Drammi e gioie della vita nell'opera teatrale Lena di Gianni Palumbo
Posti esauriti, tripudio di applausi, sorrisi, complimenti, emozioni e commozione da parte del pubblico per Lena, opera teatrale in tre atti rappresentata dal Collettivo teatrale “Gianni Antonio Palumbo”, all’Auditorium Regina Pacis di Molfetta. Lo spettacolo è stato realizzato grazie alla collaborazione del gruppo Fratres Don Tonino Bello (donatori di sangue) di Molfetta. Hanno salutato il pubblico, infatti, invitandolo a prendere coscienza della “giusta causa” della loro associazione il presidente dott. Gianni Gadaleta e il vice presidente prof. Ignazio Camporeale. Inoltre alcuni componenti del Teatro dei Cipis hanno aiutato la gente a sedersi. L’opera rappresentata prende spunto da un episodio avvenuto a Molfetta intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso durante la processione dell’Addolorata: il velo della statua della Madonna si strappa e questo diviene presagio di sventura per la città e soprattutto per alcune famiglie. Ed è proprio qui che entra in scena l’arte e la fantasia del Prof. Gianni Antonio Palumbo (autore dell’opera e di altri testi teatrali, nonché docente di materie letterarie e ricercatore universitario e prestigioso redattore di “Quindici”), il quale, come ha riferito all’inizio la presentatrice Tania Adesso, prendendo spunto da memorie collettive, racconti dei nonni e aneddoti cittadini, ha dato vita alla storia di Lena. Donna coraggiosa, di grande forza d’animo, Lena (interpretata con sentita partecipazione da Daniela Andriani) affronta da sola le calunnie della gente e le insidie della vita: incinta prima del matrimonio tanto da farsi canzonare “Lenë Lenë, senza meraitë, s’acchì prenë”, sposa l’uomo che ama, Benito (interpretato da Franco Caputi), il quale, però, per sfamare la propria famiglia è costretto a partire per Buenos Aires. Benito resta in Argentina tutto l’anno e ritorna a Molfetta solo in occasione della processione dell’Addolorata il venerdì che precede la Settimana Santa, perché si pensa che all’età di sette anni sia stato salvato dalla Stessa da una meningite fulminante. L’opera presenta un crogiolo di problematiche a cominciare dall’emigrazione: subito dopo la Seconda Guerra Mondiale molti nostri concittadini hanno cercato fortuna oltreoceano, in America meridionale: lì, lavorando, potevano permettersi di tornare a riabbracciare i loro cari solo saltuariamente, proprio come accade a Benito. Un’altra tematica importante è quella politica: il padre di Lena (magistralmente interpretato da Pinuccio Tatulli), è identificato come Pinuccio “il comunista” per il suo orientamento politico così come Franghino (Antonio Annese), padre di Benito, è “il fascista”. I due, nemici sin da giovani, hanno dovuto accettare il matrimonio dei due loro figli. Durante la rappresentazione si prestano al sorriso gli atteggiamenti fascisti (dal saluto agli ideali) assunti dal suocero di Lena. La simpatia di nonno Pinuccio è incomparabile: affetto da “demenza senile” che lo porta a ripetere un argomento, come le sue nozze con la moglie ormai defunta Pasqualina, tante volte provocando l’esasperazione di Lena e delle sue nipotine; non ricorda di aver avuto un altro figlio, oltre Lena e Mina, Luigino, partito per il fronte russo e mai più ritornato. Checchina (Giusy Andriani che ha anche mirabilmente cantato all’inizio del primo e del terzo atto) è la figlia maggiore di Lena, bella e ribelle, sempre in contrasto con sua madre su tutto ed è aiutata dalla sua amica Lia (Rossella Pansini). Checchina ha una relazione con Tonuccio (Leonardo Mezzina), uomo violento e alcolista, il quale spesso l’ha picchiata per le sue insoddisfazioni personali, come l’aver perso il lavoro di elettricista in una ditta: si nota chiaramente che si tratta di una condanna alla violenza sulle donne. Convinto che la sua ragazza lo tradisca con Rodolfo detto “Rudy” (Luigi Giuseppe Baronchelli), figlio