e la musica sacra negli anni ‘50
L’organizzazione dell’insegnamento della Musica nei Seminari. Nel Seminario Regionale di Molfetta, dove la S. Liturgia, come culto sociale della Chiesa, è messa a fondamento di tutta la formazione sacerdotale, il canto sacro non poteva essere considerato una cenerentola, ma doveva assurgere alla più alta espressione di una vita che trova il suo più lieto motivo nella incorporazione alla vita stessa del Cristo. Fu per questo che già da anni si costituirono nelle singole camerate le «Costellazioni Gregoriane» strette tutte in un unico ideale: pregare bene, cantare bene. I benefici effetti non tardarono a farsi sentire specialmente negli oratori e nelle parrocchie dirette dai giovani sacerdoti, i quali si servirono anche della musica come potentissimo mezzo di apostolato. Ma ora, dopo la circolare della S. C. dei Seminari, l’insegnamento della musica sacra ha avuto la più autorevole conferma e una più specifica organizzazione. Sono stati perciò redatti i nuovi programmi scolastici, che potranno essere, in seguito, suscettibili di miglioramento se il suggerimento altrui e l’esperienza propria ce lo suggeriranno. I giovani alunni della prima classe liceale dovrebbero dal Seminario Vescovile passare al Regionale già sufficientemente istruiti nel solfeggio parlato e cantato. Purtroppo però dobbiamo lamentare una deficienza quasi totale di nozioni musicali, et quidem nell’età più adatta anche fisiologicamente ad impressionarsi dei suoni e degli intervalli. E’ necessario perciò incominciare ex novo. E’ un lavoro snervante, ma il più redditizio: fase di... scavezzatura. L’esperienza di molti anni ci ha indotti a credere che non sia proprio il miglior metodo quello di mettere in mano a un allievo di... primo pelo una grammatica di canto per fare imparare a memoria alcuni esercizi composti dall’autore. Noi facciamo uso di un altro metodo, molto più semplice e redditizio che ha portato alunni, che ignoravano perfino le sette note musicali, a saper cantare, in capo a neppure quindici lezioni, una qualsiasi pagina del Liber Usualis. Consiste in questo: su un tetragramma con chiave in DO in 4a linea si scaglionano tutte le note. Si inizia il corso col fare eseguire a perfezione la scala diatonica. Servendosi del metodo «fare la scala» maestro comincia a far cantare gli intervalli di 2a e di 3a, indicando, a suo piacimento, i diversi passaggi e insistendo soprattutto quando si è alle prese con i semitoni. Lavorando sempre sul tetragramma e servendosi del medesimo metodo si potranno eseguire in seguito tutti gli altri intervalli, usando anche del vocalizzo come mezzo efficacissimo per agevolare il canto dei testi. Una volta impressionatosi dei diversi salti eseguiti in chiave di DO in 4a linea, il giovane allievo non troverà più grande difficoltà ad eseguire i medesimi intervalli in altre chiavi. E allora gli si dà in mano il Liber Usualis e gli si fanno cantare (previo solfeggio con le note e con vocalizzo) alcune tra le più facili melodie sillabiche e neumatiche. Non è sufficiente limitare le esercitazioni a quelle corali: sono indispensabili le interrogazioni. Vi sono delle esigenze che vogliono essere curate individualmente. Nel canto della massa sono sempre i più bravi quelli che trascinano gli altri, i quali eseguono la melodia perché... così cantano tutti. Inoltre come discernere e curare, se non si conoscono, i cosiddetti stonati? E poi, venendo a mancare lo stimolo dell’interrogazione, volta per volta, i giovani potrebbero tralasciare la preparazione e trovarsi, alla fine del trimestre, con un programma impari alle proprie capacità... musicali. Non credo perciò che sia tempo perduto quello speso nel curare anche il singolo: una volta che ogni pezzo è a suo posto, anche tutto il macchinario corale potrà andare avanti facilitando così assai il lavoro dell’insegnante. Questi però deve esigere il più assoluto silenzio e deve imporre una rigida disciplina perché solo in tale atmosfera gli allievi potranno percepire tutte le sfumature dei suoni. Ma non basta che il giovane seminarista conosca il canto fermo. Deve anche possedere una cultura musicale molto più completa e mettersi così in grado, divenuto sacerdote, di formarsi una scuola di piccoli cantori e di insegnare ai fedeli della sua parrocchia le più belle canzoncine popolari in onore del S. Cuore, della Madonna e dei Santi. Gli è necessario perciò