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Emigrare all'estero può essere anche un'opportunità
15 dicembre 2007

Immigrazione: fenomeno affascinante e controverso, soprattutto in Italia. Possiamo averne un'opinione positiva o negativa, ma ci siamo mai chiesti cosa succede quando è l'italiano l'immigrato? Quali diffi coltà deve fronteggiare? Quale accoglienza riceve? Ne parliamo con Giovanni La Forgia, nato nell'agosto del '47 a Molfetta, residente da più di 30 anni in Olanda, dove gestisce un'importante azienda d'auto d'epoca, sposato da 30 anni con la signora Elly Besselink. Vi raccontiamo non solo la storia di questo “molfettese nel mondo”, ma anche una realtà culturale e imprenditoriale totalmente differente da quella italiana: da cui, forse, sarebbe meglio desumere qualche insegnamento. Quali motivazioni l'hanno spinta ad emigrare in Olanda? «Sono stato spinto 36 anni or sono ad imbarcarmi in quest'avventura per la necessità di trovare un lavoro sicuro che mi desse sicurezza economica. Lavoravo come autoriparatore, insieme a mio cognato, a Serra Capriola, cittadina di montagna tra il Molise e la Puglia, segnata da un'economia a sistema familiare. Non era una vita facile e, come tutti i giovani, aspettavo l'occasione per migliorare la mia condizione. Del resto, emigrare in un Paese straniero era all'ordine del giorno in Italia! Nell'agosto del 1970 conobbi sempre a Serra una famiglia olandese in vacanza, che mi parlò della vita in Olanda e delle numerose occasioni di lavoro». E ha deciso di partire. «Il 20 agosto dello stesso anno. Nulla era stato programmato. Alla speranza di trovare qualcosa di meglio, all'entusiasmo di affrontare una nuova avventura, si sommava l'ansia di dovermi trovare di lì a poco tra gente straniera, che non parlava la mia stessa lingua e la tristezza di dovermi lasciare dietro la mia famiglia e la mia terra. Ho viaggiato con quella famiglia, in automobile e, appena arrivato, sono stato assunto con molta facilità, il 27 agosto». Quale opinione hanno gli olandesi per gli immigrati? Com'è stato l'approccio con una terra straniera? «C'è rispetto per la persona e per l'immigrato, oggi come ieri, soprattutto se il suo impiego lavorativo implica risvolti positivi. La discriminazione è quasi immotivata, anche se talune volte viene sottaciuta. Per quanto mi riguarda, mi sono perfettamente integrato con la realtà del luogo. In molti apprezzavano il lavoro tecnico che svolgevo, al contrario dell'Italia, dove i lavori manuali sono declassati, senza capire che l'economia parte proprio da questi. Mi sono trovato di fronte ad una cultura nordica, fredda, poco romantica e molto misurata. Tutta differente da quella mediterranea italiana! Però, dopo 10 mesi, ho incontrato la mia attuale moglie». Quale tipo di ospitalità ha ricevuto una volta arrivato? «Gli italiani, almeno un tempo, erano trattati con riguardo e rispetto. Ho trovato, mia fortuna, gente molto disponibile nei miei confronti ». Perché «almeno un tempo»? «Ancora oggi, l'italiano è apprezzato per l'impegno, anche se ci sono profonde differenze tra le due mentalità imprenditoriali e commerciali». Che intende dire? «Oggi gli imprenditori italiani sono ancora lontani dalla gestione olandese dell'azienda. L'olandese ama la precisione, la rapidità, l'impegno costante e la continuità. L'italiano porta ancora con sé una mentalità chiusa e superfi - ciale. Oserei direi biricchina, perché incostante. E poi in Olanda si ama investire, quando è presente il surplus: ciò che non si fa in Italia, dove il denaro si fa crescere sotto il mattone!». Per 33 anni ha lavorato in un'azienda di riparazioni automobilistiche. Dopo essersi licenziato, a causa di un rapporto ormai logorato con i suoi superiori, ha fondato una sua azienda privata, La Forgia Classico, che si occupa di riparazioni d'auto d'epoca (Alfa Romeo, Lancia, Fiat) e in pochissimo tempo è entrata con prepotenza nel panorama automobilistico olandese, nonché italiano. Qual è la sua situazione attuale? «Voglio dire che abbandonare la realtà lavorativa precedente mi ha segnato profondamente, ho attraversato un brutto periodo. Ho affrontato la situazione con positività, senza cullarmi e piangermi addosso, un po' come fanno gli italiani! Come ha già detto lei, ho creato un'azienda forte e riconosciuta in Olanda e in Italia. Partecipo a convegni, fi ere e meetings: il mercato delle auto d'epoca ha un grande successo in Olanda, al contrario dell'Italia, che si è lasciata sfuggire un patrimonio di grande valore. Così, ho modellato la mentalità italiana a quella olandese, che oggi reputo di gran lunga migliore». Quali, invece, le maggiori differenze lavorative da un punto di vista pratico? «Nel salario mensile, ad esempio. Basti dire che tutte le ore sono retribuite e niente è sottratto ingiustamente. Per non parlare degli straordinari, della cassa malattia e di tanto altro… Dico solo questo: in Italia è tutto diverso perché la situazione è pessima. Manca il rispetto dell'operaio ed è necessario cambiare mentalità! In più, si è attenti ai bisogni dei giovani: fuori della famiglia, è lo Stato che interviene! Basti dire che molti sono gli aiuti economici offerti a coloro che, privi di un titolo di studio, vogliono aprire un'azienda privata. In Italia, invece, non solo manca l'iniziativa personale e c'è poco voglia di fare, ma lo Stato molte volte è latente: è bene forse che qualcuno, da voi, osi di più, che sia pronto a correre qualche rischio maggiore».
Autore: Marcello La Forgia
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