Cosa ci dice la vittoria di Tommaso Minervini
Tommaso Minervini è stato riconfermato ancora una volta sindaco di Molfetta. Se dovesse portare a termine il mandato, sarà stato sindaco di Molfetta, in tutto, per ben 15 anni. Il risultato del ballottaggio ha rispecchiato pienamente le previsioni. Coloro che hanno votato Lillino Drago al primo turno, che esprimevano la parte a vocazione progressista della città, sono tornati a votare compatti. A questi si sono aggiunti una parte degli elettori di Infante e una parte degli elettori di Pietro Mastropasqua. Quest’ultimo, infatti, aveva espresso il proprio sostegno – seppur al di fuori di apparentamenti o accordi formali – a Lillino Drago, per sconfiggere la vecchia politica e aprire una fase di rinnovamento. Invece, l’area di Giovanni Infante aveva ribadito la propria opposizione alle due alternative in campo al ballottaggio, affermando inoltre, in un comunicato, di lasciare ai propri elettori “la libera scelta se sperimentare o meno l’illusoria alternanza di volti dietro cui ci sono interessi particolari”. Insomma, parafrasando il passaggio, le due opzioni in campo erano ritenute perfettamente equivalenti, essendo “illusoria” la volontà di sperimentare un’alternativa all’attuale sindaco, votando il suo avversario, Lillino Drago. Ergo, l’opzione privilegiata, analizzando il comunicato, è quella dell’astensione. Certo, c’è da pensare, leggendo i numeri, che almeno una metà degli elettori di Infante siano andati a votare Drago al secondo turno. L’altra metà si è probabilmente astenuta. Anche un paio di migliaia di elettori di Mastropasqua è probabile che abbiano condiviso il posizionamento delle proprie liste di riferimento. Tra queste è spiccata, per chiarezza e decisione, la posizione assunta da Forza Italia e, in particolare, da Antonio Azzollini, che ha espresso senza mezzi termini il proprio appoggio a Lillino Drago, per liberare la città dal clientelismo e dal malaffare. Certo, c’è da immaginare che una parte consistente dell’elettorato di Mastropasqua abbia avuto difficoltà a sostenere un candidato espressione di PD e Sinistra Italiana. Pietro Mastropasqua aveva fondato la propria candidatura sul tentativo di ricostruire un’identità a destra, tornando a valori e simboli fortemente connotati da un punto di vista ideologico. Non a caso, egli ha potuto contare sull’appoggio di Fratelli d’Italia, che a livello nazionale esprime un orientamento radicalmente nazionalista e conservatore. Per questo, anche in quest’area, i numeri relativi all’astensione devono essere stati importanti. Risultato complessivo: 10 mila 588 voti. Per Tommaso Minervini il problema più grosso era convincere le persone ad andare a votare. Il voto che gli aveva permesso di trionfare al primo turno era un voto meno animato da sensibilità politica, essendo egli sostenuto solo da liste civiche. Si trattava, dunque, di un voto prevalentemente legato al sostegno al consigliere: non a caso, Minervini aveva ottenuto meno voti delle sue liste. Al secondo turno, il calo c’è stato, e anche importante. Tommaso è riuscito comunque a spuntarla, anche se di poco. Risultato: 11 mila 871 preferenze. Qualche considerazione a caldo. Lo avevamo preannunciato: per riuscire a colmare un divario così importante (al primo turno Tommaso Minervini aveva ottenuto oltre il doppio delle preferenze di Drago, 14 mila 939 a 7 mila 380) sarebbe stato necessario rompere il perimetro canonico delle preferenze. Insomma, Drago avrebbe potuto contare su quello zoccolo duro dei votanti del primo turno, costituito da un’area progressista e moderata. Sarebbe stato necessario irrompere al di fuori di quei confini, intercettando energie nuove, come era stato nel 2013. Già la candidatura di Drago non era espressione di un progetto radicato nella città, non costituiva la sintesi di un orientamento emerso all’interno di un percorso condiviso. Piuttosto, Drago stesso ha im- prontato la sua intera campagna elettorale. su una narrazione d’emergenza: egli sarebbe stato chiamato a candidarsi da più parti (“dall’alto”, è stato detto finanche in certe occasioni) per ripristinare la legalità a Molfetta. La città, con Tommaso Minervini, è sprofondata nell’illegalità e nel malcostume. Da qui, la chiamata di Drago, che avrebbe deciso di sacrificarsi pur di ripristinare l’ordine in città. Innanzitutto questa narrazione è presto apparsa troppo povera, o comunque non sufficiente. Anche nelle due settimane che hanno preceduto il secondo turno, c’è stata una certa difficoltà da parte del candidato di centrosinistra ad articolare un discorso progettuale che includesse anche altre dimensioni, non limitate all’ambito della legalità. Inoltre, in quelle due settimane, la strategia seguita è stata quella della “sommatoria” delle aree. Si è avviato un discorso tutto interno al ceto po- litico, basato sull’interlocuzione fra dirigenze e segreterie, che è rimasto su un livello total- mente autoreferenziale. C’era piuttosto la necessità di colmare il divario in cui si era prodotta la candidatura di Drago, costruendo dei percorsi di partecipazione che connettessero quella candidatura con la società, riempiendola al contempo di contenuti. Quel divario, invece, attraverso la strategia scelta, si è andato approfondendo. Il risultato è stato migliorare il dato del primo turno con quei pezzetti di elettorato degli altri schieramenti che hanno scelto di condividere la linea delle proprie rispettive dirigenze, senza sfondare al di là di quei perimetri. Forse questa esperienza può offrire qualche insegnamento a sinistra, anche se lo diciamo e scriviamo da tanto tempo. È necessario partire subito con un progetto in grado di essere inclusivo, di aggregare persone attorno alla condivisione di valori comuni. Ciò non significa convincere le persone delle proprie idee, ma, innanzitutto, creare dei luoghi di confronto, in cui si riesca a mettere a valore l’eterogeneità facendo sintesi. Insomma, il dato dell’astensione, che a Molfetta continua ad aumentare, ci dice che la politica è un affare sempre più estraneo per la maggior parte delle persone. Crediamo che l’unico rimedio possa essere la promozione della partecipazione. Questa, però, presuppone una precisa postura. È necessario che quello che fino ad oggi ha costituito il “ceto politico”, a sinistra, assuma un atteggiamento umile, abbandonando la presunzione di detenere la verità ma anche i settarismi. È necessario rimettersi in gioco, provare a incanalare le forze per costruire, in maniera cooperativa, un’impresa comune. Tommaso Minervini ha battuto Emiliano sul suo stesso terreno. Ha dimostrato di aver imparato il metodo politico di Emiliano e di saperlo attuare, nel territorio molfettese, meglio del suo precursore. Il centro-sinistra ha sfidato Tommaso Minervini sul suo stesso terreno, perdendo. È forse il caso di far iniziare un’altra partita, che passi attraverso la riconnessione ai valori della solidarietà, della cooperazione, della sussidiarietà, che in Italia hanno una storia importante, avendo messo in dialogo i movimenti sociali e il personalismo cattolico, la sinistra radicale e i movimenti nonviolenti, le battaglie per i beni comuni e la grande tradizione del mondo cooperativo e del terzo settore. Può forse essere questo un terreno di sfida per costruire un altro futuro politico per Molfetta. © Riproduzione riservata