi, notano la presenza assidua di un uomo, nella vita di questa donna che cerca di comportarsi onestamente. Rosa aveva detto loro che la bambina non era sua, così Annalisa, coraggiosamente, incontrandolo sulla soglia della modesta abitazione l’ha fermato chiedendogli perché continuasse a cercare la donna. L’uomo si è difeso dicendo che è tanto che voleva bene a Rosa, non le chiedeva niente e cercava di difenderla da ex clienti importuni. Le due amiche cercano loro di incontrarlo in più riprese, hanno preso informazioni e sanno che è una brava persona, vedovo e senza figli, vive in una casetta di sua proprietà. “Perché non la sposa?”, chiede impulsivamente Nina un giorno che si è fermato più a lungo a parlare con loro e cercano di convincerlo che un rapporto stabile avrebbe giovato sia alla donna che a lui. L’uomo esita, sia per il difficile passato di Rosa che per la differenza d’età, ma le signore non si danno per vinte e l’uomo cede all’idea del matrimonio che Rosa ha visto di buon grado. Nessuno dei due ha parenti, così, con l’aiuto del gruppo, gioiosamente, si preparano le nozze. Viene trovato un bell’abito da sposa, donato da una giovane donna che si è sposata qualche anno prima e ha la stessa taglia di Rosa, fiori per la Chiesa e un piccolo rinfresco nel salone parrocchiale. L’uomo dà il suo nome alla bambina che lo chiama papà e che lui continuerà a seguire negli anni con autentico affetto paterno. Annalisa e Nina non abbandonano la famiglia, Rosa ha sempre un punto di riferimento nelle due amiche, e un giorno confida loro che aspetta un bambino. Le due amiche apprendono la notizia con preoccupazione: c’è una notevole differenza di età fra i coniugi e lui alza spesso il gomito, non ha mai fatto male a nessuno, le sue sono sbronze tristi che lo annebbiano e lo fanno dormire. La gravidanza è difficile, i medici non nascondono una grande preoccupazione, ci sono sintomi inquietanti e quando il bambino sta per nascere bisogna ricoverare immediatamente Rosa al Policlinico. Le due amiche l’accompagnano e Annalisa riesce a veder per un attimo il piccolo, agonizzante, fra le braccia di una infermiera: la sconvolge la vista di una lingua lunghissima che esce continuamente dalla bocca dl neonato come quella di un camaleonte. Il bambino muore dopo poche ore, alla madre non lo hanno fatto vedere, le hanno detto che è morto durante il parto. Il padre, così felice all’idea di avere un figlio maschio, ha purtroppo dovuto vederlo sulla lastra del tavolo dell’obitorio e ora è lì, abbandonato come un sacco vuoto sulla sedia dalla vernice scrostata, nel corridoio angusto e triste. Ancora una volta le due volontarie si preoccupano perché il neonato abbia un dignitoso seppellimento convincendo un ausiliario dell’obitorio a provvedere senza grandi spese che, ovviamente, si accollano loro. E.T. è tornato tra le stelle. Rosa non ha più avuto figli, il marito ha smesso di bere e la vita della famiglia scorre su binari tranquilli, la bambina è oggi una bella ragazza, ha studiato e sta per sposare un bravo giovane. Questa è una storia vera, raccontatami dalle due protagoniste, sempre amiche; il loro generoso entusiasmo non è mai venuto meno, ci sono tante persone da aiutare. Ogni tanto guardano le stelle, in cerca di E.T.

Autore: Marisa Carabellese
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