di Lisetta, vicina di casa di Lena ormai defunta, chiamato così per via della sua sospetta omosessualità. Rodolfo viene schernito da tutti in paese e dalla stessa Lena che gli nega persino un po’di sedano, invitandolo a ritornare sulla “retta via”. Lena si ricrederà e gli chiederà scusa quando Rodolfo salverà senza esitare Checchina dal coltello di Tonuccio, che ubriaco fradicio, è intenzionato ad uccidere lei e il bambino, suo figlio, che porta in grembo. A questo punto è giusto riflettere su chi possa essere definito il vero uomo tra i due: l’omosessuale o l’etero violento? La risposta è ovvia. Per giunta Rodolfo aiuta Nina (Tania Adesso), sua sorella, uscita di senno da quando suo marito Mario è partito per la guerra e mai più tornato: lo aspetta invano ogni giorno sulla banchina del porto. Le parole di Nina determinano nel pubblico grande commozione e sicuramente qualcuno in quel momento ha pensato a qualche suo parente o conoscente che la brutalità della guerra ha portato via per sempre. Dal tragico al comico: la signora Lora (Lia Massimo), suocera di Lena, ha sempre disprezzato la nuora in quanto convinta che abbia incastrato suo figlio, uomo onesto e grande lavoratore, facendosi mettere incinta. Per tutto il tempo che il figlio è assente da casa, si “preoccupa” di passare da casa della nuora per constatare se ha cura della casa e delle figlie, Checchina e Lora (Maria de Musso): è lo stereotipo della suoceravipera. La signora Lora, “non vede la trave presente nei suoi occhi, ma la pagliuzza negli occhi degli altri”: tutti sanno che a Molfetta, quando giunsero gli Americani, Franghino il fascista ha fatto prostituire le sue due figlie per salvarsi. Nunziatina (Laura Scardigno), figlia di Franghino, si presenta in casa di Lena con tanta boria e col marito americano, il tenente John (Gianni Ragno) il quale dà inizio ad una serie di gag comiche dovute a incomprensioni linguistiche. Altro personaggio comico è la sorella di Lena, Mina (Michela Annese), che tiene tanto a sottolineare di essere la sorella minore, che non vuole deturpare la bellezza indossando gli occhiali pur non vedendo ad un palmo dal naso. Nonostante non sopporti i bambini è accompagnata dai figli di suo cognato, le “piccole pesti” Federico (Marcodavide Abattista) e Ferdinando (Nicola Scardigno). Spiritosa la presenza delle tre comari, curiose e pettegole, Giuseppina (Anna Tatulli), Finella (Chiara de Pinto) e Italia (Isa Ichingolo), le quali sanno tutto di tutti e sperano di trovare qualche “notizia” interessante in casa di Lena fingendo di voler recitare il rosario. Strano a pensarsi saranno proprio loro a sbrogliare la matassa dell’intreccio: Vincenzino (Lirio Grillo), il figlio di Finella che lavora a Buenos Aires, rivela a Lena e alle sue figlie una sconcertante verità: Benito ha formato un’altra famiglia a Buenos Aires! Lena è distrutta: tutte le sue convinzioni sul marito e sull’amore si frantumano come pezzi di cristallo. Checchina, così forte, scoppia in lacrime. Lena caccia fuori di casa Benito con un urlo di dolore ma nello stesso tempo di orgoglio: lei da sola ha educato e cresciuto le figlie, lei le ha guarite e consolate quando si ammalavano, lei ha mandato avanti e gestito l’economia di casa. Proprio in questo trambusto nonno Pinuccio ricorda Liugino e caccia un urlo disperato che sfiora la blasfemia: “Perché la Madonna non ha salvato mio figlio che è andato a servire la patria e ha salvato il figlio di Franghino il fascista?! Perché?!”. Nel frattempo delle grida annunciano dello strappo del velo dell’Addolorata. Nella scena finale madre e figlia si riconciliano in un abbraccio misto a disperazione e tanto amore: andranno avanti comunque senza Benito e senza Tonuccio; il bambino di Checchina crescerà con loro. Nella commedia, quindi, abbiamo riscontrato amore e odio, gratitudine e ingratitudine, religione e fanatismo, giovinezza e vecchiaia, tragicità e comicità: la vita.