Recupero Password
Dossier edilizia convenzionata Criteri di assegnazione e diffida del 2009 al Comune
15 gennaio 2012

Edilizia convenzionata, uno dei bubboni di Molfetta. Ormai in cancrena. Dopo gli scandali edilizi del giugno 2011 e di fronte al proliferare di casi “sospetti” (come quello segnalato a Quindici online lo scorso 19 dicembre da alcuni assegnatari acquirenti di una palazzina nel comparto 5, e non sarebbe il solo), è necessario redigere un dettagliato resoconto dello status quo dell’edilizia convenzionata a Molfetta, a partire dai principi cardine che ne regolano l’attuazione. Perché l’importanza sociale, amministrativa e politica dell’edilizia convenzionata è la sua finalità: offrire alle famiglie in difficoltà economica e con basso reddito la possibilità accelerata di avere degli appartamenti a prezzi ultrascontati. Eppure, negli ultimi anni l’edilizia convenzionata ha assunto le fattezze dell’edilizia privata a danno dei cittadini, senza che il Comune di Molfetta esercitasse il dovuto controllo. Omertà bonaria verso i “palazzinari”, nonostante la delibera C.C. n.108/02 incarichi il Comune della verifica del corretto svolgimento delle procedure di assegnazione, di gara e di realizzazione delle unità edilizie in edilizia convenzionata? crit eri di assegnazi one Con delibera n.108/02 il Consiglio comunale di Molfetta ha fissato i criteri di assegnazione delle aree da concedere in regime di edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata, riproponendo quelli del Piano Straordinario di Edilizia Economica e Popolare ex art.51 Legge n.865/71. Sempre nel 2002 il Settore Territorio aveva approvato gli schemi del bando di concorso per l’assegnazione dei suoli alle cooperative del Piano di Zona 167 e per l’individuazione degli aspiranti all’acquisto o alla locazione degli alloggi in edilizia convenzionata. Un anno prima, il consiglio aveva anche adottato il nuovo Piano di Edilizia Economica e Popolare (P.E.E.P.) per i comparti n.4-5-6-7-8-9 (nuova zona residenziale compresa tra via Terlizzi, la S.S. 16 bis e la Provinciale per Bitonto, inclusa Lama Martina-Cupa) e 17 (ex Fonderia Pal-Bertig) del Prgc. Primo criterio per l’edilizia convenzionata, la partecipazione al bando per imprese o ATI (Associazione Temporanea di Impresa), «con la precisazione che si può essere aggiudicatari per una sola unità edilizia». Quante aziende hanno rispettato questa “precisazione”? Ci sono imprese a Molfetta che hanno realizzato una seconda unità edilizia in convenzionata, godendo dell’escamotage della cessione del ramo d’azienda da parte dell’impresa aggiudicataria, e magari senza aver nemmeno partecipato al bando comunale perché prive dei requisiti minimi? Il Comune di Molfetta ha operato la sua attività di controllo? Ancora più specifico il secondo criterio. All’impresa è aggiudicata la realizzazione dell’unità edilizia (la palazzina da edificare, mentre il Comune è obbligato dalla Convenzione stipulata con l’impresa assegnataria ad effettuare verifiche di rispondenza col «Disciplinare delle caratteristiche minime per la realizzazione delle unità edilizie». Infatti, in convenzionata il disciplinare non può essere variato, se non per migliorare la funzionalità dell’edificio con previa autorizzazione del Comune e, soprattutto, degli assegnatari acquirenti che hanno stipulato i preliminari di vendita (perché ogni variazione comporta un aumento del prezzo complessivo). Inoltre, l’appartamento sarà aggiudicato agli assegnatari acquirenti «con offerta “chiavi in mano” avente a base d’asta il costo globale di intervento per ciascuna unità edilizia, secondo i parametri di costo fissati dal C.E.R. o dalla Regione Puglia, ad esclusione degli oneri accessori (costo suolo, oneri urbanizzazione, oneri di allacciamento) ». Quante e quali imprese non hanno rispettato anche questa seconda prescrizione? Gli assegnatari hanno ottenuto le palazzine di edilizia convenzionata “chiavi in mano”? Secondo la delibera CC n.108, nel contratto stipulato tra impresa e acquirente prima dell’ultimazio-ne dei lavori, consegnato al Comune, dovrà «essere esplicitato il prezzo di cessione dell’alloggio che non potrà superare quello risultante dall’aggiudicazione, maggiorato degli oneri accessori indicati». Anzi, il progetto esecutivo dell’impresa dovrà essere conforme ai requisiti disposti nei capitolati e al prezzo di aggiudicazione. Le imprese hanno sempre rispettato le superfici indicate nel progetto guida, gli obblighi imposti dalle Norme tecniche di attuazione del P.E.E.P. 167/62? Si sono attenute al «Disciplinare delle caratteristiche minime», ratificato dalle delibere G.C. n.316/00 e n.197/04 (schema di contratto tra il Comune e le imprese)? Il Comune ha eseguito i dovuti controlli, come fissato dall’art.7 dello schema di contratto? Ad esempio, secondo l’art.6 dello schema di contratto «le tipologie, dimensioni, caratteristiche costruttive e di finitura degli alloggi e degli edifici dovranno rispondere a quelli risultanti dal disciplinare delle caratteristiche minime, alle Norme tecniche di attuazione e al Progetto definitivo ed esecutivo approvato dal Comune». È stata osservata questa prescrizione? 