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Da soprannomi a cognomi gentilizi
15 novembre 2008

Vincenzo Lancetti1 in “Pseudonimia” teorizza che “principalissima tra queste [cause nella diffusione dei cognomi] fu l'abuso de' soprannomi, gran parte de' quali andarono divenendo cognomi gentilizj. Siccome parecchi di questi indicavano qualità personali, o ridicole o turpi e siccome l'abitudine e il comune consentimento li facea trapassare ai figli così la cresciuta civilizzazione, un certo pudore, o altro sentimento di ripugnanza, suggerì ai posteri lo spediente di sopprimerli del tutto”. La tradizione onomastica meridionale eredita consuetudini evolutive relative alla sopravvivenza dei soprannomi, che determinano particolari realtà sociali. Studi storici e linguistici, svolti dagli anni Sessanta sulla frequenza dei soprannomi attestati a Molfetta sin dalla seconda metà del sec. XVI, documentano tipologie ben definite, radicatesi anche in veri e propri cognomi diffusi ancor oggi. Secondo il Lancetti, ingente è “il numero dei cognomi che sono nati da un vecchio nomignolo o soprannome. Eppure in molte regioni d'Italia, invece del cognome ufficiale che figura nei registri comunali, nuovi nomignoli trasmessi spesso di padre in figlio, si sono venuti formando e tendono oggi ad aver la prevalenza sul cognome, almeno nell'uso popolaresco e quotidiano”. In linea con quanto definito, si può riscontrare come solo i soprannomi neutri o di discendenza tardolatina e medievale si siano cristallizzati in cognomi, mentre quelli scaturiti da qualità fisiche o comportamentali, pur sopravvivendo a stento fino ai nostri giorni, sono sentite come fossero calunnie o onte da far dimenticare. La letteratura ufficiale registra cognomi molfettesi derivati da soprannomi relativi a mestieri, alcuni dei quali ricordiamo in questa sede, mentre nel prossimo articolo riferiremo altri cognomi di questo genere, oltre ad alcuni matronimici e patronimici. Angione, il cui suffisso accrescitivo potrebbe derivare da soprannomi originati dal vocabolo sardo “angioini” (agnello), indicherebbe l'attività pastorizia o la discreta agiatezza economica della famiglia. Nel “Lessico Etimologico Italiano”2, il lemma “angium” risale alla voce greca “¢gge‹on” (vaso), che designa non solo artigiani della terracotta, ma anche proprietari di frantoi e produttori di vino. Capurso presenta due accreditate ipotesi di derivazione: la prima, attestata in documenti medioevali, si lega al personale latino “Capurtius” o “Caprutius”, che esita nella voce pugliese “katursu” (schiena) e nel cognome arcaico “Capursus” o “Capudursus”; l'altra derivazione riguarda il toponimo “Capurso”3. Legato alla forma arcaica del vocabolo “lancia”, ad indicare probabilmente il mestiere dell'uomo d'armi o la funzione di portatore d'armi (come si riscontra nel Codice Diplomatico Pugliese), è il cognome Lanza, la cui derivazione potrebbe riconoscersi nell'ipocoristico del nome medioevale “Lanza”, forma dialettale napoletana, pugliese e siciliana che indica una piccola imbarcazione veloce e leggera4. Simile è la genesi di Picca, che deriverebbe da un soprannome legato al mestiere di portatore di picca, dal francese “pique” (punzecchiare), arma con in dotazione della fanteria, che, in senso figurato, rende l'idea di “persona fastidiosa e ostinata”. è anche possibile la derivazione da soprannomi legati al vocabolo “pica”, “gazza”5.
Autore: Tania Adesso
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