Enza Buono: Pettegolezzi di condominio e altri racconti
Un pubblico qualificato e incuriosito ha partecipato, presso la libreria “Il Ghigno”, alla conversazione con la scrittrice Enza Buono, che ha presentato il volume Pettegolezzi di condominio e altri racconti (Nottetempo, Roma 2011). A introdurre l’autrice la pittrice e scrittrice molfettese Marisa Carabellese, che, con la consueta finezza critica e l’eleganza che la contraddistingue, ha introdotto l’uditorio nell’atmosfera della silloge, con attenzione persino ai profumi (uno su tutti quello “lieve e penetrante della lavanda in fiore”) e ai sapori che costellano il percorso compiuto dai personaggi del volume. Un’opera fortemente intimistica, caratterizzata, come l’oratrice ha evidenziato, da un sottile, raffinato, scavo nella psicologia dei personaggi; uno scritto ben alieno dalla chiassosa e fastidiosa pruderie tipica del pettegolezzo di condominio e imbevuto di un solido substrato di letture, soprattutto nell’ambito della letteratura francese e russa. Enza Buono, madre di Francesco e Gianrico Carofiglio, ha dialogato col pubblico, soffermandosi a delineare il proprio rapporto con Bari e con la Sicilia, sua terra d’origine, cui l’autrice ha dedicato nel 2008 Quella mattina a Noto. La passione per il romanico pugliese, “così luminoso”, l’ambivalente tensione al viaggio (“tornare da un viaggio le dava il senso di una sconfitta”), gli affetti familiari, rievocati con maestria nel bellissimo microcosmo del racconto dedicato al cagnolino Randi: sono tutti aspetti sui quali la scrittrice indugia, con acuta ironia e un’affabilità che è propria di alcuni suoi personaggi (ad esempio l’io narrante di Pettegolezzi di condominio). La serata si è conclusa con un fecondo dibattito e le stimolanti riflessioni di Isa De Marco sulla lettura e l’animazione culturale nella società odierna. Tra i temi dominanti della silloge figura senz’altro l’“inchiesta”. È una quête sempre sofferta quella condotta dai personaggi dei racconti: è il caso della Nicole di Vacanze che muove, indotta dal sordo dolore destato dall’assenza, alla riappropriazione della figura della madre, la petite italienne, per poi accorgersi di essere, in fondo, più che altro in cerca di se stessa, nell’inconscio desiderio di affrancarsi dai comodi reami di una “serena superficialità”. Inchiesta lacerante per approdare a una verità scomoda è quella di Daniele, protagonista di Pettegolezzi di condominio: suo snodo ultimo sarà uno squallido caseggiato popolare, ipostasi del tragico squallore di un dramma familiare dell’ipocrisia e dello stolido perbenismo, in cui paradossalmente il peccato che la vox populi stigmatizza appare meno grave della disumana punizione inflitta a chi se n’è ‘macchiato’. La silloge ci regala anche l’inattesa ribellione di Clotilde a un destino di rassegnata attesa della fine: liberare le scrivanie e gli scaffali della propria casa da un asfissiante ‘cartame’- ciarpame equivale a un gioioso svincolarsi dall’aroma stantio della vecchiaia in un nuovo, inebriante, slancio vitalistico. Tra i più bei fiori del libello possiamo annoverare il racconto Randi: il cagnolino in questione risalta con limpida dolcezza nell’adorazione devota verso il suo amato padrone Gianrico. La narrazione si impenna sino alla Spannung nel duello rusticano tra l’io narrante Enza e Randi: è allora che l’animale dimostra di aver appreso dagli uomini “la sottile ipocrisia del vivere civile”... Se, tuttavia, confrontata con la velenosa ipocrisia che informa di sé il pettegolezzo di condominio, la furbesca malizia con cui Randi si volge alla contemplazione del chiaro di luna per sottrarsi, con aria di affettata indifferenza, a un rabbuffo dell’agguerrita matriarca è una lezione di stile ed eleganza che l’umano consesso potrebbe forse scimmiottare, ma mai attuare con la medesima ineffabile grazia.
Autore: Gianni Antonio Palumbo