2009, le pri me segnalazi oni degli assegnatari È l’art. 10 dello schema di contratto l’imputato. Alcuni assegnatari acquirenti ne hanno proposto la cassazione al Comune di Molfetta, secondo l’art.62 dello Statuto comunale («Istanze e proposte dei cittadini»). Infatti, strumentalizzando quanto sancito dall’art.10 su criteri, modalità e prezzi per la vendita degli alloggi («in mancanza di accordo specifico si procederà al pagamento, sempre a mezzo bonifico bancario, per stati di avanzamento»), molti “palazzinari” hanno imposto agli assegnatari acquirenti il pagamento dell’appartamento a stati di avanzamento (8 sal con l’ultimo come saldo verbale di consegna). Una scelta illegittima, perché in “eccesso di potere” (lesi gli interessi degli assegnatari acquirenti, perché la rateizzazione è a solo vantaggio dell’impresa). Ma anche in contrasto con la delibera n.108, che all’art.6, comma 6, garantisce la libera trattativa sulle modalità di pagamento tra impresa e acquirente. Sarebbe stato più corretto accordarsi per il versamento della prima rata «acconto prezzo», pari al 10% dell’importo finale del costo dell’appartamento (circa 13/15mila euro, se il prezzo dell’appartamento in convenzionata è di solito fissato a 130/150mila euro), e in conclusione del saldo verbale di consegna dell’appartamento. Anzi, questa doveva essere la modalità di pagamento per aiutare il cittadino e non favorire la speculazione dell’impresa. Alcune aziende avrebbero, invece, chiesto acconti compresi tra i 30mila e i 40mila euro, costringendo gli assegnatari a enormi sacrifici economici. Molti di loro hanno versato alle imprese esecutrici somme fino al 3° o 4° sal. Numerosi hanno, però, rinunciato. Dunque, la modalità del pagamento a sal è un’opzione a vantaggio del solo privato e a svantaggio del cittadino. Questa una delle situazioni che ha trasformato l’edilizia convenzionata in edilizia privata. Del resto, l’art. 10 non consente «vendite a prezzi superiori a quelli derivanti dall’applicazione del prezzo, a metro quadro, offerto in sede di gara, degli oneri aggiuntivi (oneri per la sicurezza, spese tecniche, imprevisti ed oneri finanziari, prospezioni geognostiche, IVA 10% su importo complessivo, IVA 20% su spese tecniche e relazioni geognostiche,) e del costo di acquisizione dell’area e del contributo oneri di urbanizzazione». Quante e quali imprese si sono attenute a questa prescrizione? Le imprese edilizie e il Comune conoscono le sanzioni per la violazione e l’inadempimento degli obblighi previsti dallo schema di contratto (artt.12 e 13)? Oltre alle sanzioni pecuniarie, la nullità degli atti e la risoluzione dell’atto di cessione dell’area. La pri ma diffi da (april e 2009) Gli stessi assegnatari acquirenti avevano evidenziato al Comune la necessità del ricorso al mutuo ipotecario sull’appartamento (altrimenti avrebbero potuto accedere all’acquisto in edilizia privata) e di un provvedimento indirizzato a sostenerli nell’accesso al mutuo bancario. Avevano anche sottolineato la nullità delle delibere di giunta n.316/00 e n.197/04 per incompetenza dell’organo deliberante (violato l’art.35 della Legge n.865/71 e l’art.46 del TUEEL, che assegnano la competenza al Consiglio comunale). Nessuna risposta dal Comune. Dopo due mesi (aprile 2010) la diffida degli assegnatari acquirenti (per conoscenza, la comunicazione è stata inviata anche al Procuratore Capo della Repubblica di Trani): il Comune non ha adempiuto a quanto imposto dall’art.62 dello Statuto Comunale, secondo cui, presentate le istanze dai cittadini, il Sindaco, il Presidente del Consiglio e/o i funzionari responsabili «sono tenuti a dare adeguata e tempestiva (comunque non oltre i trenta giorni dalla presentazione) risposta scritta» e, «qualora la proposta rientri nella competenza del Consiglio Comunale, il Presidente del Consiglio iscrive la stessa all’ordine del giorno della prima seduta utile previo parere della competente Commissione Consiliare Permanente». A questo si aggiunge l’art.114 della Costituzione, per cui la violazione o la falsa applicazione dello Statuto Comunale da parte del giudice di merito è denunciabile per Cassazione.

Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet