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Dopo ben 6 anni, torna l’oratorio San Filippo Neri
15 novembre 2020

L’Oratorio San Filippo Neri oggi riapre. Finalmente! Ce l’abbiamo fatta! È stato chiuso per sei anni, a causa della sua ristrutturazione. Sei anni difficili, pesanti, silenziosi e urlati, sei anni fermi nell’inoperosità, e nella lentezza anche colpevole, la maggior parte di essi, e poi veloce negli ultimi due mesi e mezzo, come sprint finale a voler recuperare a tutti i costi il tempo perduto, queste le parole di don Vincenzo Di Palo, il parroco della Chiesa Cuore Immacolato di Mari, il giorno 17 ottobre durante l’inaugurazione del nuovo oratorio del Cuore Immacolato di Maria. “Quindici” lo ha intervistato per conoscere tutte le vicende, i traguardi e i problemi dietro la costruzione dell’oratorio. Che tipo di lavori sono stati eseguiti? «I lavori che abbiamo realizzato all’interno dell’oratorio sono stati abbastanza importanti. Questa operazione che è durata tanti anni per varie ragioni, ha avuto dei tempi abbastanza prolungati perché abbiamo demolito tutta la parte sovrastante, ovvero l’oratorio vecchio. Abbiamo scavato e creato un’autorimessa con ottanta box e dopo abbiamo richiuso con una nuova copertura, chiamata lastrico-solare, che coincide con il campo dell’oratorio. Poi c’è stato il discorso legato alla creazione ex novo della area sportiva: abbiamo creato dei volumi nuovi, come un grande centro di bagni e spogliatoi. Con la nuova sede di “Molfetta4”, gli scout Agesci di Molfetta avranno finalmente nuovi locali, perché anche loro hanno contribuito a questo progetto. Un’altra parte dell’oratorio è stata ristrutturata e abbiamo fatto di quella parte un centro diurno per anziani dal titolo “Chicco di Frumento”, che si prefigge lo scopo di accogliere persone anziane e autosufficienti, facendo fronte in quale modo alla solitudine dilagante del popolo della cosiddetta “terza età”. Gli anziani possono venire dalle 8 del mattino fino alle 19, c’è anche la possibilità di consumare i pasti. Questo centro si sta pian piano avviando, rispettando tutti i protocolli di sicurezza. Per quanto riguarda l’area sportiva, siamo riusciti a ricavare due grandi aree: una grande con un campetto di calcio a 5 regolamentare, con relativi spogliatoi, e poi un’area ludica realizzata in rosso, per vivacizzarla, dove abbiamo creato due piccoli campi per i bambini e gli adolescenti: uno di mini volley e l’altro di mini basket. Lo stesso campo di calcetto ha anche la struttura della pallavolo, in modo tale da essere polifunzionale». L’oratorio della chiesa è finalmente pronto a riaprire. Purtroppo però, non è un buon periodo. Quando pensa che sarà possibile far tornare i bambini a giocare? «Attualmente c’è questo paradosso: sabato 17 ottobre abbiamo inaugurato l’oratorio e a fine serata l’abbiamo richiuso a seguito del DPCM. Stiamo cercando di fare di tutto per far vedere l’oratorio alle persone, affinché possano rendersi conto delle bellissime opere che abbiamo realizzato tutti insieme, in comunità. Già dalla prossima settimana, rispettando i protocolli di sicurezza, potremmo organizzare questi spazi per l’allenamento individuale, senza contatto fisico. In questo modo, iniziamo già ad utilizzare gli spazi, nonostante siano esclusi i giochi di contatto. Il mio progetto che risale ai tempi di don Cosmo Azzollini e di don Franco Sasso, i fondatori, è quello di recuperare almeno il tempo libero che i bambini hanno dopo la messa delle 10.30, quando i piccoli si potevano portare sul campo a giocare. Avrei voluto farlo con tutto il cuore, ma per ora siamo bloccati e aspettiamo tempi migliori. Superato il covid, potremmo pensare