conoscere bene anche il canto figurato… A nulla però gioverebbero le nozioni di musica impartite ai singoli Corsi nell’ora settimanale di scuola, se ciascun seminarista non si impegnasse personalmente ad esercitarsi nel canto anche in altri tempi, per es. durante qualche passeggio o qualche ricreazione. Ecco perché, soprattutto quando la pioggia o il freddo blocca i nostri chierici negli studi, noi vediamo accanto agli appassionati del giuoco della dama, o del ping-pong, altri gruppi che si esercitano nella musica gregoriana o eseguiscono canti anche a più voci. Essi sono convinti che l’ora settimanale di musica (quando qualche vacanza non se la porta via) è assolutamente insufficiente ad esaurire i programmi e, se viene a mancare l’industria personale, si ricaverà ben poco profitto. Non sarà né il registro dell’insegnante (che pure ha il suo valore), né il terrificante mostro degli esami a fare imparare la musica, ma solo la passione apostolica di voler dare a Dio la gloria nella sua massima e più artistica manifestazione. La Schola cantorum presta servizio solo nelle feste più solenni dell’anno, facendo precedere sempre ogni esecuzione da una accurata preparazione. Vi è poi una sotto sezione di essa composta dal «Gruppo Gregorianisti » che attende al disimpegno del servizio liturgico domenicale. Il Liber Usualis è obbligatorio per tutti, essendo indispensabile per lo svolgimento delle funzioni liturgiche. Per il II e III corso di Liceo, che svolgono il programma di musica figurata, il libro di testo è «solfeggio cantato» di Thermignon, mentre per gli altri corsi è la «Grammatica Gregoriana» di Leone. Per il suono strumentale disponiamo per ora solo di otto harmoniums e di cinque pianoforti; essendo impossibile accettare le numerose richieste, si è costretti accontentare i più addestrati, tacitando con promesse... a lunga scadenza quelli dei primi anni. Ad ogni strumento fanno capo quattro persone che hanno di suono una mezz’ora giornaliera, tolta al passeggio o alla ricreazione. Ogni quindici giorni i gruppi sono controllati dall’insegnante che assegna loro metodicamente gli esercizi. Bungart, Ravanello, Goller, Cesi, Beyer, Rossomandi, Longo ecc. sono gli autori dei diversi metodi usati. Per cantare bene però, ad es. il canto gregoriano, non basta avere studiato sui libri la semiografia, il ritmo, l’estetica ecc., occorre ascoltare anche qualche esecuzione così come viene compiuta dai maestri del gregoriano che sono i Monaci di Solesmes. Per questo abbiamo fornito la nostra discoteca di alcuni dischi di musica gregoriana contenenti scelte esecuzioni di parti mobili e fisse della Messa. Riudendo ogni domenica questi dischi alcuni minuti prima di scendere in chiesa per la messa in canto, ciascuno si sentirà portato all’imitazione, e, dopo un certo tempo, si formerà anche nella Comunità un modus canendi sempre più corrispondente alle regole dell’arte. Bisogna usare e tentare tutti i mezzi, pur di raggiungere lo scopo che si prefigge la Chiesa, mettendo nella sua liturgia il canto sacro. Non sarà fuori posto accennare di sfuggita ad una iniziativa effettuata dietro suggerimento dell’Associazione Interna S. Cecilia. Per allenare i Seminaristi a capire e a gustare l’arte della musica, sono state acquistate delle raccolte di dischi sinfonici (per es. la V Sinfonia di Beethoven, l’Incompiuta di Schubert ecc.) che alcune volte all’anno, previa presentazione e spiegazione del competente Maestro, si fanno ascoltare a tutta la Comunità. Nel nostro Seminario già vediamo i magnifici risultati che la musica sacra, così come è condotta, ha già dato e continua a dare: in Seminario crea, durante le sacre funzioni, un ambiente esterno saturo di spirito liturgico, che aiuta e abitua al raccoglimento e alla preghiera; in vacanza spinge il giovane seminarista a dedicarsi con passione alla creazione delle “scholae” dei “pueri cantores”; nel ministero rende il sacerdote un apostolo che fa della sua vita e della sua chiesa un’arpa mistica sulle corde della quale le anime, alle sue cure affidate, si incontrino nel volto del Cristo. Possa la Chiesa sentire realizzato quanto prima il suo ardente desiderio: vedere uscire dai Seminari giovani sacerdoti che ridiano al culto liturgico il primitivo splendore e facciano vibrare nella preghiera e nel canto l’amore inconcusso dei premi cristiani e la fede eroica degli antichi martiri. © Riproduzione riservata