a delle attività oratoriali nuove, che non saranno solo il calcio e la pallavolo, ma anche attività manuali per i bambini, utilizzando gli altri spazi dell’oratorio, ma anche della catechesi, perché la realtà di questa comunità parrocchiale è molto grande, non abbiamo solo l’oratorio, ma tante altre strutture che sono state ristrutturate nella quasi totalità». I lavori si sono conclusi nei tempi prestabiliti o ci sono stati dei ritardi? «Ci sono stati dei grossi ritardi… sei anni senza oratorio sono stati pesanti. Abbiamo triplicato il tempo e questa cosa ha pesato non poco sulla realtà della parrocchia. Il ritardo è dovuto a diverse ragioni, diverse situazioni di “sfortuna”, una serie di elementi che hanno fatto ritardare la fine dei lavori». “E’ pesato anche ai molfettesi, sempre più trepidanti fino a mettere in dubbio la bontà dell’opera”, si legge nel suo discorso durante l’inaugurazione. «Diciamo che la gente punta sul risultato, non conosce tutto il lavoro che c’è dietro. Nel momento in cui le persone hanno visto per tanto tempo, solo il grande scavo fatto, ma i lavori non andavano avanti, hanno pensato che forse sarebbe stato meglio tenersi l’oratorio che già avevamo. Non è stato facile nemmeno per me e per la comunità parrocchiale, dover far fronte a tutte queste osservazioni, a volte anche molto aspre e critiche, che però denotavano la non conoscenza di quelli che erano i meccanismi che c’erano dietro. In realtà, grazie a questa operazione e alla creazione dei box, siamo riusciti a realizzare anche altri lavori anche per la chiesa e per le altre zone della comunità: la vendita dei box ad un’impresa privata, ha permesso alla nostra chiesa di ricavare del denaro per svolgere quindi ulteriori lavori». I costi per i lavori sono stati elevati o accessibili? «Anche i costi dei lavori sono stati molto importanti. Abbiamo voluto fare le cose in grande, anche perché quest’area sportiva andava sistemata ex novo, per cui non abbiamo badato a spese. Abbiamo messo il massimo che si poteva mettere in questo momento storico, perché il lavoro va fatto una volta, ma va fatto bene. C’è una situazione debitoria che stiamo pian piano affrontando, grazie alla comunità diocesana, in modo particolare al nostro vescovo Domenico Cornacchia, che ci ha fatto un grosso prestito, e che noi stiamo saldando, attraverso l’iniziativa della comunità parrocchiale. In più c’è anche la generosità della gente che lascia il proprio contributo». Com’è in generale l’atmosfera in chiesa? Sente la mancanza dei bambini che non possono tornare a giocare per via del covid? «Noi abbiamo inaugurato l’anno catechistico con una solenne apertura del vescovo Domenico Cornacchia, lo scorso 18 ottobre. È un po’ tutto strano, un po’ tutto particolare, surreale… le mascherine, il distanziamento, questi bambini che paradossalmente, non hanno nemmeno la possibilità di scherzare uno con l’altro perché devono stare lontani, fermi come dei soldatini. Mi fa piacere che comunque, i bambini tornino al catechismo, perché hanno compreso l’importanza dello stare in presenza, nonostante le protezioni necessarie. Io parto dal presupposto che i ragazzi trascorrono cinque ore al giorno a scuola… è giusto che una volta alla settimana possano stare con noi per un’ora. Vedo la catechesi in questo momento, come una boccata d’ossigeno per un minimo di condivisione in presenza. Paradossalmente l’importante non è quello che riusciamo a dire e a dare loro, ma il fatto che loro ci siano, perché questa è un’occasione per loro per poter vivere questo “stare insieme”, che infondo, è il senso anche della catechesi». © Riproduzione riservata

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